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26/05/2025 ore 06.15
Attualità

Bilanci in rosso, personale assente e residenti in fuga: la lenta agonia del Sud che rischia il collasso

Anche questa tornata elettorale sta per chiudersi, ma dietro l’apparente normalità delle urne si cela una crisi profonda dei piccoli centri. Senza personale e strategie, rischiano di diventare gusci vuoti. E con loro, si sgretola anche la tenuta democratica del Paese

di Redazione Attualità

Il turno delle elezioni amministrative 2025 si sta chiudendo, ma senza clamori e senza nemmeno tante aspettative. Ma dietro l’apparente normalità delle urne si nasconde una delle più gravi crisi strutturali che attraversano l’Italia: quella dei Comuni, in particolare quelli del Sud e della Calabria, sempre più poveri, svuotati e soli. Non si tratta solo di un problema di risorse. È in crisi l’intera architettura istituzionale e organizzativa degli enti locali, ridotti spesso a gusci vuoti, senza personale qualificato, senza strategia nazionale, senza voce.

Secondo l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), oltre il 70% dei Comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. E molti di questi, soprattutto al Sud, sono in una condizione definita tecnicamente “strutturale di squilibrio”. Non riescono a chiudere i bilanci, sono sotto piani di rientro pluriennali, hanno difficoltà perfino a compilare le relazioni obbligatorie sui conti pubblici.

L’assenza cronica di personale – in particolare dirigenti amministrativi e tecnici – ha reso in molti casi impossibile anche partecipare ai bandi del Pnrr o gestire i fondi europei. In alcune realtà calabresi, lucane e siciliane, interi settori degli uffici comunali risultano scoperti. Senza un ingegnere, un ragioniere, un tecnico dell’ambiente, è impossibile progettare o anche solo far partire opere pubbliche.

Il caso della Calabria è emblematico. Secondo stime dell’Istat e dell’Università della Calabria, la regione potrebbe perdere tra i 390.000 e i 500.000 abitanti nei prossimi trent’anni. Si tratta di una vera e propria emorragia demografica che rischia di desertificare intere aree interne.

Borghi storici si stanno spegnendo nel silenzio generale, le scuole chiudono per mancanza di alunni, le attività economiche scompaiono. L’età media si alza, mentre i giovani che restano sono spesso disoccupati o inoccupabili, e quelli che vanno via non tornano.

Senza parlare della sanità ormai al collasso, mentre i pronto soccorso sono spesso al collasso e la medicina d’urgenza non garantisce certezze. Ma la questione sanità riguarda tutto il paese, tanto che il Ssn è vicino al collasso. La privatizzazione della sanità è già nei fatti, in violazione di Costituzione, considerato che lo Stato deve garantire le cure a tutti, nessuno escluso. Ma questo sta diventando sempre una favola, mentre i governi di turno passano da un trionfalismo all’altro, negando la verità ai cittadini, occultando le gravissime difficoltà che sta scontando il sistema sanitario nazionale.

Pazienti stipati sulle barelle nei corridoi prima dell’intervento al cuore: a Catanzaro una sanità normale è ancora un’utopia

Questa “fuga dal Sud” non è solo un fenomeno sociologico. È un fattore di dissesto politico, economico e amministrativo. Un Comune senza cittadini, senza risorse, senza personale, semplicemente non funziona. Ma il problema, per ora, resta periferico anche nel dibattito politico nazionale.

Il Pnrr avrebbe potuto essere una leva per invertire la rotta. Ma senza una cabina di regia dedicata ai Comuni e senza un massiccio piano straordinario per il reclutamento del personale negli enti locali, molte risorse rischiano di andare sprecate o di non essere nemmeno richieste.

Nel 2023 il governo ha varato un “Piano per la coesione”, destinando fondi ai Comuni in difficoltà. Ma si è trattato per lo più di interventi a pioggia, privi di un coordinamento reale, e incapaci di incidere sulle cause strutturali del problema. L’Anci stessa denuncia da anni l’assenza di una visione strategica sul ruolo dei Comuni nel governo del Paese.

Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie ha annunciato tempo fa nuove misure per incentivare l’assunzione di giovani funzionari negli enti locali del Mezzogiorno, ma i bandi vanno deserti, e nei piccoli centri mancano spesso perfino le condizioni minime per accogliere i nuovi dipendenti pubblici.

Nel silenzio dei riflettori e con una partecipazione elettorale sempre più bassa, i Comuni italiani stanno affrontando una crisi esistenziale. In particolare quelli del Sud, come in Calabria, stanno vivendo una lenta agonia che rischia di portare con sé l’intera tenuta democratica del Paese. Perché la Repubblica, lo dice la Costituzione, è fondata sui Comuni. Ma quando i Comuni muoiono, che ne è della Repubblica?

Serve una nuova stagione di riforme, coraggiosa e concreta, che metta al centro il presidio locale come garanzia di diritti, servizi, cittadinanza. Altrimenti, tra trent’anni, l’Italia rischia di svegliarsi con intere province fantasma, senza scuole, senza ospedali, senza democrazia.

(Con il contributo esterno di Francesco Vilotta, Ernesto Mastroianni, Bruno Mirante)