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15/07/2025 ore 06.48
Attualità

La lotta per la sopravvivenza di Campana, il sindaco Chiarello: «Il mio paese è vivo, ma lo Stato ci ha dimenticato»

VIDEO | Così il piccolo comune del Cosentino sta resistendo all’abbandono. Il primo cittadino: «Con la pandemia le istituzioni sono sparite. Mi sento solo ma non mollo, ho il dovere di provarci fino alla fine»

di Matteo Lauria
Uno scorcio di Campana, nel riquadro il sindaco Agostino Chiarello

Nel cuore della Sila Greca, stretto tra i boschi e i tornanti, c’è un comune che non molla. Campana è uno dei tredici “ultra-periferici” della provincia di Cosenza: piccoli paesi, distanti più di un’ora da un ospedale e con una popolazione anziana che supera il 30%. A guidarlo è Agostino Chiarello, sindaco determinato, consapevole delle difficoltà, ma legato a una comunità che non si arrende. «Il mio comune è ancora vivo – afferma Chiarello – anche se le condizioni esterne non aiutano. Siamo ai margini, ma la nostra gente continua a tenere in vita questo paese, con gesti semplici e accoglienza sincera. I visitatori ce lo riconoscono sempre».

Lo scenario, però, è segnato da un lento abbandono. Dagli anni ’80 a oggi Campana ha perso più della metà dei suoi abitanti. Solo negli ultimi dieci anni ne sono andati via circa 500 abitanti. Oggi i residenti sono appena 1480. Una curva demografica che scende senza sosta, nonostante qualche tentativo di inversione: «Negli ultimi due anni abbiamo attivato misure per promuovere attività produttive e incentivare i cambi di residenza – spiega il sindaco – qualcosa si è mosso, ma non abbastanza».

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La rottura definitiva tra istituzioni e territorio, secondo Chiarello, è arrivata con la pandemia. «È stato col Covid che abbiamo capito davvero che lo Stato non c’era più – racconta – Le risorse per le aree interne si sono ridotte, le scelte dei governi hanno favorito i grandi centri urbani. E questo ha prodotto un effetto domino: meno fondi, meno servizi, più spopolamento».

Un’assenza che si riflette anche nella gestione del territorio: «La mancata manutenzione delle aree interne ha conseguenze gravi a valle. In Calabria ne abbiamo visti gli effetti: basti pensare alle alluvioni che hanno colpito Soverato, Crotone, Sierra Russa. Quando abbandoni l’interno, si paga anche sulla costa».

Campana non si arrende

Eppure, Campana resiste. Nonostante le perdite, la scuola c’è ancora. Il medico pure. «Dieci anni fa abbiamo perso la pompa di benzina e la banca – ricorda Chiarello – ma da allora, con tanti sforzi, siamo riusciti a mantenere tutto il resto. Non è poco». Dietro ogni parola del sindaco c’è la consapevolezza di una sfida quotidiana: tenere insieme ciò che resta, offrire speranza a chi resta, dare un motivo per tornare a chi è partito.

Ecco perché Campana non è solo un punto sulla mappa, ma il simbolo di una Calabria che chiede ascolto. «La nostra comunità è resiliente. Non chiediamo miracoli, ma rispetto. Perché anche qui, in un paese di meno di 1500 anime, c’è voglia di futuro».

Per l’amministratore siamo di fronte a «una lenta agonia, una eutanasia mascherata». È il suo commento alle linee del nuovo piano nazionale che, di fatto, mette in discussione la sopravvivenza stessa dei piccoli comuni italiani. Un documento tecnico, ma dal forte impatto politico, che secondo il primo cittadino calabrese segna il punto di rottura definitivo tra lo Stato e i territori marginali. «Si perde ogni speranza di costruire un futuro – denuncia – dopo anni di programmazione, ci troviamo di fronte a un governo ostile, che decide di abbandonare i paesi più fragili al proprio destino. È un tradimento della funzione stessa della politica: tutelare diritti, migliorare condizioni, dare risposte alle persone».

Il sindaco: «Mi sento lasciato solo»

Campana è un comune ultra-periferico, classificato come non più in grado di riprendersi già dieci anni fa. Eppure, sottolinea il sindaco, «abbiamo cambiato volto: oggi siamo una comunità vivibile, solidale e sicura, grazie a un lavoro collettivo fatto con la parrocchia, le forze dell’ordine e i cittadini. Chi stabilisce che non valga più la pena crederci? Un bilancio da Roma? Un algoritmo? No, deve deciderlo la gente che resiste ogni giorno per mantenere in vita le proprie radici».

Il riferimento è anche alle aree Snai – Strategia Nazionale Aree Interne – che negli anni hanno coinvolto ben 19 comuni tra Cosenza e Crotone, con progetti già attivi o in fase avanzata: dalla casa di comunità a Longobucco alla protezione civile con base a Campana, dal soccorso notturno guidato da Bocchigliero alla rete di trasporto intercomunale coordinata da Santa Severina. «Sono azioni concrete – spiega Chiarello – che rischiano ora di subire un drastico ridimensionamento, con danni irreparabili».

Il pericolo è anche ambientale, avverte il sindaco: «Se si abbandonano le aree interne, poi si paga sulle coste. La mancata manutenzione provoca alluvioni e dissesti, come già accaduto a Soverato o a Crotone. Tutelare l’interno significa difendere anche il resto del territorio».

Chiarello non nasconde un senso di isolamento profondo. «Mi sento lasciato solo. Lo Stato non c’è più, e questo lo dico con amarezza. Tutto quello che abbiamo fatto negli anni, ora rischia di essere vanificato».

Per Chiarello è un vuoto politico grave, perché le misure proposte a livello nazionale toccano direttamente il tessuto vivo della Calabria, una terra fatta per la maggior parte da piccoli centri. «È qui che si combatte la vera battaglia per la sopravvivenza. E invece nessuno parla, nessuno propone. Io, proposte serie da enti superiori non ne ho mai ricevute».

Nonostante questo isolamento, il sindaco non ha mai pensato di mollare. «No. Perché ho fatto un patto con me stesso e con il bambino che sono stato. Quel bambino sognava di vedere il proprio paese risorgere. E io ho il dovere di provarci fino alla fine».

E alla domanda se c’è ancora speranza, il sindaco risponde senza esitazioni: «Sì. Perché in questi borghi ci sono comunità solidali, capaci di accogliere, di lottare, di costruire. Ogni paese italiano è uno scrigno di bellezza. E rinunciarvi sarebbe un danno culturale, economico, morale».

Alla fine, Chiarello torna alla politica. «Chi firma questi piani deve sapere che qui si decide se un popolo può continuare a esistere. E se si sbaglia, le conseguenze saranno enormi. Non solo per noi, ma per tutta l’Italia».