La memoria come resistenza civile: perché il 25 aprile deve essere ogni giorno
Le voci di Primo Levi e Anna Frank tra speranza, resilienza e potere della memoria ci ricordano che la Festa della Liberazione è un’eredità da difendere e tramandare
25 aprile, una data fondamentale per la storia della nostra Nazione, la data in cui, nel 1945, l'Italia è stata liberata dall'occupazione nazifascista.
Furono moltissime le città italiane che in quel giorno videro la luce dopo l'occupazione tedesca e del regime fascista. Una data importante per la nostra memoria collettiva. Ricordare significa onorare il coraggio di chi ha lottato per la libertà, per la democrazia e per la dignità dell’Italia.
Furono in molti gli autori della letteratura italiana a scrivere durante il periodo della Seconda Guerra mondiale. In molti, tramite le proprie scritture, riescono a farci vivere nitidamente quegli anni; ogni attimo di terrore ed ogni goccia di sangue versato per consentirci di vivere, oggi, con la dignità della libertà. Tra i vari autori capaci di farci immergere in quel terrore disastroso, vi è Primo Levi, con le sue due opere: Se questo è un uomo (1947) e La Tregua (1963). Tra le voci femminili più autorevoli vi è sicuramente quella di Anna Frank e della sua celebre opera, conosciuta e letta in tutto il mondo: il diario di Anna Frank (1947).
In Primo Levi il racconto è vivido. L'autore non vuole apparire come un eroe né come un martire. Si pone come un testimone.
Il suo libro è un dono doloroso, ma necessario.
"Se questo è un uomo" è un'opera autobiografica in cui racconta la vita nel Lager nazista, dove Primo Levi fu deportato nel 1944, in quanto ebreo. L'autore riesce a raccontarci, con estrema lucidità, i momenti più brutti e disumanizzanti vissuti all'interno del campo di concentramento: la fame, il freddo, la fatica e la perdita della dignità umana. Levi mette in luce non soltanto l'estrema condizione fisica alla quale sono sottoposti i deportati, ma anche la sofferenza psicologica, la solitudine e l’angoscia alla quale sono stati costretti.
Lì dentro sono soli. Soli con tutti. Soli contro tutti. È una condizione umana disumanizzata e disumanizzante.
Mentre molti scrittori trattano del tema della Shoah con lirismo e pathos, Primo Levi, da chimico quale era, osserva e descrive il lager con prontezza, lucidità ed estremo realismo, restituendo al lettore, non solo l’orrore, ma anche il sistema logico della disumanizzazione.
L'opera si conclude con la liberazione da parte dell’Armata Rossa. Ci sarà un seguito nel racconto, perché, il testo pubblicata dallo stesso Levi nel 1963 "La Tregua", si pone come un seguito del primo romanzo, uscito nel 1947 "Se questo è un uomo".
Se il primo romanzo racconta dell'orrore del lager, il secondo racconta del ritorno alla vita dopo la liberazione del 1945. Si presenta con dei toni meno drammatici e meno cupi, in rappresentanza del tema da trattare.
Primo Levi è tra i pochi sopravvissuti rimasti nel campo, troppo deboli per essere evacuati dai nazisti in ritirata. Dopo l'orrore vissuto nel campo, la tregua rappresenta una rinascita lenta e confusa, un tempo di attesa prima del ritorno definitivo all’umanità. La Tregua è un momento di incertezza, di disorientamento.
Il ritorno alla vita dopo la guerra non è stato immediato, ma pieno di ostacoli e domande.
Levi impiega nove mesi per tornare in Italia, attraversando un’Europa devastata dalla guerra. Durante questo viaggio fa incontri di ogni tipo, vive situazioni strane e particolari, a tratti surreali. Osserva una realtà sospesa tra la rovina della guerra e la rinascita che si affaccia al mondo.
Tra le voci più importanti e drammatiche del racconto dell'orrore di quei momenti, vi è Anna Frank (anche conosciuta come Anne Frank), una ragazza ebrea, nata nel 1929 a Francoforte e rifugiatasi con la famiglia ad Amsterdam per sfuggire alle persecuzioni del Nazismo. Dal 1942 al 1944 visse nascosta in un appartamento segreto dietro l’ufficio del padre, chiamato "l’Alloggio Segreto". Durante quei due anni, Anna scrive un diario, in cui racconta, con estrema puntualità, tutto ciò che ha vissuto, dalla paura alla quotidianità sconvolta.
Il diario di Anna Frank non è soltanto il racconto di un periodo oscuro della storia, ma è anche un inno alla speranza, alla resilienza e al potere della scrittura. Pur segregata e in pericolo, ha lasciato al mondo una testimonianza di vita, più forte della paura e della morte stessa.
Il diario si interrompe bruscamente nel 1944, quando la famiglia venne scoperta. Anna morirà a Bergen-Belsen nel 1945. Il diario fu ritrovato e pubblicato nel 1947, dal padre, unico sopravvissuto.
Queste opere, queste penne, queste voci, devono essere conosciute e lette da tutti, oggi più che mai. In un mondo dove i diritti non sono mai garantiti per sempre, è importante ricordare l'orrore di ciò che è avvenuto, cercando di apprezzare pienamente il valore della libertà, della pace. Una pace sempre più utopistica e irraggiungibile.
Il 25 aprile non è solo una data da ricordare, è un’eredità da difendere e tramandare, perché ogni conquista civile nasce dal coraggio e dalla partecipazione di grandi donne e di grandi uomini. È grazie a loro se oggi "siamo" ed "esistiamo".
Il 25 aprile deve essere oggi, ieri, domani. Il 25 aprile deve essere sempre.