Il tempo di M. è il tempo sospeso di CasaPaese, qui anche il silenzio ha il suono di una carezza
Uno dei pazienti è stato colpito da un’emorragia sudburale cronica, inoperabile. Ogni forza la sua forza si affievolisce ma qui la vita è accudita fino all’ultimo respiro
Da tre giorni, a CasaPaese, il tempo si è fermato. Viviamo un tempo sospeso, fragile, silenzioso. È cominciato tutto all’improvviso, quando M., uno dei nostri ospiti, è stato colpito da un’emorragia subdurale cronica. Inoperabile, ci hanno detto con una dolcezza che non dimenticherò mai, i neurochirurghi dell’Ospedale Pugliese.
Hanno parlato con rispetto, con quella verità che non ferisce ma accompagna. Eppure, a guardarlo, sembra impossibile crederci. M. dorme, poi si sveglia. Mangia con calma, cammina, sorride. È gentile come sempre, quasi volesse sfidare la vita, come se dentro di sé custodisse un segreto che noi non possiamo comprendere. Ma ogni giorno, piano piano, la sua forza si affievolisce. Fino a quando, ci hanno detto, il suo cuore si fermerà. Senza rumore.
CasaPaese non è abituata alla resa. Qui la vita è accudita fino all’ultimo respiro, e ogni respiro è un atto d’amore. Mi commuove guardare i miei operatori: i loro occhi parlano più delle parole. In questi giorni, ogni gesto è più lento, ogni parola più dolce. Si avvicinano a M. con la stessa cura di sempre. Gli fanno la doccia con delicatezza, gli asciugano il viso, gli mettono la crema, gli sistemano la camicia. Gli parlano piano, come si parla a qualcuno che non deve sentirsi mai solo. Nei loro sguardi si mescolano incredulità e speranza. Speranza che, forse, chissà, un piccolo miracolo possa accadere.
La filosofia di CasaPaese ci chiede proprio questo: restare umani anche quando la scienza non ha più risposte. Ci insegna che anche il limite estremo può essere abitato con dignità, che la normalità va custodita fino alla fine. Perché la vita non è solo ciò che si misura nei parametri medici, ma ciò che si sente nell’anima. Non sappiamo cosa accade nella coscienza di M. Non sappiamo se ha paura, se sogna, se sente la nostra voce. Ma sappiamo che la nostra presenza lo accompagna. E questa, qui, è la cosa più importante di tutte. Abbiamo deciso di raccontare il tempo di M. giorno per giorno. Non per parlare della fine, ma per testimoniare la vita che resiste. La sua, la nostra, quella di chi ancora crede che la cura sia un atto d’amore e che nessuno debba essere lasciato solo, mai. A CasaPaese, anche oggi, il silenzio ha il suono di una carezza. E la vita continua, nella forza discreta della presenza.
*presidente dell'associazione. “Ra.Gi.” di Catanzaro e fondatrice di CasaPaese