Il lavoro per battere la ‘ndrangheta, a Villa San Giovanni il Primo Maggio è un messaggio di speranza
L’intera comunità si è stretta attorno a Emanuele Ionà, imprenditore coraggioso che ha dichiarato la disponibilità a reintegrare nella propria azienda, dopo aver scontato una pena, i responsabili dell’incendio dell’8 aprile scorso
"Il male dell’indifferenza". È questo il titolo forte e simbolico scelto per la manifestazione che si è svolta a Villa San Giovanni in occasione del Primo Maggio, Giornata internazionale dei lavoratori. Un momento di memoria e di denuncia, ma soprattutto di speranza e impegno, che ha visto un’intera comunità stringersi attorno a un imprenditore coraggioso: Emanuele Ionà.
Il titolare della filiale villese di Calabria Motori, recentemente distrutta da un incendio doloso, non si è lasciato piegare dalla violenza mafiosa. L’intimidazione subita, figlia di una mentalità criminale che continua ad avvelenare il tessuto economico e sociale del Sud, non ha scalfito la sua fede nel lavoro come strumento di riscatto. Anzi, Ionà rilancia, affermando con forza la sua fiducia nel potenziale del territorio e nella capacità del lavoro di sottrarre manodopera alla ‘ndrangheta.
Accanto a lui, nel cuore della manifestazione, c’erano i cittadini, l’amministrazione comunale e l’associazione “La Tazzina della Legalità” esempio concreto di attivismo civile. Insieme, hanno voluto lanciare un messaggio chiaro: lo Stato non è assente, e la comunità c’è. Non si può più rimanere indifferenti.
Ionà, nel suo intervento, ha pronunciato parole che vanno oltre il gesto simbolico. Ha dichiarato apertamente la disponibilità a reintegrare nella propria azienda, dopo aver scontato una pena, chi ha commesso quell’atto criminale. Un gesto di rottura e di speranza: offrire un’alternativa reale, dimostrare che il lavoro può essere una via di salvezza anche per chi ha sbagliato.
Emanuele Ionà e quell’incendio che lo ha ferito ma non piegato: «La Calabria voglio raccontarla diversamente»Perché nelle nostre terre, dove la disoccupazione giovanile raggiunge cifre allarmanti e l’emarginazione sociale si fa terreno fertile per la criminalità, il lavoro non è solo un diritto, è una difesa attiva contro le mafie. È un’arma che disinnesca il fascino del “tutto e subito”, delle scorciatoie pericolose e dei soldi facili. Dove c’è lavoro, c’è dignità, c’è futuro. Dove lo Stato garantisce opportunità, la mafia perde potere.
«Bisogna partire dalle scuole, bisogna partire dall’educazione. E soprattutto bisogna che lo Stato collabori affinché le aziende, gli enti in generale, possano essere agevolati nel recupero e nel rientro nella società di persone con precedenti penali. Solo così si può battere. Se queste persone le lasciamo alla fame, sono come gli animali: gli animali, se non mangiano, si infastidiscono. E quindi poi, alcune volte, si trovano costretti a delinquere. Quindi sarebbe bello che un giorno, se lo Stato – tenendosi per mano con tutte le componenti – potesse avviare un serio piano di inserimento sociale di persone con precedenti penali, di persone che vivono in famiglie disagiate, ove poi è inevitabile andare a delinquere».
La manifestazione del Primo Maggio a Villa San Giovanni ha rotto un silenzio spesso colpevole. Ha dimostrato che non basta indignarsi per un rogo, per un’intimidazione, per un sopruso. Serve una risposta concreta, quotidiana, che parta dai territori e coinvolga tutti: istituzioni, cittadini, imprese. E che metta al centro il lavoro come argine alla cultura mafiosa.
In un contesto difficile come quello calabrese, esempi come quello di Ionà accendono una luce. Non eroi solitari, ma cittadini che scelgono di restare, di investire, di credere. Insieme a una comunità che, finalmente, decide di non voltarsi più dall’altra parte.