Dopo Leonardo e Yeshua tocca al conte Vlad, Arnaù porta in libreria una nuova trilogia: «Scrivere è la mia vita»
Letteratura, giornalismo e musica: il direttore di LaCityMag si racconta con l’occhio rivolto al prossimo futuro: «Ho in mente un progetto legato alla Calabria ma di respiro internazionale, un’idea per una serie tv sui briganti»
«Oggi è un grande giorno. Anche la trilogia di Vlad, il figlio del Drago ha trovato casa in una casa editrice antica e importante. E presto arriverà sugli scaffali delle librerie a far compagnia a Yeshua e Leonardo! Per ora non posso dire di più, ma è in buone mani!». È particolarmente felice Luca Arnaù, un giornalista e scrittore “di razza”, come si diceva una volta.
Esattamente 10 anni fa Luca Arnaù era direttore di un settimanale storico e molto apprezzato: Epoca. Fra le tante cose che fa oggi, spicca la direzione di LaCityMag del network LaC. La sua forza è che fa tutto con passione, ad iniziare dal suo essere uno scrittore.
Partiamo proprio da Epoca.
«Epoca fu una parentesi incredibile. Ricordo quando mi chiamò il mio editore di allora, Marco Verna. Per lui dirigevo Ora e DiTutto che era un giornale da 50mila copie a settimana. Mi invitò a pranzo e mi disse che era riuscito ad avere il marchio di quel giornale storico, se me la sentivo di provare a farlo rivivere. E io ci misi tutto me stesso insieme alla mia redazione, al mio vice di allora che è quello che mi accompagna ancora oggi a LaCityMag, Luca Varani. Facemmo una rivista ricca di notizie, con un’intervista esclusiva ad Amanda Knox appena tornata libera negli Usa in copertina. La ripresero tutti i tg. Ma non bastò… La crisi della carta stampata si faceva già sentire. E Epoca era un giornale molto costoso, con un budget importante. Durò pochi mesi, poi l’editore preferì buttarsi su altri giornali più redditizi. Un peccato. Io ho sempre amato la storia dei marchi per cui lavoro. Lo stesso è per la nuova trilogia di Dracula che uscirà per Mursia. Adoro il profumo della carta e non sopporto i supermercati dell’editoria, quelli dei libri a 5 euro, dei romanzi usa e getta. Mursia mi assicura l’esperienza, la qualità… per raccontare la vera storia di Vlad III di Valacchia, quello che è stato trasformato in un vampiro dal romanzo Dracula di Bram Stoker».
Parliamo di Yeshua.
«Yeshua è il mio romanzo più amato… Di solito ci metto sei mesi a scriverne uno. Qui ho impiegato vent’anni. Era nato per caso, dalla proposta di un agente letterario. Ai tempi io ero un giovane cronista de Il Secolo XIX. Non avevo mai scritto un libro. Racconta la storia dei trent’anni nascosti di Gesù. Da un punto di vista storico e laico. È un romanzo di avventure che intreccia la vita di un bambino del tempo con altre storie: quella di un legato romano mandato in Giudea a sedare la rivolta, quella di una ragazza che diventa bottino di guerra e che viene mandata in dono all’imperatore come concubina. E quella di Bar-Abbà, il Barabba dei vangeli. Che non era un ladrone, ma un capo ribelle che era stato catturato e crocifisso, ma che era stato liberato in tempo dai suoi compagni. E che era famoso – e questo è un aneddoto storico – per avere le mani e i piedi forati dai chiodi romani. Una storia di guerra, di rabbia, di passioni. Ma anche la storia di questo bambino additato dalle profezie come il Messia. Che cresce e diventa adulto in una terra dove – ieri come oggi – impera la violenza e la guerra. Ho letto trenta vangeli non ufficiali per scriverlo: quello di Giuseppe il Falegname, quello siriaco dell’infanzia, quello di Giuda. Tutti testi considerati non ortodossi dalla Chiesa, ma che racchiudono in sé una ricchezza incredibile. L’ho pubblicato con AltreVoci, una casa editrice emergente che fa della passione e della qualità il suo marchio di fabbrica».
Quindi Le indagini di Leonardo da Vinci.
«Siamo a tre libri con l’ultimo, Gli Arcani di Leonardo, uscito sempre per AltreVoci. Sono thriller storici, dove un giovane Leonardo viene chiamato a risolvere misteri intricati contro assassini crudeli. Nel primo, Le dieci chiavi di Leonardo, il giovane inventore si trova a combattere una guerra senza esclusione di colpi con lo Strappacuori, un serial killer sulla falsariga di Annibal Lecter. Il razionale Leonardo che rischia di essere travolto dalla violenza brutale dell’antagonista. Fino a quando non scopre le chiavi per risolvere il caso: gli omicidi riproducono in sequenza i supplizi delle Malebolge di Dante Alighieri. Il secondo, L’enigma di Leonardo, inizia con il primo attentato politico compiuto con le allora semisconosciute armi da fuoco. E segue Leonardo in un viaggio attraverso l’Italia per catturare il terribile Scorpione di Giada, il sicario venuto da Catai per vendere i segreti della polvere nera a Ludovico il Moro. L’ultimo è il più noir: un sacerdote viene trovato morto, sul corpo ha delle scritte in un codice apparentemente indecifrabile. Solo scoprire il codice può portare a fermare l’assassino dei Tarocchi, un mostro che sta uccidendo i figli delle famiglie fiorentine lasciando su ogni scena del crimine un arcano dipinto a mano».
Poi lei scrive tanti articoli, interviste, analisi al giorno. Quanto è importante scrivere?
«Scrivere è la mia vita. Sono uscito dal liceo che non sapevo fare altro che scrivere e suonare il basso in tutte le band di Genova. Ho iniziato al Secolo XIX, poi sono partito a girare il mondo: Kosovo, Albania, Cambogia, Thailandia. Nel 2005 mi hanno proposto il posto di caporedattore centrale in un nuovo quotidiano a Milano, Fatti Nuovi… Io ho accettato, ma è durato meno di un anno. Così sono passato a dirigere agenzie fotografiche, poi settimanali e mensili per famiglie: Eva 3000, In Famiglia, DiTutto, Top Salute, Ora, Tutto… Epoca. Poi ho conosciuto Domenico Maduli, un grande editore, un visionario che mi ha trasmesso il suo sogno di partire dalla Calabria per arrivare a conquistarsi con LaC Network un posto a livello nazionale. Ne uscivo da un’esperienza orrenda, professionalmente umiliante come direttore di Dillinger, il giornale online di Fabrizio Corona. Ho accettato e ora eccomi qui… Scrivere è la mia vita, vivo per scrivere».
Lei è un esperto anche di musica e spettacoli. Quali sono i suoi artisti preferiti?
«Ascolto di tutto, cantautori da Fabrizio De Andrè a Brunori. Ma anche rock classico, hard rock, i Metallica e oltre. Ultimamente adoro i gruppi che vanno alla ricerca delle vecchie sonorità folk e li abbinano alla tradizione del rock e del punk unendo strumenti antichi come fisarmonica e cornamusa alla potenza di basso, chitarra e batteria. Gruppi di nicchia come The Rumpled, che sono arrivati secondi al San Marino Song Contest alle spalle di Gabry Ponte e di “Tutta l’Italia”, Paddy and The Rats che sono ungheresi, Flatfoot 56 americani che legano il rock a tematiche cristiane».
L’intelligenza artificiale minaccia anche la musica? Dobbiamo preoccuparci?
«Credo che dovremo imparare a conviverci. Anche perché, almeno fino ad oggi, all’IA manca quel pizzico di umanità che rende qualcosa un’opera d’arte. Dicono che possa scrivere libri, ma non è così. Le trame che propone sono banali, il linguaggio non ha anima. Roba da addormentarsi… E così la musica. Parlavo poco tempo fa con un mio collega, il vicedirettore di LaC, Enrico De Girolamo che come me ha un passato da cronista “da strada”, di quelli cresciuti a pane e articoli: eravamo d’accordo che anche per arrivare a sostituire un giornalista vero ci vorrà del tempo. All’IA manca il mestiere, il gusto per la notizia, per il particolare… Credo che bisognerà imparare ad usarla, questo sì. Nella maniera giusta, senza esserne fagocitati. Il mondo è già così banalmente povero...».
Lei fa anche cinema come sceneggiatore. Ha qualche idea da realizzare?
«Diciamo che sono concentrato su un unico progetto che è quello di far diventare una serie tv le indagini di Leonardo. E che siamo a buon punto. Ma poi mi piacerebbe convincere il presidente Maduli a produrre qualcosa con LaC, un progetto legato alla Calabria, ma di respiro nazionale. La storia dei briganti, visti da un’ottica diversa, una saga popolare. Ho delle idee… vediamo cosa mi dice».
Dopo i suoi romanzi storici, tutti molto apprezzati, quale altro campo intende analizzare e raccontare?
«Mi incuriosisce l’ottocentesimo anniversario di San Francesco. Forse racconterei il viaggio del frate di Assisi, armato solo delle sue idee, alla corte del Sultano durante la Crociata… Oppure mi piacerebbe far diventare un romanzo la canzone di De André Sinan Capudan Pascià che racconta di un ragazzo fatto prigioniero dai pirati saraceni e destinato al mercato degli schiavi del Bei di Tripoli. Ebbene, diventò prima un giannizzero, poi un comandante, quindi addirittura il Capudan Pascià, Il Grande Comandante della flotta imperiale. E infine fu nominato Gran Visir. Sinan significa in turco “genovese”. Proprio come me…».
Oggi… chi è Luca Arnaù?
«Un giornalista di LaC, prima di tutto. Il direttore di LaCityMag di cui vado fiero. Un ragazzo che voleva vivere di scrittura e che alla fine è riuscito a farlo. Con tanta passione e tanta testa dura».