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20/08/2025 ore 22.26
Attualità

Dalla tv alla lavatrice: il caso De Martino svela quanto sia facile diventare prede dei ladri digitali

Il furto dei filmati intimi del conduttore e della compagna è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie. Telecamere, baby monitor, aspirapolvere, bambole e persino lavatrici: tutto ciò che è smart può trasformarsi in una finestra aperta per hacker e ricattatori

di Luca Arnaù

Un clic e l’intimità di una coppia diventa merce da rivendere. È successo a Stefano De Martino e alla compagna Caroline Tronelli: una telecamera di sicurezza installata dopo un furto nella casa romana ha registrato scene private. Qualcuno ha forzato il sistema, copiato i file e li ha messi in rete, prima su due siti poi su Telegram. I due hanno denunciato, la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per accesso abusivo a sistema informatico, ma il danno ormai è fatto: la privacy non si può restituire, e l’eco dello scandalo ha travolto anche il figlio minorenne di De Martino, bersagliato dai coetanei dopo la diffusione delle immagini.

Privacy negata: ecco come hanno fatto gli hacker a trasformare la casa di Stefano De Martino in un Grande Fratello hard

Questa volta tocca a un volto noto, ma potrebbe capitare a chiunque. È la conferma di un fenomeno che da anni cresce nell’ombra: telecamere, tablet, elettrodomestici smart violati da hacker che li trasformano in porte d’accesso nelle nostre vite. E non serve una sofisticata operazione da film. Spesso bastano password deboli, mai cambiate, o software lasciati senza aggiornamenti.
Due anni fa un’inchiesta milanese aveva documentato il modus operandi: i pirati scandagliano il web alla ricerca di indirizzi Ip vulnerabili, li violano e rivendono l’accesso. Venti euro possono bastare per “entrare” nella stanza di un perfetto sconosciuto. Telegram, VKontakte, i forum nascosti diventano bacheche del mercato nero: si scambiano video, pacchetti di immagini intime, persino chiavi d’accesso a baby monitor collegati alle culle dei bambini.

Il rischio non riguarda solo le telecamere di sorveglianza. Gli aspirapolvere robot, ormai diffusissimi, montano sensori ottici che mappano le case. Alcuni modelli hanno già mostrato vulnerabilità tali da consentire a malintenzionati di accedere alle immagini raccolte. Stesso discorso per i baby monitor economici, spesso sprovvisti di sistemi di cifratura: in più di un caso gli hacker sono riusciti non solo a osservare i piccoli, ma perfino a interagire con loro attraverso i microfoni integrati.

Poi ci sono i giocattoli “intelligenti”. La bambola Cayla, presentata anni fa come amica parlante dei bambini, è finita nel mirino delle autorità tedesche perché i dati vocali registrati venivano trasmessi senza protezioni. Peluche come i CloudPets archiviavano su server poco sicuri i messaggi dei genitori ai figli, esponendo tutto agli occhi degli hacker.

Gli assistenti vocali, diffusi ormai in milioni di case, rappresentano un altro nodo critico. Sono progettati per ascoltare in attesa di una parola chiave, ma più volte si è scoperto che hanno registrato e inviato frammenti di conversazioni private ai server dei produttori. I televisori smart, infine, non solo raccolgono abitudini di visione per scopi pubblicitari, ma alcuni modelli sono stati colti a trasmettere automaticamente informazioni su file riprodotti da chiavette usb.

E ancora: frigoriferi e lavatrici “connessi”, che inviano dati sugli orari di utilizzo e sulle liste della spesa, diventano punti d’ingresso per chi voglia mappare le abitudini domestiche. Smartwatch e braccialetti fitness aggiungono un ulteriore strato di vulnerabilità: dati biometrici, geolocalizzazione, ritmi di sonno e attività quotidiana finiscono in cloud e possono trasformarsi in un profilo completo della persona.

Gli investigatori parlano di un vero e proprio ecosistema criminale. I video intimi, come quello sottratto a De Martino, vengono venduti o usati per ricatti. Gli accessi diretti alle telecamere possono essere ceduti come “abbonamenti”, con la promessa di poter spiare in diretta altre vite. Le informazioni raccolte dagli elettrodomestici permettono di stabilire quando una casa è vuota, aprendo la strada a furti mirati.  E in parallelo ci sono le aziende di marketing, interessate a profilare consumatori con un livello di dettaglio mai visto.

Che fare, allora? Gli esperti ripetono sempre gli stessi consigli, troppo spesso ignorati: usare password lunghe e complesse, cambiarle di frequente, aggiornare software e firmware dei dispositivi, evitare di
acquistare modelli troppo economici privi di garanzie sulla sicurezza
. Ma la realtà è che la tentazione della comodità vince. E così case sempre più connesse si trasformano in gabbie di vetro, nelle quali gli occhi degli hacker possono entrare quando vogliono.

La vicenda De Martino è solo la punta dell’iceberg, resa clamorosa dal nome noto coinvolto. Ma dietro c’è una questione che riguarda milioni di cittadini comuni: la linea sottile che separa la domotica dal voyeurismo criminale. Una linea che, senza consapevolezza e protezioni adeguate, rischia di spezzarsi ogni giorno.