Rinnovabili in Calabria, Controvento risponde a Paolo Arrigoni (Gse): «Giustificate l’assalto al territorio»
Il movimento accusa il presidente del Gestore dei servizi energetici di veicolare false informazione: «Altro che sindrome Nimby, difendiamo Costituzione, territorio e beni comuni dalla speculazione»
In risposta alle dichiarazioni del presidente del GSE Paolo Arrigoni ai microfoni di LaC News24, che celebra la Calabria come terra virtuosa nella produzione di energia rinnovabile, arriva una dura presa di posizione da parte del movimento civile calabrese Controvento - impegnato nella tutela dell’ambiente e della legalità costituzionale.
La lettera aperta contesta la definizione di “sindrome Nimby” data alle critiche locali contro l’attuale modello di sviluppo delle rinnovabili. Gli autori denunciano il grave impatto ecologico e sociale delle modalità di realizzazione degli impianti e mettono in luce come dietro gli incentivi pubblici si nascondano interessi economici e infiltrazioni criminali, in contraddizione con i principi di tutela ambientale e benessere collettivo sanciti dalla Costituzione.
La mobilitazione, che coinvolge migliaia di cittadini, chiede un confronto democratico e trasparente, per una transizione energetica giusta, che non sacrifichi biodiversità, territorio e salute delle comunità.
Il contenuto della lettera aperta firmata Controvento
Gentile Paolo Arrigoni,
Lei, nella sua qualità di presidente del GSE, la società partecipata dal Tesoro che gestisce gli incentivi alle rinnovabili, si trova in questo momento in tournée, sta viaggiando per le province italiane sospinto dall’intento di diffondere la cultura della sostenibilità attraverso incontri specifici con le scuole, le pubbliche amministrazioni locali e le imprese. Su come Lei interpreta e organizza i suoi compiti istituzionali non intendiamo mettere lingua, La invitiamo invece a non farsi veicolo di false informazioni, come è successo il 22 maggio scorso nella tappa calabrese del suo itinerario.
Lei ha fatto qualche considerazione sull’opposizione alle fonti rinnovabili che si sarebbe manifestata nei nostri territori e l’ha inquadrata in un fenomeno nazionale liquidato come sindrome NIMBY (non nel mio giardino). Bene, o meglio, male: l’opposizione alle rinnovabili in Calabria non esiste e, per quello che risulta a noi, non esiste neanche nel resto d’Italia.
Sta invece acquistando sempre più consistenza una richiesta popolare di legalità costituzionale e si sta consolidando la decisa volontà civica di fermare la strage di ecosistemi e biodiversità, di alberi, di suoli naturali e agricoli connessa all’attuale modalità di realizzazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile.
Infatti “Rinnovabili sì ma non così” è lo slogan sventolato sugli striscioni esposti nel corso delle manifestazioni organizzate per protestare contro la barbara distruzione dell’ambiente vitale dei calabresi. Noi sappiamo di appartenere a un movimento civile militante, animato da forti principi di moralità e giustizia, che si riconosce nell’etica della Costituzione repubblicana, un congegno giuridico centrato sulla tutela della persona umana nel suo contesto ecologico e sociale. Tutela considerata dalla Carta fondativa della nostra vita associata incompatibile con una libertà assoluta dell’iniziativa economica privata, legittimata infatti soltanto nei casi in cui abbia un’utilità sociale e non procuri danni alla salute, alla sicurezza, all’ambiente e alla dignità umana.
In questo disegno di uno Stato edificato sul bene comune, su profondi legami sociali, su alti principi etici e non sul profitto di gruppi d’affari, determinate imprese o categorie di imprese – che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e abbiano carattere di preminente interesse generale – devono essere gestite da entità politiche esponenziali di collettività territoriali, o da comunità di lavoratori e utenti.
In sostanza i privati non possono speculare sui bisogni della cittadinanza, ma noi invece facciamo i conti col tradimento del dettato costituzionale perpetrato da odiose norme ordinarie, emanate in applicazione di direttive europee, che hanno reso “prioritario interesse nazionale” il profitto delle compagnie energetiche garantito da copiose elargizioni di denaro pubblico.
Concepiamo perciò la nostra mobilitazione come un piccolo contributo alle lotte che in tutto il mondo fronteggiano la privatizzazione dei beni comuni; non ci opponiamo a una fuoriuscita dal sistema basato sulle fonti fossili ma esclusivamente contrastiamo una transizione energetica calata dall’alto, al riparo da processi decisionali trasparenti e democratici, che sta esacerbando la pressione antropica sull’ambiente pregiudicando per sempre possibilità di produrre cibo, di sequestrare anidride carbonica, di assorbire acqua, di custodire biodiversità, etc. Operiamo nelle nostre società per il recupero e il controllo delle risorse dei nostri territori e per molti siamo diventati una speranza e una boccata di ossigeno in mezzo allo sconcerto, alla tristezza e al disincanto provocati nella coscienza collettiva dalla vandalica e coloniale violenza tecnocratica.
Dobbiamo conquistare il rispetto della Costituzione e dunque la vigenza effettiva della democrazia, e di conseguenza animiamo nei nostri paesi incontri pubblici per ritrovare memorie, legami e progetti comuni, per uscire tutti insieme dalla energivora società tecnologica di massa votata ossessivamente allo sviluppo, alla folle crescita infinita, una società destrutturata in cui, come è stato scritto, ogni sua singola parte pu essere comprata, venduta oppure data alle fiamme (Miguel Amoros).
Gli equilibri ecosistemici e la dignità della vita delle comunità devono essere rafforzati dalla decarbonizzazione; per questo consideriamo l’energia una risorsa vitale che non pu essere trattata come una merce, ridotta a un valore commerciale e sottomessa alle leggi del mercato. Lei invece è oggettivamente parte e strumento di un ceto politico (di destra e di sinistra) da decenni avverso alla Costituzione, impegnato ad appaltare ai mercati e alle grandi imprese la gestione di tutti quei settori che un’autorità collettiva degna di questo nome dovrebbe indirizzare al bene comune.
Gli incentivi alle fonti rinnovabili, della cui gestione Lei è responsabile, sono regolati da un meccanismo perverso, descritto di recente da Carlo Stagnaro (nell’intervista rilasciata a Cesare Treccarichi e pubblicata su Today economia con il titolo Dieci miliardi l’anno in bolletta per buttare energia: il paradosso delle rinnovabili), che non è né un ambientalista né un nemico del libero mercato; meccanismo funzionale non alla decarbonizzazione ma all’elargizione di fiumi di denaro pubblico agli operatori del settore energetico.
E in Calabria, caro Arrigoni, partecipano al banchetto anche quei settori della criminalità organizzata attivi nel taglio dei boschi (esiste purtroppo la cosiddetta “ndrangheta dei boschi”) e nel movimento terra, come documentano tante vicende giudiziarie e numerosi interventi delle forze dell’ordine.
Ci congediamo da Lei e chiudiamo questa lettera aperta rivolgendoci anche ai dirigenti scolastici del Polo Tecnologico Professionale Grimaldi-Pacioli-Petrucci-Ferraris-Maresca di Catanzaro, ai quali chiediamo di promuovere un incontro tra noi e gli studenti, che sulle questioni energetiche hanno sentito la campana del GSE ma forse non sono mai stati messi nelle condizioni di sentire la nostra, che pure ha aggregato 15.000 persone intorno alla richiesta di una conversione energetica giusta, equa, calibrata sulle caratteristiche delle varie realtà geografiche e in grado di contribuire all'attuazione degli articoli 9, 41 e 43 del dettato costituzionale.