Cambiamenti climatici, l’allarme dell’inviato speciale del Ministero: «Non c’è più tempo. In Calabria servono grossi investimenti»
Francesco Corvaro ha tenuto una lezione ai ragazzi del corso gratuito per Green social impact manager promosso dalla Fondazione Antonio Emanuele Augurusa a Filogaso. Ci ha spiegato le grandi sfide globali in tema di clima e le conseguenze dirette sulla nostra regione
Francesco Corvaro, inviato speciale del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per i cambiamenti climatici, è stato a Filogaso – nel Vibonese – per una lezione su clima e sviluppo sostenibile. L’incontro si inserisce nel corso gratuito per Green social impact manager promosso dalla Fondazione Antonio Emanuele Augurusa, ospitato nella sala consiliare del Comune e patrocinato dal Parlamento europeo. Al Network LaC ha raccontato le sfide globali del cambiamento climatico e le conseguenze dirette sulla Calabria, soffermandosi in particolare sulla gestione delle risorse idriche, sulla resilienza e sul ruolo dei giovani.
L’intervista
In Italia, la Calabria come si posiziona nel contesto globale del cambiamento climatico?
«L’Italia è il sud d’Europa ma anche il nord dell’Africa, al centro del Mediterraneo. Tutto il sud d'Italia, Calabria e Sicilia, in particolare, soffrono della carenza di risorsa idrica. Questa è la prima conseguenza del cambiamento climatico, che vediamo in Africa, in primis, ma anche nel sud d'Italia. È cambiata la frequenza con cui le perturbazioni arrivano e questo vuol dire non essere più in grado di gestire queste enormi masse d'acqua che arrivano per momenti brevi e poi sono seguite da lunghi periodi di siccità».
Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica cosa sta facendo per affrontare questa sfida?
«Il governo Italiano, in generale, ha messo l'acqua al centro di tutta una serie di politiche non solo locali, ma anche nazionali ed internazionali. Pensate che il 40% dell'acqua noi la perdiamo nelle tubazioni durante il trasporto. Stiamo lavorando per ridurre questa inefficienza, ma non è semplice: parliamo di migliaia di chilometri di condotte da monitorare ed efficientare. Inoltre, il prossimo anno l’Italia ospiterà un incontro con tutti i Paesi del Mediterraneo per costruire una strategia comune su questo fronte».
Oltre all’acqua, quali altri effetti emergono in Calabria?
«Le ondate di calore, le notti tropicali stanno diventando la normalità per lunghi periodi dell'arco estivo, cosa che anni fa non lo era e questo è un ulteriore problema».
Serve anche un cambiamento culturale?
«Assolutamente sì. Questo è alla base dei progetti futuri, far capire che fino adesso abbiamo dato per scontato l'acqua come se fosse un qualcosa di poco valore. È un bene comune, primario e fondamentale per la vita dell’uomo. Lo Stato deve garantirne l’accesso a tutti a costi sostenibili, ma questo non significa che valga poco: al contrario, richiede investimenti e attenzione continua. Oggi ce ne rendiamo conto con chiarezza, perché in alcune stagioni la gestione idrica è già in forte difficoltà».
In Calabria la criminalità può influenzare la gestione dell’acqua?
«Non è il mio settore, ma è chiaro che dove ci sono risorse strategiche come acqua e rifiuti, ci può essere interesse da parte della criminalità. Immagino che le procure seguano con attenzione questo fenomeno».
La desalinizzazione può essere una risposta alla carenza idrica?
«La desalinizzazione è sicuramente un’opzione. Io la reputerei una delle ultime opzioni, perché ha un costo e un impatto importante. Ha un costo dal punto di vista energetico, sicuramente elevato, ma anche in termini di gestione degli scarti dovuti al processo. Dovremmo, invece, lavorare molto di più sugli invasi, sulla gestione delle infrastrutture che hanno come ruolo quello di gestire e contenere l'acqua piovana, laddove c'è la possibilità».
È un tema legato alla resilienza.
«La parola chiave è questa, resilienza. Il fatto di riuscire a gestire queste crisi, di riuscire a mantenere un servizio essenziale, come quello idrico, è la misura della capacità di un paese di essere resiliente, in un momento in cui tutte queste opere sono necessarie, perché il cambiamento climatico non è una cosa che avverrà, ma sta già avvenendo, è già in corso».
Cosa direbbe ai giovani calabresi?
«I giovani sono la mia forza e la mia speranza. Nel senso che, come ho visto anche oggi qui, al corso per green social impact manager promosso dalla Fondazione Augurusa, i giovani sono preparati, formati, attenti al tema e, addirittura, talmente attenti che lo soffrono psicologicamente, e questo non va trascurato da parte della classe politica che governa qualsiasi nazione, perché loro vedono il loro futuro, tra virgolette, compromesso, o percepiscono il rischio che sia compromesso, in un momento in cui si urla molto, si urla di tutto, ma spesso si danno messaggi sbagliati sulla questione del cambiamento climatico. Abbiamo frecce nella nostra faretra da poter utilizzare. L'unica cosa che non abbiamo è il tempo. Il tempo gioca contro di noi: servono misure rapide e importanti. Io spero che questi giovani che crescono entrino presto nel mondo degli adulti, a livello governativo, a livello aziendale e che questa coscienza, che vedo sempre più presente, entri anche sempre di più nei palazzi del potere».
La Calabria può avere un vantaggio dal fatto di non essere stata urbanizzata come le grandi città del Nord?
«Sicuramente è ovvio che avere all'interno della propria regione un polo urbano come Milano implica un certo impatto ambientale. Ciò non toglie che in queste realtà, come la Calabria, che soffrono di criticità importanti, come quella della risorsa idrica, abbiano bisogno di investimenti per fare passi avanti e accelerare lo sviluppo, anche per contrastare lo spopolamento. Vengo da una zona terremotata dell’Appennino marchigiano che, pur avendo una bellezza intrinseca, si è svuotata di giovani: questo ha aggravato situazioni già difficili. Pensare di utilizzare le nuove tecnologie per riportare persone a vivere in territori come questi, bellissimi ma fragili, è un fattore vincente. Oggi è possibile lavorare da remoto, ma servono infrastrutture adeguate: fibra, collegamenti satellitari e investimenti che, soprattutto in regioni come la Calabria, possono fare la differenza. Il Pnrr va proprio in questa direzione».