Francesco, il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo»: 12 anni di un pontificato che ha lasciato il segno
Il 13 marzo 2013 lo storico «Buonasera» che ha dato il via a una vera e propria rivoluzione nella Chiesa, a partire da quel nome che rende omaggio al santo della povertà e della semplicità
di Andrea Papaccio Napoletano
Oggi è il 13 marzo 2025 e Jorge Mario Bergoglio, per tutti Papa Francesco, celebra dodici anni dal suo storico «Buonasera» che ha sorpreso il mondo il 13 marzo 2013.
Un pontificato che ha alternato misericordia e pugni sul tavolo, rivoluzioni e resistenze, viaggi straordinari e momenti di fragilità. Un Papa venuto «quasi dalla fine del mondo», che ha lasciato un segno profondo nella Chiesa e nel mondo intero.
Un nome che è un programma: Francesco
La prima rivoluzione è stata il nome: Francesco. Non un dettaglio, ma una dichiarazione d’intenti. Il nuovo Papa si è specchiato in San Francesco d’Assisi, il santo della povertà e della semplicità, e ha deciso di seguirne l’esempio. Ha voluto una Chiesa più essenziale, più vicina alla gente, più libera da orpelli. Via gli ori, via le scarpette rosse, niente troni, nessuna distanza con il popolo. Una scelta che ha affascinato molti, ma ha anche sollevato dubbi tra chi teme che nel desiderio di avvicinarsi alla modernità si rischi di perdere il senso del sacro. Per alcuni, il rischio è di confondere l’essenzialità con una semplificazione eccessiva. Ma per Francesco, il messaggio è stato chiaro fin dall’inizio: la Chiesa deve tornare all’essenziale.
Trump e Francesco: due leader con visioni diverse
Uno dei momenti più accesi di questi dodici anni è stato lo scontro con Donald Trump. Due uomini forti, due leadership fuori dagli schemi, due visioni diverse del mondo. Francesco ha sempre parlato di ponti, di apertura, di accoglienza, mentre Trump ha puntato sulla difesa dell’identità e sulla sicurezza nazionale.
Lo scontro più noto è stato quello sul tema dell’immigrazione: nel 2016 Francesco ha detto che chi pensa solo a costruire muri non è cristiano, e Trump ha risposto ricordando che il compito di un leader è proteggere la propria nazione. Due approcci diversi, ma non incompatibili. Se da una parte il Papa ha sempre chiesto di guardare ai migranti con compassione, dall’altra Trump ha sempre difeso la necessità di regole chiare e di una politica forte. Nonostante le differenze, entrambi hanno avuto un impatto enorme e hanno parlato direttamente alla gente, senza filtri. Ora che Trump è tornato alla Casa Bianca, il confronto potrebbe riaprirsi, magari su basi nuove, con una maggiore consapevolezza reciproca.
L’Argentina, una ferita aperta
Tra le tante sorprese del pontificato, una delle più enigmatiche resta il mancato ritorno di Papa Francesco in Argentina. Dodici anni da Pontefice e nessuna visita nella sua Buenos Aires. Un’assenza che pesa, perché lui stesso non ha mai nascosto il legame profondo con la sua terra. Eppure, il ritorno continua a essere rimandato. Il motivo? Difficile dirlo con certezza. C’è chi parla di tensioni politiche, chi di una volontà precisa di non farsi strumentalizzare. Lui, quando gli chiedono quando tornerà, sorride e dice solo: «Quando sarà il momento».
Intanto, in Argentina si continua ad aspettarlo. Le nonne con il rosario tra le mani, i ragazzi delle villas miserias che si sentono ancora figli di "quel" vescovo di Buenos Aires, gli amici di una vita che vorrebbero abbracciarlo almeno una volta prima che il tempo scivoli via. C’è affetto, c’è orgoglio, ma anche un velo di malinconia. Perché si sa, l’amore, quando è vero, sa essere anche esigente.
Lo scandalo degli abusi
Uno dei fronti più difficili e dolorosi del pontificato è stato quello degli abusi nella Chiesa. Francesco ha preso in mano una situazione drammatica, con troppi silenzi e troppe complicità del passato, e ha scelto di affrontarla con decisione. Ha chiesto perdono, ha incontrato le vittime, ha imposto nuove regole. Ha mandato segnali forti, anche a costo di dividere, come nel caso del cardinale McCarrick, ridotto allo stato laicale. Qualcuno lo accusa di non aver fatto abbastanza, altri ritengono che abbia messo in crisi l’immagine della Chiesa con troppa esposizione mediatica. Ma una cosa è certa: la stagione della protezione a oltranza è finita.
Tradizione e rinnovamento: un equilibrio difficile
Se c’è un ambito in cui il pontificato di Francesco ha diviso, è quello del rapporto con la tradizione. Lui ha sempre parlato di una Chiesa in movimento, di una pastorale che deve adattarsi ai tempi senza tradire il Vangelo. Ma la sua scelta di limitare l’uso della Messa in latino e di ridurre lo spazio per le sensibilità più tradizionali ha generato più di un malumore. Per molti fedeli, la liturgia antica non è una nostalgia, ma una parte viva della fede, un ponte con il cielo. Francesco ha insistito: la tradizione non deve essere un museo, ma un fuoco vivo.
Per i tradizionalisti, però, il problema è che questo fuoco rischia di spegnersi. Molti continuano a guardare a Benedetto XVI come all’ultimo grande difensore della continuità liturgica, e il motu proprio Traditionis custodes è stato percepito come una ferita. La domanda resta aperta: la Chiesa riuscirà a sanare questa frattura o resterà un solco tra due visioni inconciliabili?
Un Papa in cammino, anche con il fiato corto
Jorge Mario Bergoglio è stato un Papa che ha viaggiato senza sosta. Dal primo viaggio a Lampedusa, dove ha pianto per i migranti, fino alle sue ultime fatiche, non si è mai risparmiato. Ha visitato terre di guerra, ha abbracciato i poveri, ha parlato ai popoli dimenticati. Ma il tempo e la salute hanno iniziato a chiedere il conto. Il ginocchio malandato, la bronchite che lo ha costretto a cancellare impegni, gli interventi chirurgici: a 88 anni, il Papa ha rallentato, ma non si è fermato.
Il Giubileo e l’eredità di un pontificato
Il 2025 è l’anno del Giubileo, il sigillo di questi dodici anni. «Pellegrini di speranza», ha detto Francesco, perché il suo pontificato, al netto di tutte le discussioni, è sempre stato questo: un invito a non perdere la speranza. Roma si riempie di pellegrini, la città è in fermento, e lui, con il suo passo più lento ma con lo stesso sguardo intenso, guida questo momento con la consapevolezza di chi ha dato tutto.
Dodici anni di scelte coraggiose, di luci e ombre, di entusiasmi e resistenze.
Dodici anni che hanno cambiato la Chiesa, nel bene o nel male, per sempre . E ora? Ora Francesco guarda avanti, sapendo che il suo tempo non è ancora finito. E che la storia, alla fine, si scrive sempre un passo dopo l’altro.