Giovani e Chiesa tra disillusione e speranza: «Papa Francesco ha aperto a tutti, Prevost costruisca nuovi ponti»
I fedeli diminuiscono e le omelie sono sempre meno ascoltate, i sacramenti meno frequentati. Ma cosa c’è dietro questo vuoto? Abbiamo ascoltato le voci di ragazze e ragazzi della Sapienza di Roma, credenti e non, per capire cosa si aspettano dalla Chiesa e dalla sua nuova guida
«Non vado in chiesa, mi sono disilluso», dice uno degli intervistati. «È solo una perdita di tempo». Ma c’è anche chi racconta un percorso diverso: «Ho fatto volontariato – dice Stefano Giordani, studente di Lettere – principalmente esperienze più concrete che spirituali». Il rapporto con la Chiesa è oggi sempre più personale e meno rituale. Si entra in relazione non con l’istituzione, ma con ciò che essa rappresenta – o dovrebbe rappresentare.
E qui si apre la frattura: tra chi sente la Chiesa come un corpo anacronistico, ancorato a valori rigidi e superati, e chi invece percepisce segnali di rinnovamento, grazie a un Papa – Francesco – che ha osato andare oltre.
Cosa si aspettano i giovani dal Papa?
La figura del Papa non è più lontana e austera come un tempo. Alcuni ne ignorano del tutto parole e azioni. Altri, invece, le osservano con attenzione, riconoscendo il coraggio di alcuni messaggi: pace, povertà, accoglienza.
Sara Gilardi, studentessa di Scienze Politiche, lo dice chiaramente: «Francesco ha diviso internamente al Vaticano, ma ha anche aperto fuori. Ora serve un ponte, una figura che riconcili e guardi avanti, Leone XIV è stato visto come una figura riconciliatrice tra i vari animi, si prospettava l’idea di un Papa che riesca a cogliere le sfide del presente e del futuro. Questo è dimostrato dalla celerità con cui è stato eletto. In futuro penso si possa proseguire su questo tracciato che abbracci il nuovo. Si può e si deve andare fuori dai confini dello Stato Vaticano». E se potessero scrivergli una lettera? Qualcuno vorrebbe dirgli che non si può basare la dottrina su testi di 2000 anni fa, che il mondo è cambiato. Altri sottolineerebbero l’urgenza di nuove priorità: ambiente, diritti, inclusione.
La voce sui temi etici
Su eutanasia, aborto, diritti LGBTQIA+, ambiente, le risposte divergono. «Non dovrebbe esprimersi», dice chi teme un'ingerenza morale. «Dovrebbe confrontarsi», ribatte chi crede in una Chiesa che dialoga con la contemporaneità.
Il confine tra spiritualità e politica si fa sempre più sfumato. Alcuni giovani distinguono nettamente le due sfere; altri, invece, riconoscono che storicamente Chiesa e potere sono sempre stati intrecciati. E allora, quando la Chiesa si schiera contro le disuguaglianze o per la pace, è davvero solo strategia? O è, finalmente, fede che si fa carne?
Sogni, utopie e possibilità
Guardando al futuro, molti giovani immaginano una Chiesa sempre più di nicchia. «La scienza risponde a ciò che una volta affidavamo alla fede», dice uno studente. «Non abbiamo più bisogno di Dio per capire il mondo». Eppure, qualcun altro sogna ancora una «Chiesa di tutti», con donne al vertice e parole nuove.
È possibile una Chiesa più povera e più aperta? Qualcuno scuote la testa: «Utopia». Altri replicano: «Francesco ha dimostrato che si può». Ma tutti sembrano concordare su un punto: serve un linguaggio nuovo. Non solo parole giovani, ma spazi, modi, volti diversi. «La Chiesa non è solo l’anziano in tonaca», dice qualcuno, «ma può essere anche un prete giovane che crea comunità».
Papa e geopolitica: tra simbolo e azione
Il Papa al G7 divide. «Non è una superpotenza, non deve esserci», sostiene una studentessa. «Ma rappresenta milioni di persone, deve esserci», ribatte un’altra. Le guerre, anche quando appaiono politiche, sono spesso attraversate da retoriche religiose. In questo contesto, una voce spirituale può essere pacificatrice, se si fa concreta: aiuti, diplomazia, ascolto.
La religione, allora, può essere davvero uno strumento di pace? Alcuni rispondono con realismo: «In un mondo ideale sì, ma nella realtà divide». Altri credono che proprio da lì possa ripartire qualcosa: un’umanità che si riconosce nell’altro, anche se diverso.
Tante domande, più che risposte
La Chiesa, per molti giovani, non è più un’autorità indiscussa. È un’interlocutrice possibile. Non la si segue ciecamente, ma non la si ignora del tutto. In un mondo segnato da contraddizioni, serve più che mai una guida che non imponga, ma ascolti. Che non giudichi, ma accompagni. Che non si chiuda, ma si esponga.
Forse è questo che i giovani chiedono alla Chiesa: meno dogmi, più dialoghi. Meno rituali, più relazioni. Meno risposte, più domande condivise.