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02/11/2025 ore 17.57
Attualità

L’IA contro l’esodo: ecco perché il nuovo rettore dell’Unical può rendere il campus “villaggio globale” e salvare la Calabria dall’oblio

È iniziata ufficialmente l’era del “techno-sciamano” che punta a trattenere i giovani, riaccendendo l’immaginario di una regione dimenticata: così vuole trasformare l’ateneo nel motore culturale della nostra regione

di Gianfranco Donadio*

In Calabria, l’elezione di un rettore non è mai solo un atto amministrativo, ma un rito di passaggio carico di significato. Il 30 settembre 2025, quando Gianluigi Greco ha raccolto il 78% dei consensi per guidare l’Università della Calabria, il campus di Arcavacata ha celebrato qualcosa di più profondo di un’urna elettronica: ha rinnovato un patto tra la “terra” e i suoi “figli di carta”, tra il suolo aspromontano e le reti neurali che lo mappano.

Il leader di una comunità accademica è un “techno-sciamano”, mediatore tra il mondo degli spiriti – i saperi – e il mondo dei corpi – la società. Gianluigi Greco, cosentino del 1977, ex studente dell’Università della Calabria e ordinario di Informatica, rappresenta questa figura ibrida. Non brandisce un bastone rituale, ma presiede l’AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale), coordina la task force nazionale sull’IA istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e trasforma algoritmi in politiche pubbliche. In una regione dove circa il 26% dei giovani under 30 sono Neet – non studiano né lavorano, e molti emigrano in cerca di opportunità – il suo sapere non è “conoscenza astratta”, ma uno strumento di “retention”. Un incantesimo che trattiene i talenti, promettendo che il futuro si possa coltivare qui, non solo sognare altrove.

Unical, da Andreatta a Greco: così l’università calabrese è diventata un simbolo del riscatto del Sud

Ogni cultura ha il suo “centro del mondo”. Per i calabresi, Arcavacata è diventato questo “omphalos” laico: un villaggio di 30.000 studenti dove si parla dialetto cosentino accanto a Python, la mensa e i bistrot universitari evocano un nuovo focolare. Greco non mira solo ad amministrare un campus, ma a “abitarlo” in senso antropologico, trasformandolo in un “oikos” – una casa – che si espande fino alle serre di Lamezia, alle aziende di Vibo e alle comunità arbëreshë. Il suo programma – focalizzato su Formazione, Ricerca, Collaborazione con la Società e Persone – è una carta costituzionale per questo “villaggio globale locale”. Qui, dove il PIL pro capite calabrese è circa il 58% della media UE, la conoscenza diventa la “ferita” da curare, non con cerotti, ma con innovazione concreta.

Nelle società tradizionali, il dono genera obblighi. L’università, nutrita da fondi pubblici, deve restituire “valore sociale”. Greco lo chiama “terza missione”, ma antropologicamente è un “potlatch” moderno: l’ateneo offre startup, formazione continua e hub digitali, chiedendo alla Calabria di “credere in se stessa”. Il Digital Innovation Hub Calabria è emblematico: un contadino di Cropani potrebbe imparare a usare droni per l’agricoltura di precisione, una ragazza di San Luca a codificare un’app per il turismo esperienziale. Il sapere smette di essere “proprietà” e diventa “legame”, un ponte tra accademia e territorio che genera occupazione qualificata e frena l’emigrazione.

A 48 anni, Greco è il secondo rettore più giovane nella storia dell’Università della Calabria, dopo il fondatore Beniamino Andreatta. Nella mitologia, il “trickster” rompe schemi, ride delle gerarchie e apre varchi. La sua giovinezza non è un limite, ma un “dispositivo culturale” che segnala: la Calabria può smettere di essere la “regione dei nonni” e diventare quella “dei nipoti che programmano”. Il suo 78% di voti non è mero consenso, ma una “profezia auto-realizzante”: quando una comunità elegge un coetaneo, si dice che “possiamo ancora inventare il futuro”.

Le università online rubano iscrizioni con la promessa di “studio ovunque”. Greco risponde col “corpo”: il campus come luogo fisico dove si suda in laboratorio, si litiga in assemblea, si innamora in biblioteca. È una resistenza al “disembodiment” della conoscenza. In una regione dove la “presenza” resta valore – dalla festa patronale al caffè al bar, al funerale collettivo – l’ateneo materiale è l’ultimo baluardo contro la “diaspora digitale”, radicato nel territorio per innovare agricoltura, sanità e turismo con l’IA.
Il nuovo rettore dell’Unical è un “esperimento culturale”. Se riuscirà a fare di questa università un “villaggio globale” che crea posti di lavoro qualificati, riduce l’esodo dei talenti e innova i settori chiave con l’intelligenza artificiale, la Calabria diventerà un caso studio: come una periferia europea possa “ri-centrarsi”, usando la globalizzazione senza subirla.

Il 1° novembre 2025, giorno del suo insediamento ufficiale, non è iniziato un semplice mandato, ma un “ciclo rituale”. Starà a noi – studenti, docenti, cittadini – partecipare al banchetto o restare spettatori. Le culture non muoiono per mancanza di risorse, ma per mancanza di “narrazioni condivise”. Gianluigi Greco ne offre una potente: “La Calabria non è un problema da risolvere, ma un algoritmo da ottimizzare con il cuore”. Se ci crediamo, il codice compilerà.

*Documentarista