A Crotone l’archeologia diventa futuro: ecco come Antica Kroton sta cambiando il volto della città
Presentati idee e progetti scaturiti dal corso di Alta formazione della Fondazione Sos dell’architetto Mario Cucinella in collaborazione con l’Unità operativa del Comune. Oggi l’approfondimento a Dentro la notizia
Più che Antica Kroton, sembrerebbe che sia proprio tutta Crotone a poter prendere addirittura forma, soprattutto grazie alla fase operativa del progetto Antica Kroton Futura, che è un articolato e complesso programma di attività pubbliche, cantieri aperti, laboratori e momenti di confronto. Dopo un percorso che negli anni non ha lesinato ritardi e burocrazie che si sono dovuti scontrare tra le esigenze, i tempi e gli interrogativi dell’archeologia, una indispensabile pianificazione urbana e risorse da spendere in tempi certi, il grande piano strategico da oltre 60 milioni di investimenti per riportare alla luce l'antica città greca di Crotone sembra aver trovato una prognosi. Comune, Regione Calabria e Ministero della Cultura stanno seguendo un progetto complesso che rilanci le ambizioni del territorio senza più esaltare solo le potenzialità innegabili.
Antica Kroton è così diventato un processo di rigenerazione urbana attraverso opere e, soprattutto percorsi ed azioni progettuali che, concretamente, possano essere destinate ad avere un impatto economico e sociale. Dopo le fasi di progettazione partecipata, l’apertura di cantieri archeologici, come quelli di Gravina e Acquabona pienamente attivi, a breve, si stanno aggiungendo quelli del Castello Fortezza, a Capo Colonna, Parco Pignera e l’area di fronte allo stadio; così sarà possibile contare su una rete di interventi che non isoli i luoghi della memoria, ma li integri nel tessuto vivo della città.
È stato sin dal suo nascere l’obiettivo del Corso di Alta Formazione attivato da Fondazione Sos in collaborazione con l’unità operativa Antica Kroton del Comune, curato dall’architetto delle città miniera Mario Cucinella. Dopo 5 dei 6 mesi previsti, 16 giovani professionisti selezionati, tra architetti, ingegneri, designer e archeologi, hanno presentato una prima idea, delineata in 5 punti; una visione di rigenerazione urbana e valorizzazione culturale sostenibile, attraverso il supporto di esperti di fama internazionale come Anne Picq, Carlo Ferretti, Davide Agazzi, Marina Mussapi e molti altri. Dopo 9 moduli teorici su architettura sostenibile, rigenerazione urbana e cultura-driven, i professionisti si sono misurati su progetti reali legati alla città di Crotone e, ieri, hanno presentato le prime idee al Museo del Mare e della Terra sulla via per Capo Colonna che, così come sottolineato da Alberto Giordano, già coordinatore dei laboratori con i progettisti, è emersa l’esigenza di “aprire” al pubblico, ed ai portatori di interesse.
Così il sindaco Vincenzo Voce, nel suo saluto istituzionale, ha fatto immediatamente riferimento alla scelta strategica compiuta sin dal suo insediamento, di individuare nel dirigente Antonio Senatore una guida autonoma rispetto al resto delle attività legate a Pnrr ed agli altri strumenti operativi. E nel rivolgere un plauso proprio a Senatore, ha posto l’accento sull’importanza di una “visione” unica di una Crotone Futura su cui si stanno impegnando questi professionisti.
Ed è proprio attraverso l’intervento del dottor Senatore che ha introdotto il laboratorio didattico e i lavori progettuali, che si è potuto apprezzare come questa sfida di un dinamismo, quello delle rigenerazioni urbane, non potesse che partire dalle radici e non solo per valorizzare l’archeologia, ma addirittura, come l’archeologia valorizzi lo sviluppo nella progettazione, integrandosi in essa, contaminandosi in essa.
Senatore introduce così la parte prettamente tecnica, dopo aver ringraziato per la partecipazione il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Andrea Agostinelli, quella di Rossella Sessa, presidente della società Sistemi Urbani del Gruppo Ferrovie dello Stato, e quelle dei rappresentanti sia degli ordini professionali della provincia di Crotone che dell’associazionismo attivo sul territorio.
Il workshop
L’architetto Mario Cucinella sottolinea così uno dei temi più importanti dello sviluppo urbano: la visione, per evitare il rischio di progetti sconnessi a scacchiera, frammentati e privi di un carattere forte. La visione, anche nello scambio con la politica, concetto sottolineato più volte. E come lo scopo fondamentale del workshop sia proprio quello di dare un contributo alla visione, sta soprattutto nel fatto che sia pensata e “firmata” da giovani. Cucinella conviene con l’idea dell’archeologia come motore della rigenerazione urbana, nel recupero dell’identità perduta in una città in cui c’è una narrativa, anche nella gente, di quella storia, che può riemergere con la grande opportunità consegnata dal progetto che non è solo e tanto per i professionisti che si stanno formando, ma per la città.
Il lavoro svolto sinora è di altissimo livello, assicura. Rafforzato della parte teorica e propedeutica del corso, e dopo, in quella progettuale, dove è emersa, nei professionisti (ingegneri, architetti, archeologi), una grande consapevolezza del luogo ed una grande concretezza, anche rispetto alle potenzialità delle singole aree.
Masterplan
Sono l’architetto Marco Iembo e l’architetto Claudia Petrocelli a partire dall’osservazione della città carpendo elementi utili alla fase progettuale (naturali, paesaggistici, antropici, concernenti il tessuto urbano del centro storico, edifici non utilizzati, quartieri della città antica), mappando ed operandone anche una sintesi qualitativa. Per i due professionisti, Crotone è una città a misura d’uomo, ma complessa; ed essendo complessa ha un grande potenziale progettuale (soprattutto sui temi legati alle connessioni, alle coste, al rapporto con il mare, alla vocazione economica, alle aree archeologiche, ma anche industriali dismesse). Gli architetti sottolineano come sia stato somministrato un questionario alla cittadinanza sul patrimonio e il suo valore, sulle aree più frequentate, sui flussi di mobilità interna; elementi che ha dato anche input progettuali; hanno anche cercato di capire l’impiego degli spazi pubblici da parte delle fasce di cittadinanza, delineando le 4 aree di progetto che saranno presentate, ed individuando nuove “centralità” pubbliche.
Sottolineando come siano necessari lavori su assi stradali principali, percorsi culturali, naturalistici e legati a sport e benessere, che possano andare a ricucire le aree della città (area nord, quella complessa, quella archeologica e post industriale, così come quella che conserva memoria agricola e rurale; l’area del Fiume Esaro, e quella non sfruttata; l’area marina, con grandissime potenzialità, specie nella parte nord del porto commerciale, sconnessa, allo stato, dalla città e dalla sua area urbana). Con un accento posto da Cucinella sul punto delle grandi valenze ambientali del territorio (fiume, mare, calanchi), e sulla possibilità ed importanza di valorizzare cultura e natura, per metterle insieme.
Area 1 (quartiere settentrionale)
Il gruppo di lavoro su questa area lo illustra l’archeologo Fabrizio Oliverio che presenta gli altri componenti (la designer Marina Bonanno e l’architetto Pedro Silvani); qui i professionisti sembrano avere avuto un approccio critico all’area per la sua delicatezza. Da crotonese, Oliverio, ne conosce le difficoltà: dando grande dignità anche d’ingresso alla città, e potenzialità comunque inespresse, se non in senso di rivendicazione, ma non potendo lesinarne indubbie criticità. Ma che con un respiro, data anche la notevole ampiezza, possa ispirarne i principi stessi del concetto di rigenerazione; partendo da quell’archeologia sommersa che potrà essere scoperta solo dopo la controversa bonifica di quella che fu la famigerata area industriale, si può e deve “insistere” sui casali del 700, “di transito” alla zona agricola. I piani di intervento pensati sono quindi vari e rispetto ad uno studio progressivo, con un primo approccio tessuto sul sistema ortogonale tipico della pianta greca, ed un impianto urbanistico di una città importante con le mura ed il vicino santuario suburbano “Vigna Nuova”, che rappresentano un unicum eccezionale.
Comunque i professionisti ritengono che l’area si possa suddividere in cronologiche progressive, operando per step e fasi con un lavoro graduale, fino a portare ad un nuovo parco archeologico ed un’area bosco della memoria; l’ex area industriale potrebbe essere presa in considerazione per la conservazione dei reperti, ma anche aperta alla fruizione del pubblico in connessione con la città attraverso maglie del nastro della memoria. L’architetto Cucinella sul punto osserva come l’area potrebbe diventare un grande parco/cantiere-scuola, come avvenuto in molte città europee: non si può mai (lo dice in termini generali) recuperare tutto, ma in questo caso si può consegnare alla città un ingresso che veda da una parte la traccia valorizzata della storia antica e, dall’altra, quella moderna dello sviluppo industriale, come testimonianza della sua vita passata.
Area 2 (Fiume Esaro)
Su questo punto ad intervenire è l’architetto Vincenzo Ierardi che presenta il gruppo (l’architetto Antonella Codispoti, l’ingegnere Andrea Miele e l’ingegnere Gaetana Claudia Rubino). Il gruppo ha cercato anzitutto di studiare l’area in rapporto alla città: il fiume è un “protagonista assente”, un limite e quasi una barriera per le dinamiche che si sviluppano nell’ambito urbano, eppure hanno scoperto che l’Esaro ha avuto una sua importanza nell’antichità: c’era il culto dell’acqua, una vegetazione rigogliosa con un asse forte lungo il fiume, cuore pulsante della città antica, che si è perso nei secoli. Il disegno è quello di un “corridoio ecologico” di connessione, che si potrà ricongiungere, per metterlo a disposizione della città.
Lo studio ha ricompreso anche ovviamente gli aspetti idrogeologici, naturalistici, la vegetazione e, per altro verso, l’antropizzazione dell’aria, e come la città si sia sviluppata intorno al fiume. L’urbanizzazione della zona immediatamente prossima e limitrofa, si presenta degradata: lo sono i quartieri, gli accessi e conseguentemente lo spazio pubblico. Qui Cucinella evidenzia come il fiume sia sempre stato visto come il confine della città (e da un certo punto in poi, un nemico per via delle esondazioni); fa riferimento alla stazione in prossimità, oggi poco utilizzata ed anch’essa degradata assieme alle aree ferroviarie dismesse).
Area 3 (Area Urbana)
Sul punto la relazione è dell’architetto Irene Pace che presenta il gruppo (l’archeologa Elena Lerose e l’architetto Giuliana Malcangio). Si tratta ovviamente di una zona assai estesa che comprende centro storico con aree archeologiche e verdi. Lo studio descritto ha riguardato una mappatura delle aree verdi, degli assi viari e delle grandi aree archeologiche (ex Ariston, Stadio, Gravina, Via Acquabona), con grande potenziale. Uno dei temi affrontati è stato l’individuazione dei molti punti di interesse, dei possibili collegamenti tra loro e con le altre aree, quindi di percorsi che potranno guidare visite e passeggiate. Il progetto ha riguardato anche il rapporto tra gli spazi archeologici e quelli verdi, anche nella prefigurazione dei percorsi futuri. Illustrato anche un focus in questo senso sull’area Gravina, considerando anche il possibile accesso agli scavi ai fini della loro fruibilità, elaborando una griglia e un sistema di totem che fungano da indicatori e guida. Interessante anche la viabilità sempre nell’ottica dei percorsi attraverso le aree di interesse archeologico e nella prospettiva di “inverdimento” e ombreggiamento.
Area 4 (Area Marina)
Qui la relazione è dell’architetto Margherita Perri che presenta il gruppo (l’ingegnere Giuseppe Ciliberto, l’architetto Francesco Libonati e l’archeologa Giovanna Panebianco). Il gruppo ha ritenuto di muoversi attraverso la voce della popolazione; analizzando i punti di debolezza, ma anche quelli di forza dell’area, di un lembo di ingresso, ma anche di incontro tra terra e mare. Nella linea del tempo, Crotone è protagonista da millenni, sostengono i professionisti, ancor prima dell’era magnogreca, con le popolazioni indigene e a ritroso in era geologica. Così in un territorio diversificato, il progetto ha una vocazione che contempli e valorizzi le diversità (naturalistiche e paesistiche), e che sia tarato su queste diversità e unicità. Il progetto ha ovviamente considerato le strutture esistenti e ha guardato modelli di interventi di altre città, pensando anche a come l’arte potrebbe inserirsi a valorizzare l’esistente (come sui vecchi silos sulla costa nord, ma anche sulle aree del porto); anche qui, ad un parco tra il porto vecchio e quello nuovo, in cui integrare funzioni e servizi che possano soddisfare l’utenza del mare, si aggiunge l’esistente interconnessione con l’attività crocieristica ed allo spostamento degli attracchi più a nord). Cucinella evidenzia come dal lavoro, calato nella realtà del luogo e tarato sulle sue caratteristiche anche naturalistiche, emergano temi importanti che potrebbero davvero cambiare la vita della città.
Interessantissimo il dibattito successivo, terminate le presentazioni, con il Sindaco che interviene con un’osservazione sullo studio dell’area settentrionale, tra le altre questioni, facendo presente che il problema della bonifica non è risolto, tanto che allo stato è prevista una messa in sicurezza permanente, sicché allo stato, a suo parere, si può fare ben poco. Non fermandosi nel concetto ed aggiungendo, sui problemi ambientali riguardanti la zona dell’Esaro (tra l’altro, sottolineando che anche una parte del porto è interessata da sversamenti), e che di questi dati, la progettazione non può che doverne tenere conto.
Qui Cucinella osserva come vi sia l’ovvia consapevolezza che la risoluzione di problemi ambientali e di inquinamento di per sé, è dispendiosa ed ai limiti della non fattibilità; e che se è comprensibile che non si possa fare “tutto e subito”, ma che è proprio grazie al pensiero di un intervento di sistema che si può aggredire culturalmente e strutturalmente attraverso interventi che aprano un percorso virtuoso, gradualmente. Illustrando, quindi, l’idea di un “nuovo sistema” che consenta di camminare sulla terra, al livello su cui gli abitanti della Crotone magnogreca camminavano dall’area Ariston allo Stadio, e di un bordo che dia valore ai reperti, a gradonamenti, che evidenzino i livelli e le stratificazioni nei secoli.
Bisogna ripartire dagli elementi che danno carattere alla città: i calanchi, la costa, il mare, le tracce, riassume. Così come è importante iniziare, dare avvio ad un movimento. Come non essere d’accordo che le città cambiano equilibri anche, se non soprattutto, con piccole trasformazioni.