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14/05/2025 ore 09.38
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Libertà di stampa sempre più sotto assedio: il mondo scivola nell’oscurità, l’Italia perde terreno

Il nostro Paese, secondo Reporter sans frontières, si trova in una situazione “problematica”, non tanto per attacchi diretti ai giornalisti quanto per una pressione sistemica, economica e politica che rischia di compromettere gravemente l’indipendenza dell’informazione

di Redazione Attualità
Giornali, immagine di repertorio

Il 3 maggio, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa proclamata dalle Nazioni Unite, è stato pubblicato l’Index 2025 di Reporter sans frontières (RSF). Il quadro che emerge è preoccupante, se non drammatico: per la prima volta nella storia dell’indice, oltre la metà dei Paesi del mondo è classificata come avente una situazione “difficile” o “molto grave” in termini di libertà di stampa. Solo un quarto delle nazioni può vantare una situazione “soddisfacente”.

L’Italia scivola dal 46° al 49° posto: un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Il nostro Paese, secondo RSF, si trova in una situazione “problematica”, non tanto per attacchi diretti ai giornalisti — pur presenti — quanto per una pressione sistemica, economica e politica, che rischia di compromettere gravemente l’indipendenza dell’informazione. Siamo arrivati al punto che perfino il Presidente del Consiglio per non dire i ministri hanno querelato giornalisti scomodi. Quasi fosse un segnale verso tutti gli altri.

Ma leggendo i dati di Ossigeno per l'informazione, la stragrande maggioranza delle azioni giudiziarie intentate contro i giornalisti, non arriva a sentenza. E come ha avuto modo di affermare il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Bartoli: «C'è un problema di leggi ma anche di comportamenti, ogni critica viene presa come lesa maestà».

Il prezzo della verità: attacchi e pressioni

RSF, ong con sede a Parigi e partner consultivo delle Nazioni Unite, monitora da anni la situazione dei media nel mondo. Il rapporto 2025 sottolinea come, pur essendo gli attacchi fisici contro i giornalisti la violazione più evidente, le pressioni economiche siano oggi il nemico più subdolo della libertà di stampa.

Ci sono tanti gruppi di potere, leciti e illeciti, tanti potentati economici, fondazioni private, gruppi industriali e perfino istituzioni pubbliche possono esercitare, e spesso esercitano, pressioni dirette o indirette sul lavoro giornalistico, determinando cosa si può raccontare e cosa no. In contesti dove i media sono economicamente fragili o concentrati in poche mani, questo tipo di pressione non lascia lividi visibili, ma corrode dall’interno l’autonomia editoriale e la credibilità dell’intero sistema informativo.

Il caso Italia: tra concentrazione, incertezza e bavagli invisibili

Nel dettaglio, il rapporto RSF denuncia in Italia:

• Concentrazione della proprietà dei media in pochi grandi gruppi editoriali o industriali con interessi trasversali.

• Pressioni degli inserzionisti che condizionano la linea editoriale, soprattutto nei grandi quotidiani e in alcune televisioni.

Fondi pubblici all’informazione spesso distribuiti in modo poco trasparente o clientelare.

Crescente precarizzazione della professione giornalistica, con freelance sottopagati e meno liberi di svolgere inchieste scomode.

Diffamazione a mezzo stampa ancora punita penalmente, con giornalisti sottoposti a querele temerarie da parte di potenti, politici o aziende.

Tutti questi fattori alimentano un clima in cui l’informazione indipendente diventa sempre più rara e difficile da produrre. Non mancano, purtroppo, anche episodi di intimidazione fisica o verbale, soprattutto nei confronti di cronisti che si occupano di criminalità organizzata o corruzione.

Gaza, silenzi e censura: la libertà muore anche dove la guerra tace

Il rapporto dedica uno spazio importante anche alla situazione nei territori di guerra o in aree sotto regimi autoritari, come Gaza, dove i giornalisti operano in condizioni estreme, rischiando la vita ogni giorno. In questi contesti, la libertà di stampa è spesso la prima vittima, e il silenzio mediatico che ne deriva nasconde abusi, crimini e tragedie umanitarie.

Le guerre contemporanee non si combattono solo con le armi, ma anche con la propaganda e il controllo dell’informazione. Le immagini, le testimonianze, le narrazioni sono diventate armi strategiche e, per questo, i giornalisti sono visti come minacce da neutralizzare, anziché garanti di trasparenza e verità.

Le conseguenze per la democrazia

Il deterioramento della libertà di stampa non è un problema solo per i giornalisti. È un sintomo chiaro della fragilità delle democrazie. Senza un’informazione libera e pluralista:

• I cittadini non sono in grado di formarsi un’opinione consapevole, perché ricevono notizie distorte, incomplete o filtrate.

• Il potere pubblico e privato sfugge al controllo dell’opinione pubblica, potendo agire impunemente.

• Il dibattito democratico si impoverisce, sostituito dalla propaganda, dalla disinformazione o dal sensazionalismo.

• La sfiducia nei media e nelle istituzioni cresce, alimentando il populismo e la polarizzazione.

Come ammoniva Norberto Bobbio, “una democrazia senza informazione è una contraddizione in termini”. E quando l’informazione diventa merce o strumento di potere, la democrazia si svuota, anche se continua a funzionare formalmente.

La libertà di stampa è il termometro dello stato di salute di una società democratica. I dati del rapporto RSF 2025 sono allarmanti, ma non devono portarci alla rassegnazione. Servono riforme strutturali, sostegno al giornalismo indipendente, regole chiare sulla proprietà dei media, tutela reale per chi fa informazione con coraggio e rigore.

In un mondo in cui la manipolazione dell’informazione è sempre più sofisticata, difendere il diritto di sapere è difendere la nostra libertà. Perché senza libera informazione, non può esserci giustizia, né democrazia.