Giovani, sport e inclusione nel messaggio di Di Tillo (CSAIn): «Questa terra ha bisogno della vostra energia per rinascere»
Il vicepresidente nazionale con delega alla coesione territoriale affronta diversi temi: dall’emergenza giovanile passando per le strategie di prevenzione sociale e il ruolo dello sport. E sui temi della sicurezza: «Servono più organici, più tecnologia e più certezza della pena»
Amedeo Di Tillo è una di quelle figure che convivono con naturalezza tra professione, impegno civile e passione sportiva. Carabiniere con una lunga esperienza investigativa, dirigente sindacale, promotore sportivo, da anni è un punto di riferimento per lo CSAIn, l’ente che in Calabria ha trasformato lo sport in un vero strumento di inclusione e prevenzione sociale.
Oggi, da vicepresidente nazionale con delega alla coesione territoriale , Di Tillo guarda alla Calabria come a un territorio fragile ma ricco di energie, dove sicurezza, sport e cultura civica devono procedere insieme per costruire futuro. Lo abbiamo intervistato.
Carabiniere, dirigente sindacale, riferimento del mondo sportivo e amministratore locale: qual è il filo che tiene insieme tutto questo?
-Il filo è il servizio. Ho sempre creduto che il compito di ciascuno di noi sia restituire qualcosa alla comunità. La sicurezza, lo sport, il lavoro amministrativo: sono tre strade diverse, ma tutte puntano a migliorare la qualità di vita delle persone.
L’esperienza nel Nucleo Investigativo di Firenze, in ambito scientifico, quanto ha pesato nel suo modo di leggere la realtà?
-Moltissimo. Quella scuola mi ha insegnato precisione, metodo, capacità di osservare oltre l’apparenza. È un bagaglio che porto con me ogni giorno, anche quando mi occupo di giovani o di sport: serve rigore, serve attenzione.
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Lei non è calabrese, ma oggi è profondamente radicato qui. Perché?
-Perché la Calabria mi ha adottato. È una terra dura ma sincera, che ti chiede impegno e ti restituisce un senso forte di comunità. Qui ho costruito la mia famiglia e qui ho trovato il bisogno vero di una presenza sul territorio.
Da presidente della Commissione Sicurezza di San Vincenzo la Costa ha ottenuto risultati concreti. Qual è la sfida più urgente per i piccoli comuni?
-La sfida è essere ascoltati. Spesso i piccoli comuni soffrono una distanza che non è solo geografica ma istituzionale. Le infrastrutture, come nel caso della strada franata, sono questioni vitali: se si blocca un collegamento, si blocca una comunità.
Dal 2016 guida lo CSAIn Calabria. Come vuole portare avanti la missione dell’ente nei prossimi anni?
-Lo sport deve diventare sempre più uno strumento sociale. Vogliamo creare spazi sicuri, percorsi educativi e reti che tengano insieme famiglie, scuole e associazioni. Lo CSAIn deve essere la casa di chi vuole costruire alternative sane per i giovani.
Due Stelle al merito sportivo del CONI sono un riconoscimento importante. A cosa le attribuisce?
-Le attribuisco alla squadra, non a me. Lo CSAIn in Calabria funziona perché dietro c’è un gruppo di persone che lavora con passione. I riconoscimenti hanno senso solo se diventano incentivo a fare di più.
Qual è, secondo lei, l’emergenza giovanile più sottovalutata in Calabria?
-Il senso di solitudine. I giovani calabresi sono bravissimi, creativi, pieni di talento, ma spesso soli. La solitudine genera fragilità, e le fragilità diventano devianza. Dobbiamo costruire reti di sostegno che siano costanti, non episodiche.
Le “stragi del sabato sera” continuano a essere un dramma. Che cosa servirebbe davvero?
- Serve responsabilità. Delle istituzioni, con controlli più efficaci e campagne mirate, e degli adulti che devono essere presenti. E serve educazione nelle scuole: parlare, ascoltare, mostrare cosa significa rischiare la vita in un secondo.
Il tema dei padri separati è una battaglia che lei porta avanti da tempo. Cosa manca oggi?
- Manca equità. Manca un sistema che riconosca il valore della presenza paterna anche quando la famiglia si divide. Troppi padri perdono il rapporto quotidiano con i figli o sono schiacciati da obblighi economici impossibili. Non è un problema privato, è sociale.
Parliamo di sicurezza. Da carabiniere, quali sono le priorità per la Calabria?
- Tre cose: più organici, più tecnologia e più certezza della pena. Le Forze dell’Ordine fanno miracoli, ma servono strumenti adeguati. La videosorveglianza non è un lusso, è un deterrente. E la certezza della pena è un segnale che lo Stato è presente.
Quanto conta la prevenzione sociale rispetto alla repressione?
-Conta tantissimo. Se una scuola funziona, se una comunità educa, se c’è ascolto, i reati diminuiscono prima ancora che avvengano. La repressione serve, ma da sola non basta mai.
Lei sostiene che lo sport sia un antidoto contro le devianze. In che modo?
- Lo sport educa a rispettare le regole, a fare squadra, a riconoscere i limiti e a superarli in modo sano. Ti fa sentire parte di qualcosa. Ed è proprio quel “sentirsi parte” che salva tanti ragazzi dal margine.
Che cosa manca per rendere lo sport un vero pilastro educativo?
-Serve investire nelle strutture e nella formazione degli educatori sportivi. Un istruttore preparato è un maestro di vita. Se mettiamo risorse lì, cambiamo il futuro di intere generazioni.
Un messaggio diretto ai giovani calabresi?
-Non isolatevi. Cercate spazi, cercate relazioni, chiedete aiuto quando serve. E soprattutto credete in voi stessi: questa terra ha bisogno della vostra energia per rinascere.