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02/10/2025 ore 08.08
Attualità

A settanta miglia dalla coscienza: dalla Flotilla per Gaza alle piazze d’Europa

Dove la legge si fa disumana e il mare diventa tribunale, l’umanità resiste ancora. E chi la nega ha già perso: perché può governare, può vincere le elezioni, ma non sarà mai realmente maggioranza

di Francesco Vilotta
La manifestazione a favore della Flotilla a Roma

Settanta miglia al largo, il mare non appartiene più a nessuno. Non è ancora Israele, non è più Mediterraneo: è una soglia. In quell’acqua senza bandiere naviga una flottiglia di civili, uomini e donne provenienti da tutta Europa che portano aiuti a Gaza, scegliendo di attraversare il confine della paura con la sola arma della dignità. Eppure, verranno fermati. Saranno trascinati a terra, in Israele, e costretti a scegliere: dichiararsi colpevoli di essere entrati illegalmente o affrontare un processo. Un ricatto travestito da legalità, l’ennesima torsione del diritto che trasforma la verità in menzogna obbligatoria. Per salvarsi, dovranno mentire. E allora, chi si salva davvero?

Flotilla, l’assalto in mare e le proteste in piazza: speronate le barche, idranti contro la Meteque e numeri di avvocati scritti sulle braccia

In diritto internazionale, oltre le dodici miglia dalla costa, la sovranità di uno Stato si ferma. Comincia la libertà di navigazione, la zona in cui nessuno può arrogarsi il potere di decidere chi passa e chi no. Ma nella storia contemporanea, il potere ha sempre cercato di estendere la propria ombra oltre la riva. Lo ha fatto con le guerre preventive, con i blocchi navali, con gli embarghi umanitari. Ora lo fa con la verità, piegandola come fosse un confine da spostare. Israele, che continua a giustificare l’assedio come misura di difesa, considera “atto ostile” anche un carico di farina, un medico volontario, una telecamera accesa. L’assedio non è più militare: è semantico. Persino la parola “aiuto” è diventata sospetta.

E il mondo — ancora una volta — finge di non vedere che ciò che si spegne non è solo una speranza, ma la grammatica stessa dell’umanità. Giorgia Meloni, da Roma, non parla più da capo del governo, ma da leader di un blocco minoritario che pretende di rappresentare la maggioranza. Cerca nemici: definisce la flottiglia “irresponsabile”, “irragionevole” e perfino “contro il popolo palestinese”. Un ribaltamento morale che confonde chi soccorre con chi aggredisce, chi porta cibo con chi spara. Mattarella e il patriarca Pizzaballa invocano prudenza, diplomazia, “passi indietro”. Parole che si perdono nel vento spento della diplomazia, mentre in mare le imbarcazioni solcano le acque come preghiere laiche.

La Flottiglia del Sumud. Un atto di resistenza contro l'invisibilità umana

Ma la storia — quella vera — non ha mai conosciuto la prudenza. La storia ha conosciuto chi si è fermato davanti ai carri armati, come a piazza Tiananmen, e chi è rimasto in piedi sotto la pioggia dei proiettili per dire “io non mento”. Ecco cosa significa essere umani: scegliere di non abbassare lo sguardo quando il potere chiede di inginocchiarsi. Intanto, in Calabria, i ministri e i rappresentanti del governo scendono a chiedere voti per le imminenti elezioni regionali, parlando di sviluppo, di futuro, di infrastrutture. E lo fanno nello stesso istante in cui il Paese si interroga sulla disumanità delle loro scelte. Non è solo una contraddizione: è un paradosso morale. Si presentano nei teatri e nelle piazze di una terra che conosce la fame, la fuga, l’esodo, e che proprio per questo dovrebbe capire cosa significa essere assediati.

Ma i comizi si riempiono lo stesso: applausi, slogan, sorrisi da cartolina elettorale con i candidati. Non lo sanno — o fingono di non saperlo — che quei sorrisi sono l’eco di una sconfitta e di un’umiliazione politica, etica, civile e morale. Perché al di là dei risultati, dei sondaggi e delle urne, chi oggi sceglie e chi si schiera per mero opportunismo sulla via dell’indifferenza e della crudeltà non sarà mai realmente maggioranza, ma sarà sempre una minoranza disumana, un’aristocrazia del cinismo destinata a restare sola. Una minoranza che ha perso non il consenso, ma l’anima.

Ma fuori da quella minoranza — e lontano dai palchi del potere — la vita si muove. Da Milano a Napoli, da Roma a Parigi, da Barcellona a Berlino, decine di migliaia di persone stanno scendendo in strada. Sono studenti, medici, scrittori, insegnanti, lavoratori: non appartengono a nessun partito, ma a un’idea di giustizia che non accetta confini. Le bandiere palestinesi sventolano nei cortei e nelle iniziative. I manifestanti chiedono verità, pace, giustizia — e la fine dell’assedio. A Roma, a Bologna, a Palermo, le piazze si riempiono come non accadeva da anni. E non c’è rabbia sterile, ma un grido lucido, quasi liturgico: “Restiamo umani”.

Lo stesso grido che rimbalza a Madrid, Londra, Atene. È l’Europa delle coscienze che si risveglia, che non vuole più essere spettatrice di un genocidio trasmesso in diretta. Una nuova flottiglia di terra che rema con le voci, con i corpi, con la memoria. Ci sono epoche in cui la verità aveva bisogno di poeti; oggi bastano le immagini. Ci sono video, volti, grida, documenti: la cronaca stessa ha assunto la funzione della memoria. Ogni giorno arrivano nuove prove, nuove ferite, nuove forme di vergogna. Non esistono più le scuse dell’ignoranza: esiste solo la scelta.

In questo tempo sospeso, la flottiglia — con le sue vele leggere — rappresenta l’ultimo lembo di coscienza collettiva. Non chiede applausi, non chiede gloria, chiede solo che l’umanità non sia archiviata come un errore di rotta. Chi oggi applaude ai comizi della disumanità firma la propria resa e la propria vergogna. Perché non si può credere che la disumanità riguardi solo una parte, come se il resto potesse restarne fuori. Chi guarda quel mare e tace, diventa complice. Chi invece sente in sé un fremito di indignazione — chi non riesce a chiamare “ordine” l’oppressione — ha già scelto da che parte stare.

Forse la storia non ha mai avuto bisogno dei saggi, ma dei testimoni. E oggi, la linea di galleggiamento della coscienza è lì, tra le onde e le menzogne. La verità non arriva nei notiziari, ma su barche lente, con il sale negli occhi e il coraggio nella voce. A settanta miglia dalla costa, dove la legge si fa disumana e il mare diventa tribunale, l’umanità resiste ancora. E chi la nega — in mare o sulla terraferma, in Israele, nel mondo, in Europa, in Italia o in Calabria — ha già persoperché può governare, può vincere le elezioni, ma non sarà mai realmente maggioranza.