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25/11/2025 ore 15.22
Attualità

Da “Cristo fermato a Eboli” alla Calabria che riparte: università, startup e borghi riscrivono il destino del Sud

Dal libro di Carlo Levi al presente: il Meridione è ancora fragile ma attraversato da energie nuove. L’ascesa dell’Unical, la crescita di imprese innovative e progetti pensati per far rinascere borghi come San Floro, Badolato e Tiriolo. Il cambiamento è lento ma reale, capace di sfidare rassegnazione e declino

di Raffaele Florio

Quando Carlo Levi scrisse Cristo si è fermato a Eboli, nel 1945, consegnò all’Italia l’immagine più potente e dolorosa del suo Sud: un mondo sospeso, povero, dimenticato. Un luogo dove “gli uomini sono rimasti fuori dalla storia”.

Ottant’anni dopo, quella metafora non ha perso attualità. Il Mezzogiorno continua a convivere con le sue contraddizioni: la lentezza, l’emigrazione, il divario economico, la rassegnazione. Ma dentro queste pieghe resistono anche energie nuove, germogli di cambiamento che nascono proprio là dove sembrava impossibile.

Il Sud come zavorra, poi come laboratorio

Alla nascita dello Stato unitario, il Sud fu raccontato come una zavorra da civilizzare. L’industrializzazione si fermò a metà strada, la povertà divenne stigma, il pregiudizio si trasformò in abitudine.

Da allora, decenni di politiche straordinarie, Cassa del Mezzogiorno, fondi europei, piani di coesione hanno spesso prodotto più burocrazia che sviluppo. Eppure, sotto la crosta del fatalismo, qualcosa si muove. Lentamente, ma si muove.

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L’Università della Calabria: un faro nel silenzio

A Rende, nel cuore della provincia di Cosenza, l’Università della Calabria è diventata simbolo di una resistenza silenziosa.

Secondo la classifica Censis 2024-25, UniCal è prima tra i grandi atenei italiani, con un punteggio di 92,2.

Nel QS Europe Rankings 2025 ha scalato quasi trenta posizioni, e nel Shanghai Ranking è entrata tra le prime mille università del mondo.

Un risultato che non nasce per caso: campus aperto, internazionalizzazione, ricerca sui materiali e sull’intelligenza artificiale, e un modello di università pubblica che prova a restare radicata nel territorio.

Non è solo un ateneo: è un laboratorio di riscatto. Un messaggio ai giovani del Sud che, invece di fuggire, possono costruire lì dove sono nati.

Startup calabresi: la sfida dell’innovazione

Dove una volta c’erano miniere di carbone e pastori, oggi nascono startup che lavorano su software, agritech, green economy.

Nel 2019 in Calabria si contavano 240 startup innovative. Oggi superano le 300, e la Regione ha stanziato 15 milioni di euro per spingere il settore tecnologico e digitale.

Non si tratta ancora di un ecosistema compiuto, ma di una nuova generazione che scommette sul futuro. Giovani ingegneri, artigiani del codice, ricercatori tornati da Milano o Berlino per provarci. Un atto di fede civile, prima ancora che economico.

Calabria, la montagna che risale

Quando si parla di Calabria, si pensa al mare. Ma la rinascita potrebbe partire dai monti.

Nel 2025 la regione ha registrato un aumento del 10,1% di presenze turistiche nei primi quattro mesi dell’anno, con un boom del +45,8% di arrivi stranieri.

Il Ministero del Turismo ha finanziato 11 milioni di euro per progetti di valorizzazione delle aree interne, turismo lento e digitalizzazione dei borghi.

La Sila, l’Aspromonte, la Catena Costiera diventano rifugi per chi fugge dallo stress urbano, e simboli di un Sud che non si arrende.

Luci e ombre del nuovo Sud

Rimane la grande contraddizione: una regione piena di energie ma svuotata di fiducia.

Le eccellenze come UniCal convivono con ospedali che chiudono; le startup con la disoccupazione giovanile sopra il 35%; il turismo in crescita con infrastrutture precarie.

È il Sud dei paradossi, dove la speranza resiste nonostante tutto, e dove la rassegnazione non ha ancora vinto.

Tre storie che raccontano il cambiamento

1. La cooperativa “Nido di Seta”: a San Floro l’antica seta diventa futuro

San Floro, trecento abitanti sopra Catanzaro.

Qui tre ragazzi — Domenico, Giovanna e Miriam — hanno rimesso in piedi una filiera agricola estinta da un secolo: la seta.

Hanno piantato migliaia di gelsi, allevato bachi, aperto un museo, creato laboratori didattici e attratto visitatori da tutta Europa.

Raccontano così la loro rivoluzione:

«La nostra ricchezza non era invisibile: era semplicemente dimenticata».

È una delle storie di sviluppo rurale più studiate d’Italia.

2. La rinascita di Badolato: da paese fantasma a capitale dell’accoglienza

Negli anni ’90 Badolato Superiore stava morendo: meno di 300 abitanti, case sventrate, silenzio. Oggi è un laboratorio sociale e turistico citato da università, sociologi e riviste internazionali. Il Borgo è stato rilanciato grazie a un modello di accoglienza diffusa, turismo lento e rigenerazione urbanistica.

Il Comune è commissariato, ma le associazioni e gli operatori che animano il borgo difendono il progetto. La frase simbolo, raccolta tra gli attivisti che tramandano l’opera dei sindaci di allora: «Non abbiamo aspettato che qualcuno ci salvasse. Abbiamo trasformato la nostra solitudine in una forza».

Oggi a Badolato vivono artisti, digital nomads, famiglie arrivate da metà Europa.

3. Il “miracolo” di Tiriolo: un hub culturale tra due mari

Tiriolo, paesino affacciato sia sul Tirreno che sullo Ionio, è diventato un caso di studio per la rigenerazione identitaria. È qui che è nato Tiriolo Antica, un progetto che ha riportato alla luce tradizioni, artigianato, archeologia, musica popolare. Il museo diffuso e i laboratori tessili hanno creato occupazione e turismo culturale, attirando fondi europei e collaborazioni universitarie.

Il motto dei promotori è diventato una dichiarazione d’intenti: «Il nostro futuro nasce da quello che eravamo».

Cristo si è fermato, ma qualcuno ha ripreso a camminare

Carlo Levi scriveva che “gli uomini del Sud sono rimasti fuori dalla storia”.

Oggi, forse, la storia non è più ferma. È lenta, incerta, ma si muove.

E in questo movimento – tra università che avanzano, startup che resistono e borghi che si ripopolano – il Sud cerca la sua nuova vocazione: non più terra da salvare, ma terra da scegliere.

Se Cristo si fermò davvero a Eboli, oggi – forse – ha ripreso il cammino.

E questa volta, passando per la Calabria, potrebbe anche decidere di restare.