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22/11/2025 ore 06.47
Attualità

Le carceri nel terzo mondo un girone infernale, i detenuti murati vivi: qui la pietà non esiste

Uomini, donne e ragazzi scontano pene inflitte per reati non sempre accertati e commessi, in un Paese in cui da tre anni c'è un regime dittatoriale e il diritto alla difesa è una carissimo optional

di Davide Zicchinella*

Prosegue la serie relativa alla missione del dottore Davide Zicchinella, sindaco di Simeri, pediatra, che si trova nel paese africano per il quarto anno consecutivo allo scopo di dare una mano alla popolazione e curare i bambini. 

Se in un Paese come il nostro, membro del G7, la situazione carceraria, in alcune realtà, è prossima al terzo mondo, figuriamoci come possano essere le carceri nel terzo mondo effettivo.

Quest'anno con la nostra missione siamo entrati nel principale carcere del Burkina Faso, il "Casa di Arresto e Correzione" della capitale Ouguadagoudou. Un terribile girone dell'inferno dantesco dove uomini, donne e ragazzi scontano, promiscuamente, pene inflitte per reati non sempre accertati e commessi, in un Paese in cui da tre anni c'è un regime dittatoriale ed il diritto alla difesa è una carissimo optional.

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Non ci è stato consentito di vedere i luoghi di detenzione, ma solo gli spazi aperti, e le poche foto che abbiamo potuto fare le abbiamo fatte ovviamente di nascosto, veramente a nostro rischio e pericolo.

Nell'area aperta e comune ci sono tre luoghi di culto, una moschea, e due chiesette cristiane una cattolica e una evangelica. Negli spazi comuni oltre alla polizia carceraria possono sostare i detenuti che entro 3/6 mesi avranno espiato le loro pene detentive, ed a loro, vestiti con una uniforme verde, è demandata la manutenzione e la gestione logistica della struttura carceraria.

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I detenuti che hanno commesso (presunti) reati più gravi sono ammassati nelle celle dove non ci sono sbarre perché, di fatto, questi dannati in terra sono murati e arsi vivi, dalla terribile calura africana, senza nessun briciolo di pietà.

Ho ancora forte nelle orecchie le grida di alcuni detenuti, che sporgendo la testa dall'unico pertugio che li collega al mondo esterno (prima foto), invocavano giustizia e pietà. È veramente disumano e duro essere gli ultimi fra gli ultimi, in una società debole e corrotta, in cui l'umanità ha il colore dei mattoni ricotti quotidianamente al sole.

*Medico pediatra e sindaco di Simeri Crichi