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23/09/2025 ore 11.17
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«In Italia si studia per emigrare». L’allarme di Svimez e il dramma del Sud che si svuota sempre più

Negli ultimi 20 anni si registra un forte calo di giovani qualificati e una consistente migrazione dal Mezzogiorno verso il Nord. E la fuga delle competenze porta con sé problemi demografici, impoverimento del capitale umano e difficoltà nell’attrarre investimenti

di Redazione Attualità

«In Italia si studia per emigrare». Un’espressione molto dura e per certi aspetti deprimente. Ma Luca Bianchi, direttore di SVIMEZ, non ci gira intorno: l’Italia forma giovani di grande valore, ma non riesce ad offrire loro un futuro nel paese che li ha istruiti. «In Italia si studia per emigrare» è un paradosso che non solo compromette la crescita del paese, ma rappresenta un gravissimo rischio per la coesione sociale e la tenuta demografica del Paese.

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I numeri non mentono mai. E tutto purtroppo porta ad un saldo migratorio negativo dei laureati verso l’estero e flussi interni rilevanti: nei 20 anni che sono stati analizzati si registra un forte calo del numero di giovani qualificati e una consistente migrazione dal Mezzogiorno verso il Nord. E sono decine di migliaia le persone che si sono spostate alla ricerca di lavoro e prospettive migliori. Per l’Istat l’Italia continua a perdere popolazione e registra flussi migratori interni ed esterni che impattano soprattutto sui territori più fragili.

Entrando nel merito approfonditamente. A lasciare il proprio territorio sono essenzialmente i più qualificati: tra i migranti recenti la quota dei laureati è alta (un giovane su due tra i migranti è laureato; tra le donne la percentuale è ancora più elevata), segno che non è la formazione il problema ma la capacità del sistema economico nel suo complesso di valorizzarla. Le cause sono ormai chiare: scarse opportunità professionali, salari non competitivi, servizi pubblici e infrastrutture insufficienti, una burocrazia esasperante e la pressoché totale mancanza di politiche industriali pianificate per il Mezzogiorno.

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La fuga di competenze ha conseguenze immediate e a medio termine: impoverimento del capitale umano, difficoltà ad attrarre investimenti, indebolimento delle filiere produttive e aggravamento del problema demografico in regioni già segnate dall’invecchiamento incessante.

A livello internazionale, l’Italia è indicata tra i paesi europei più esposti al fenomeno della fuga dei cervelli, con ricadute sulla capacità competitiva dell’intero sistema paese.

Secondo Bianchi e alle analisi di SVIMEZ, interventi episodici o strettamente fiscali — come le semplificazioni delle ZES senza una strategia industriale coerente — non bastano. Servono investimenti pubblici mirati, una politica del lavoro che favorisca l’occupazione stabile e qualificata, e misure per aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Cosa propone SVIMEZ. La ricetta delineata dal direttore comprende più leve: rafforzare il diritto allo studio e le opportunità formative attive, orientare gli investimenti del PNRR (e post-PNRR) verso progetti ad alto impatto occupazionale nel Sud, costruire infrastrutture materiali e immateriali che rendano il territorio competitivo, e sostenere le imprese locali con politiche industriali selettive e a lungo termine..

Il rischio è che, se la politica non reagisce con misure strutturali, il Mezzogiorno continuerà a disperdere le sue migliori risorse e l’intero Paese pagherà il conto: minori entrate fiscali, minore innovazione e una minore capacità di tenere il passo nel mercato europeo e globale. L’urgenza è ormai chiara: trasformare gli strumenti disponibili in progetti credibili e misurabili, con obiettivi territoriali espliciti e garanzie di governance.

L’immagine che Svimez restituisce è un monito: l’istruzione non è più di per sé una garanzia sociale se non è accompagnata da scelte politiche capaci di valorizzare i talenti. La partita per il futuro dell’Italia si gioca, in larga parte, sul recupero di fiducia e concretezza nelle politiche per il Sud. Se lo Stato e il mercato non sapranno offrire alternative credibili alla fuga, la scelta di andare via continuerà a essere, per molti giovani, l’unica opportunità possibile.