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26/12/2025 ore 06.15
Attualità

«C’è chi si diverte e chi neppure mangia»: le feste alla Ciambra di Gioia Tauro tra solitudine, solidarietà e speranza

Nel quartiere ghetto della Piana le festività sono vissute con sentimenti contrastanti: «Ci aiutiamo tra di noi. Bisognerebbe dividerci nel resto della città per sperare in un futuro migliore»

di Giuseppe Mancini

In alcuni contesti, il Natale è un momento di sfida e sentimenti contrastanti. È ciò che accade a Gioia Tauro nel quartiere “ghetto” della Ciambra, noto per essere un'area con una forte presenza di comunità rom e altri gruppi marginalizzati che vivono immersi nella povertà. Le famiglie, spesso ad alto rischio di esclusione sociale, faticano a garantire anche i beni di prima necessità, figurarsi un pranzo festivo o regali. In mezzo a tutto ciò, la speranza continua a pulsare. Centinaia i bambini che convivono con condizioni di estremo degrado, ma con la loro innocenza, guardano al Natale con occhi brillanti e pieni di sogni.

Un desiderio profondo: quello di un futuro migliore, di uguaglianza e dignità. Così, anche in un ghetto come la Ciambra, il Natale si fa spazio tra le difficoltà, invitando tutti a riflettere sull’importanza della solidarietà, della comunità e della speranza. E, in questo gioco di luci e ombre, si riscopre il vero significato della festività: stare insieme, anche quando tutto sembra perduto.

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«Ci riuniamo e stiamo insieme nonostante i tanti problemi. Li superiamo anche così – racconta ai nostri microfoni un abitante del quartiere -. Da una casa andiamo a un'altra e facciamo come se fosse un'unica famiglia. È da sempre che qui c'è questa situazione. Sebbene qualcuno cerchi di aiutarci e si sono visti dei rinnovamenti, le persone purtroppo non migliorano. Ci dovremmo unire tutti e cambiare».

Alla Ciambra, molti alloggi occupati da nuclei familiari sono privi di requisiti igienico sanitari primari. Nel tempo, sono stati rimossi rifiuti, realizzate opere infrastrutturali, ideati progetti di risanamento, reperiti fondi dedicati, con l'amministrazione comunale che ha come obiettivo restituire decoro al quartiere e creare integrazione, ma la situazione non è di semplice risoluzione e stenta a progredire in modo definitivo. Una delle soluzioni prospettate sarebbe la delocalizzazione per favorire l’inserimento nel tessuto sociale.


«Purtroppo, tantissimi ragazzi hanno preso una brutta strada e hanno iniziato a fare danni – ci spiega un altro residente del luogo -. Il futuro qui non c’è, finché siamo tutti riuniti in un unico posto. Se ci dividessimo nel resto della città sarebbe meglio. Come ad esempio, un mio amico si è spostato e ha preso un'altra mentalità. Qui da noi ti uniformi ad un modo di vivere, fare, pensare. Si vedono comportamenti sbagliati e si copiano. Proprio così, tanti giovani si perdono».

Il Natale in questo quartiere si tinge di solitudine e solidarietà. «C'è chi può mangiare e chi no – afferma un uomo che vive in una delle palazzine dell’area -. C’è chi si diverte e chi sta chiuso dentro perché non ha possibilità. Ai più poveri portiamo un pasto, un pezzo di pane. Tra di noi tentiamo di aiutarci. Ad esempio, una nostra parente ha il marito in carcere, i figli le sono stati presi dagli assistenti sociali, ed è abbandonata. La aiutiamo noi per come possiamo, ma per lei il Natale è un giorno come gli altri».

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