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25/12/2025 ore 16.00
Attualità

L’uncinetto che addobba Diamante e cura le ferite: «Non volevo più vivere, grazie a questa iniziativa sono rinata»

Ogni mattonella di lana e filo porta con sé una storia che merita di essere raccontata. Tra queste, c’è quella di Esterina Nervino, che dapprima ha perso figlia, nipote e marito, e sentiva di non voler più vivere. Fino a che una mattina ha ricevuto la chiamata di Angela Marra

di Francesca Lagatta

Anche quest’anno, a Diamante, il Natale brilla di luci e colori. A rendere l’atmosfera natalizia ancora più calda e avvolgente, ci ha pensato un gruppo di circa sessanta donne che si è riunito e ha lavorato all’uncinetto per settimane, mesi, per riuscire a decorare la parte centrale del paese. L’idea, originariamente, è venuta all’assessore comunale Micaela Belcastro, che ha chiesto ad Angela Marra, appassionata di ago e filo sin da bambina, di coordinare i lavori. Angela ha fatto un giro di telefonate e in men che non si dica ha riunito tutte al Museo Dac, messo a disposizione dal sindaco Achille Ordine.

Dalle mani esperte e meno esperte delle partecipanti, tra un dolcetto e una chiacchiera, sono nate mattonelle di filo colorate, che successivamente sono state utilizzate per realizzare alberi di Natale, calze e persino due presepi. Ma la vera magia è stata un’altra. Grazie al calore umano, a cui siamo sempre meno abituati, ogni partecipante ha messo a nudo la propria anima e condiviso con le altre le proprie preoccupazioni e i propri drammi, tra sorrisi e lacrime amare. Ogni mattonella di filo porta con sé una storia, come quella di Esterina Nervino, che ha perso figlia, nipote e marito e, finalmente, ha ritrovato la gioia di vivere.

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Il dramma della solitudine

Nell’era dei social network, troppo spesso dimentichiamo quanto faccia bene una parola di conforto detta guardandosi negli occhi o, meglio ancora, un abbraccio sincero. Ma quando succede, le anime ferite risanano. È in questo contesto che si è sviluppata l’iniziativa del Natale all’uncinetto di Diamante ed è per questo che tra coloro che hanno partecipato, tante sono donne vessate dalla solitudine o dalla sofferenza, che stanno attraversando un periodo buio.

C’è Patrizia, paziente oncologica, per cui il lavoro all’uncinetto è metafora della sua vita: compone, allunga, abbellisce, accende le luci, vuole sentire di essere ancora utile. E poi le risate sono parte della terapia; c’è Catia, tornata a vivere a Diamante dopo un incidente, avvenuto tre anni fa, che l’ha paralizzata dalla vita in giù. Aveva difficoltà ad accettare la sua nuova condizione e, a dirla tutta, non sapeva neppure usare l’uncinetto. Ma le sue amiche le hanno fatto capire che la sua presenza era importante comunque e ora sa che la vita è bella anche se ci si sposta su una sedia a rotelle. Sarà lei a occuparsi dell’iter burocratico per la nascita della nuova associazione.

La storia di Esterina

Poi c’è Esterina Nervino, la più anziana del gruppo, che è letteralmente tornata a nascere grazie al gruppo dell’uncinetto. Esterina, che ha i capelli color argento, ha lavorato fino all’una di notte per realizzare le mattonelle di filo, proprio quando credeva di non avere più nemmeno la forza. La sua storia è di quelle che tolgono il fiato. Quasi ventisei anni fa ha perso la figlia Teresa, 36 anni, e il nipote Vincenzo, 13, in un incidente stradale. Da quel giorno per lei è finito tutto. Non ha mai più festeggiato il Natale o passato una serata in pizzeria. In tutti questi anni, la sua unica consolazione era poter andare tutte le mattine al cimitero, sorretta dall’amore di tutta una vita, suo marito Pasquale. Ma cinque anni fa, Esterina ha perso anche lui e ha cominciato a non uscire più nemmeno di casa.

«Ci sono stati momenti – ci racconta la donna – in cui le mani tremavano e io non volevo vivere più». Esterina progettava di sottrarsi al dolore nel peggiore dei modi. «Sono andata avanti solo per amore dell’altro mio figlio, che vive ancora con me. Ho pensato che senza di me sarebbe rimasto solo».

Il gruppo dell’uncinetto

Fino a che, qualche tempo fa, Angela Marra non le ha chiesto di partecipare alla sua iniziativa. Esterina ha accettato, lo ha fatto per noia, ma poi, man mano che imbastiva lana e filo, si è sentita rinascere. Saranno stati gli abbracci, le risate a tutte le ore del giorno, i thé caldi delle cinque o i dolcetti a merenda portati dai passanti, o semplicemente il calore umano, ma Esterina è tornata a sorridere dopo tanto tempo, ha ritrovato le forze e ricominciato a lavorare. Non tanto per decorare una piazza, una strada, una via, ma per ricucire un pezzo di sé stessa.

«Anche se il dolore non passa – confessa –. Quando perdi una figlia, un nipote e poi anche tuo marito, finisce tutto». Eppure, in mezzo a tutto quel dolore che ti penetra nelle ossa, qualcosa si è mosso. L’incontro con le altre donne, la condivisione, il sentirsi parte di un gruppo, le ha fatto provare di nuovo la gioia di stare al mondo. «Mi sono sentita molto meglio – dice – devo ringraziare chi ha organizzato tutto questo, mi ha aiutata davvero». Ed ora non vede l’ora di ricominciare. Lo deve a Teresa, a Vincenzo e a Pasquale, che vegliano da lassù.

L’importanza del calore umano

A Diamante, il Natale all’uncinetto non è solo scenografia. È un messaggio all’umanità. È la dimostrazione che stare insieme può salvare, che la bellezza può nascere anche dalla sofferenza e che nessuno dovrebbe essere lasciato solo. Non solo a Natale, ma tutti i giorni dell’anno.