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24/08/2025 ore 06.15
Attualità

Calabria al voto per andare oltre la mediocrità: basta rassegnazione, serve il coraggio di scegliere e lottare

Tra giovani in fuga, famiglie spezzate e apatia diffusa, la regione rischia di affondare nella paura travestita da normalità. Dalle urne regionali l’occasione per rompere le gabbie dell’apatia e di una paura travestita da normalità

di Franco Laratta

«È una malattia, la gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose», scriveva Richard Yates. Aveva ragione. La mediocrità non è un difetto: è un veleno. Non si vede, non fa rumore, penetra in silenzio, paralizza. È un contagio che si trasmette con la rassegnazione, con il silenzio, con quel “tanto non cambia niente” che recitiamo come un rosario di codardia.

Parliamo della nostra terra, la Calabria. Come viviamo? Viviamo dimezzati. Non ci indigniamo fino a bruciare, non ci entusiasmiamo fino a tremare. Ci siamo costruiti gabbie comode: un lavoro qualsiasi, un divano qualsiasi, una vita qualsiasi. E la chiamiamo sicurezza. Ma non è sicurezza: è paura travestita da normalità. Una normalità che non ci fa reagire davanti a una crisi economica senza precedenti, alle famiglie spezzate dal disagio, ai ragazzi che fuggono, al futuro che non si vede.

Ed eccoci all’appuntamento elettorale anticipato. Con quanta voglia di cambiare lo stiamo vivendo? Con quanto entusiasmo ci si confronta? Con quanta passione si discute dei temi urgenti? Le nostre testate proveranno a stimolare questa campagna elettorale così anomala e difficile. Lo faranno come sempre: con rigore e obiettività, perché voi possiate scegliere in libertà.

A qualcuno non piacerà che si racconti la verità. Sappiamo che proveranno a distrarre gli elettori con denigrazioni, accuse false, minacce velate. Ma chi ha il dovere di informare non può spaventarsi. Nel nome della libertà e della verità. Perché non c’è democrazia senza un’informazione libera. Eppure, da questi primi segnali, sembra che il voto gli elettori lo stiano subendo. Forse perché hanno pagato troppi fallimenti, visto troppi inganni, troppe speranze svanire. Alla fine hanno smesso di credere.

Sì, c’è paura di credere, di desiderare, di lottare. Così ci si rifugia nell’apatia: che non scalda, non ferisce, non salva. È un grigiore eterno che promette una vita senza scosse e regala solo una lenta agonia. Eppure la vita vera — quella che lascia un segno — non apparterrà mai ai mediocri. È appartenuta a chi ha pensato con radicalità, a chi ha creduto fino allo scandalo, a chi ha amato fino a sanguinare, a chi ha combattuto sapendo di poter cadere. Non erano più forti: erano vivi.

Il problema è che oggi ci basta sopravvivere. Restare seduti davanti a uno schermo che ci tiene in vita senza farci vivere. Ci basta la prudenza, che non è altro che il nome elegante della paura. E allora la domanda è questa, e non ammette attenuanti: vogliamo continuare a marcire nella mediocrità o abbiamo ancora il coraggio di bruciare? La risposta non sta nelle parole, ma in un atto. In una scelta. In un impegno diretto. Ognuno si metta in discussione, le migliori energie siano protagoniste. Perché subire, non scegliere, non significa vivere. Vivere davvero significa non lasciarsi morire lentamente.