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19/08/2025 ore 11.49
Attualità

Autenticità non è immobilismo: la Sila che amo e che vorrei tra identità e cambiamento

Dopo la pubblicazione di un articolo sulla Sila su LaC News24, si è aperto un vivace dibattito sui social con centinaia di commenti. Quella riflessione non è nostalgia né accusa, ma una dichiarazione d’amore: la montagna ha risorse e potenziale. Ma serve coraggio per cambiare, fare squadra e guardare avanti

di Francesco Gallo

Nei giorni scorsi ho condiviso su queste pagine un articolo molto personale sulla Sila, la montagna che amo e che continuo a guardare con un misto di speranza e inquietudine.

Le reazioni non si sono fatte attendere: c’è chi ha letto veramente il mio intervento, compreso e apprezzato, e chi, invece, ha preferito liquidare le mie parole – o soltanto l’occhiello apparso in anteprima – con sarcasmo, condiscendenza e anche violenza verbale.

A costoro rispondo senza timore: non sono qui per compiacere, ma per scuotere le coscienze. Perché chi tace per quieto vivere non ama davvero questa terra: la subisce.

Non un attacco, ma un atto d’amore

Preciso subito: non ho mai voluto attaccare chi in Sila vive e lavora, né tantomeno generalizzare con giudizi ciechi. So bene che dietro ogni impresa c’è sudore, dietro ogni servizio c’è sacrificio.

La mia riflessione nasce da un’osservazione lunga, attenta e appassionata. Anche quest’anno ho trascorso quasi un mese di vacanza in un territorio magnifico, ma che ancora oggi rimane troppo spesso inespresso.

Se i miei toni sono apparsi duri, è perché altrettanto forte è l’amore che provo per queste montagne.

Sila, la bellezza senza tempo resiste ma è prigioniera di un’idea di turismo ferma agli anni Ottanta

Tra progressi e resistenze

Qualcuno mi ha rinfacciato che ci sono stati progressi, che nuove strutture hanno visto la luce e che servizi moderni hanno arricchito l’offerta. Rispondo: lo so bene, e se rileggete meglio l’articolo precedente, vi accorgerete che lo avevo scritto.

Applaudo dunque a chi ha avuto e avrà il coraggio di investire tempo, denaro e idee imprenditoriali in Sila.

Ma il punto non era reagire con stizza alla recensione negativa di un hotel, di un ristorante o di un salumificio dai prezzi troppo alti. Il punto è la mentalità diffusa: la fatica a fare sistema, la resistenza ostinata al cambiamento.

Ribadisco per i più testardi: molti, soprattutto i più giovani, cercano di fare rete e impresa. Ma la linea generale, purtroppo, appare desolante.

Identità e immobilismo

C’è chi mi ha detto che la Sila non deve rincorrere modelli esterni, che i paragoni con altri contesti sono ingiusti. D’accordo: la Sila ha un’identità unica, e va custodita.

Ma custodire non significa blindarsi. Autenticità non è immobilismo. Si può mantenere un’anima antica senza rinunciare a uno sguardo contemporaneo.

Chi non lo capisce, o non vuole capirlo, condanna la Sila a un lento declino.

Non nostalgia, ma futuro

Altri hanno voluto leggere nei miei riferimenti al passato un sentimentalismo fuori luogo. Non rimpiango certo la speculazione edilizia degli anni Settanta e Ottanta.

Ma ricordare quando la Sila era viva e ambita serve a dire che quel potenziale c’è, e palpita sotto le macerie turistiche dei “buongiorno” negati al bar e dei prezzi gonfiati dei prodotti a chilometro zero.

Quel potenziale aspetta solo di essere liberato in forme nuove, sostenibili e degne. Non è nostalgia, è un invito: impariamo dal passato per rilanciarci nel futuro.

Una sfida per chi resta

Sono consapevole delle difficoltà di chi qui ci resta tutto l’anno: costi, isolamento, stagionalità. A loro va il mio rispetto sincero.

Ma è proprio per questo che serve alzare l’asticella, innovare, cooperare. Le mie parole non vogliono abbattere, ma stimolare.

Chi si accontenta di crogiolarsi nello status quo preferisce attaccare chi sogna. A loro rispondo: non vi chiedo di sognare con me, ma almeno di non ostacolare chi ci prova.

La Sila che vorrei

Il mio non era un atto d’accusa, ma una dichiarazione d’amore. Amo la Sila, e ci credo.

Credo che possa rinascere se avrà il coraggio di cambiare. Guardare al passato per ritrovare orgoglio, aprirsi al futuro per restare fedeli a se stessi, fare squadra per essere forti.

Questa è la Sila che vorrei. Non smetterò di dirlo, anche se disturba chi si è accomodato sugli allori ereditati dai genitori o dai nonni.

Perché sono certo che questa montagna possiede in sé tutte le risorse per risorgere.

Tocca a noi, che la amiamo, avere il coraggio di non arrenderci. Non sarà facile, ma nulla di grande lo è mai stato. È una sfida da accettare: per la Sila, per noi, per chi verrà dopo di noi.

Ho detto.