L’inverno demografico e la grande paura al Sud: entro il 2050 l’Italia sarà più vecchia, sola e fragile
Il nuovo rapporto Istat fotografa un Paese in declino demografico, tra spopolamento dei piccoli centri, famiglie sempre più ridotte e un sistema pensionistico a rischio
La popolazione italiana si avvia verso un futuro allarmante: più anziana, più sola e più fragile. Secondo l’ultimo rapporto Istat, entro il 2050 oltre 11 milioni di persone vivranno da sole, pari al 41,1% delle famiglie, e più di 6,5 milioni saranno anziani soli. In crescita anche i genitori single, destinati a toccare quota 3,2 milioni, il 12,1% del totale. Sul fronte del lavoro, la fascia 15-64 anni perderà 7,7 milioni di unità, scendendo da 37,4 a 29,7 milioni di persone, con ricadute pesantissime sul sistema pensionistico e sul welfare.
Il Mezzogiorno sarà l’area più colpita. Nei prossimi venticinque anni perderà 3,4 milioni di abitanti, destinati a diventare quasi 8 milioni entro il 2080. Lo spopolamento dei piccoli comuni del Sud, già in atto, rischia di trasformarsi in una vera desertificazione sociale, con la chiusura di servizi essenziali e un aumento delle diseguaglianze territoriali. Le famiglie cambieranno volto: solo una su cinque sarà composta da una coppia con figli, mentre le cosiddette famiglie “senza nuclei” – persone sole o coabitazioni non familiari – arriveranno al 44,3% del totale. La dimensione media delle famiglie scenderà a 2,03 componenti.
Il calo della natalità è altrettanto drammatico: tra oggi e il 2080 nasceranno 20,5 milioni di bambini a fronte di 43,7 milioni di decessi. I minori di 14 anni scenderanno all’11,2% della popolazione, mentre le donne in età fertile caleranno da 11,5 a 9,1 milioni. Per compensare la carenza di manodopera e sostenere il sistema produttivo, l’Italia dovrà affidarsi sempre di più all’immigrazione: il nuovo decreto flussi prevede quasi 500mila ingressi legali nel triennio 2026-28, circa 50mila in più rispetto al periodo precedente. Resta da capire se questo aumento riuscirà a ridurre gli arrivi irregolari e quali effetti di lungo periodo produrrà sull’equilibrio sociale del Paese.
L’Italia è un caso anomalo nella storia delle migrazioni: oggi ospita circa 6 milioni di stranieri residenti, più quasi 2 milioni che hanno acquisito la cittadinanza, pur avendo un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa. Se avessimo il tasso olandese, avremmo il 30% di occupati in più. Invece, molti stranieri lavorano in nero o in settori a basso valore aggiunto, e il 30% delle famiglie con almeno un componente straniero vive in povertà assoluta. Il fenomeno migratorio, inserito in un contesto occupazionale debole, rischia così di alimentare squilibri sociali, più che di colmarli.
Il problema, spiegano diversi analisti, non è solo demografico ma politico. Da oltre vent’anni la gestione della “cosa pubblica” si limita a rincorrere emergenze senza una vera visione strategica. La politica si rifugia nel tempo futuro delle promesse o nei condizionali dell’opposizione, senza mai assumersi le responsabilità del passato. Così, di fronte a titoli allarmistici sullo spopolamento, l’opinione pubblica resta quasi assuefatta, mentre le azioni concrete si limitano a bonus temporanei per natalità, casa o assunzioni giovanili.
Eppure, il rapporto Istat e le indicazioni europee parlano chiaro: serve un piano nazionale integrato sui quattro pilastri individuati dalla strategia UE per contrastare l’emergenza demografica – famiglia, giovani, anziani e migranti – capace di incidere sugli stili di vita e sulle prospettive di lungo periodo. Senza una visione strategica, gli interventi resteranno disarticolati e improduttivi.
L’Italia ha bisogno di una controrivoluzione culturale che rimetta al centro la natalità, l’inclusione dei giovani nel lavoro, la valorizzazione della terza età e un’integrazione sostenibile dei flussi migratori. Continuare a gestire la crisi demografica con il “presentismo” delle misure tampone significa condannare il Paese a un futuro di solitudine e fragilità, con il rischio concreto che nel 2050 gli over 85 diventino la maggioranza e il sistema pensionistico collassi. Solo una politica capace di guardare lontano potrà trasformare la grande paura in una sfida vinta.
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