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16/11/2025 ore 17.47
Attualità

Calabria di cemento: case vuote e consumo indiscriminato di suolo cancellano l’identità della regione

Da decenni un’espansione edilizia incontrollata ha compromesso territori agricoli, paesaggi storici e equilibrio urbano. Mentre la popolazione è in calo, sorgono nuove (e inutili) costruzioni e le leggi di rigenerazione restano inattuate

di Alessandro Gaudio

La Calabria convive da decenni con un fenomeno che ha progressivamente eroso la sua identità territoriale: la diffusione incontrollata del cemento. Un’espansione edilizia che, con il tempo, ha investito ogni angolo della regione, compromettendo territori agricoli, paesaggi storici ed equilibrio urbano. I numeri, anche se freddi, restituiscono una fotografia impietosa, proprio mentre si parla con insistenza di piano casa e di 630 mila famiglie, in Italia, a rischio sfratto.

Secondo l’ultimo censimento Istat, la nostra regione conta 1.375.504 abitazioni per 1.855.454 residenti, che poi, in realtà, sono molti di meno. Di queste, oltre il 42% risultano non occupate in maniera permanente, circa 600 mila unità. Una quota che pone la Calabria al terzo posto in Italia per case non occupate (il dato nazionale si ferma, per così dire, al 27%), preceduta solo da Valle d’Aosta e Molise.

E non finisce qui. Se consideriamo le abitazioni non accatastate, cioè totalmente ignote al fisco e al catasto, un’indagine dell’Agenzia delle Entrate del 2013 ne stimava 143.875. Attendiamo il prossimo aggiornamento. Gli abusi edilizi, in particolare lungo la costa, sono altrettanto impressionanti: uno studio commissionato qualche tempo fa dall’Università di Reggio Calabria segnalava un abuso ogni 135 metri di costa, oggi salito a circa uno ogni 100 metri. In altre parole, il cemento ha conquistato ogni spazio potenzialmente edificabile, generando un rapporto quasi paradossale: una casa ogni 1,3 calabresi.

Il consumo di suolo agricolo, misurato dall’Istat attraverso la Sau (Superficie Agricola Utilizzata), conferma una situazione disastrosa. Tra il 1982 e il 2023, la Sau è diminuita di quasi un quarto, con ben 178.522 ettari persi a favore dell’urbanizzazione. Una cifra che equivale all’11,7% del territorio regionale, per gran parte in zone impervie e collinari, naturali solo fino a pochi decenni fa.

I dati urbani confermano il quadro preoccupante. Nell’area cosentina, ad esempio, il 17,5% delle abitazioni è vuoto: Cosenza registra il 20,7% di case disabitate, Rende il 17%, Montalto Uffugo il 14,4%. Sommando Castrolibero, si arriva a 14.262 abitazioni vuote nell’area. Analoghi squilibri si riscontrano in tutta la regione: Vibo Valentia ha il 31% di case sfitte, Reggio Calabria ne ha addirittura il 40%, Catanzaro il 24%, Crotone circa il 17%.

In questo contesto, ci si interroga sulla reale necessità di nuove costruzioni. La popolazione calabrese, secondo l’Istat al 31 dicembre 2021, è in calo, con una diminuzione dello 0,3% rispetto all’anno precedente e del 5,3% rispetto al 2011. Lo Svimez prevede un calo fino al 20% entro il 2050 nel Mezzogiorno. In un territorio già iper-cementificato, la costruzione di nuove abitazioni rischia di essere un’inutile sovrapposizione su case già vuote.

Gli strumenti legislativi per porre un freno a questo degrado ci sono, ma tardano a essere attuati. Dal 2010 la Calabria dispone della Legge Regionale n. 21, l'ennesimo “Piano Casa”, che prevede misure straordinarie a sostegno dell’attività edilizia finalizzata al miglioramento del patrimonio residenziale. Disponiamo anche della legge n. 5 del 2022, poi rielaborata come legge n. 127/2022, che avrebbe dovuto avviare un percorso di rigenerazione urbana e territoriale. Tuttavia, l’iter è ancora incompiuto, lasciando spazio a nuove edificazioni senza criterio.

La gestione del territorio negli ultimi decenni mostra come la classe dirigente abbia confuso sviluppo con consumo indiscriminato del suolo. È noto che lo sviluppo economico non coincide automaticamente con il progresso sociale e culturale, ma nessuno sembra che voglia prendere atto del fatto che un vero miglioramento richiede sincronia tra crescita materiale e qualità della vita. In Calabria, questa sincronia è mancata: si è costruito molto, ma il paesaggio e le comunità ne hanno pagato il prezzo.

Oggi, la nostra regione appare come un territorio segnato, dove il cemento ha alterato l’identità, il rapporto con la natura e la percezione stessa dello spazio urbano e rurale. Le scelte degli ultimi decenni ci dovrebbero ricordare che il vero sviluppo non può prescindere dal rispetto del territorio e dalla valorizzazione dei patrimoni culturali e naturali. Altrimenti, il cemento copre il suolo, ma cancella anche la memoria, l’identità e persino i diritti di una regione intera.