Ma quanto guadagna davvero un influencer? Dopo il pandoro della Ferragni, il business dei social cresce ancora
Il caso riguardante la ex moglie di Fedez ha scosso il settore, ma non lo ha affondato. Le aziende investono ancora e preferiscono profili medi e specializzati. I guadagni calano, ma solo in parte. E spuntano i primi influencer virtuali
Diciotto mesi dopo il terremoto mediatico del pandoro Balocco, che sembrava sul punto di affondare l’intero universo degli influencer, il marketing via social è ancora in piedi. Non solo: gode di buona salute. È cambiato, certo. È diventato più cauto, più selettivo, più attento alla reputazione. Ma non è affatto sparito, anzi: continua a crescere. Secondo l’ultimo report di DeRev, società specializzata in strategie digitali, il mercato italiano dell’influencer marketing nel 2024 vale 370 milioni di euro, con una crescita del 6,32% rispetto all’anno scorso. E dovrebbe chiudere l’anno a 385 milioni. Per dare un’idea: nel 2020 si parlava di 243 milioni.
I settori più attivi sono la moda (26% degli investimenti), il cibo (18,2%), la tecnologia e i videogiochi (15%), seguiti dai viaggi (12,5%). Il tutto nonostante i cachet siano in leggero calo su quasi tutte le piattaforme: –5,5% su Facebook, –6,55% su YouTube, –2% su TikTok. Solo Instagram tiene, con un lieve +0,43%. Una flessione fisiologica, dovuta sia all’aumento dell’offerta (gli influencer sono sempre di più), sia a una maggiore prudenza da parte delle aziende, che oggi puntano soprattutto su creator di fascia media, nativi digitali con competenze specifiche, e molto meno sulle celebrity.
Secondo Roberto Esposito, CEO di DeRev, «il 2024 è stato l’anno della caduta delle grandi star dei social, che avevano costruito il proprio successo anche al di fuori delle piattaforme. Le aziende oggi preferiscono creator più piccoli, ma più credibili, meno esposti a crisi reputazionali e più controllabili dal punto di vista dell’immagine». È l’effetto diretto del caso Ferragni-Balocco: il timore di veder crollare la propria brand reputation per colpa di un testimonial sbagliato ha reso i brand più selettivi. Meglio affidarsi a profili da 50-100 mila follower che, seppur con audience più limitata, sono più stabili, coerenti, e spesso più in sintonia con le community di riferimento.
Il listino aggiornato di DeRev conferma questa tendenza: su Instagram crescono i compensi per micro e mid-tier influencer (+33% e +8,3%), così come su TikTok (+13,3% e +6,2%). Su YouTube, la piattaforma dai cachet più alti, la crescita riguarda solo i macro e mega influencer (+5% e +2,7%). Le celebrity, invece, segnano i cali più forti: –19,2% su Instagram e –15% su YouTube. Anche i creator con meno di 10 mila follower soffrono: troppa concorrenza e pochi spazi.
Il settore, però, resta strategico. Secondo Esposito, «l’influencer marketing è ancora uno degli strumenti pubblicitari più efficaci, perché consente di misurare con precisione il ritorno sull’investimento e si integra perfettamente con la crescita dell’e-commerce». E anche se Facebook perde centralità, il mercato trova nuove vie: aumentano i contenuti video, l’uso dell’AI e persino i primi influencer virtuali, ovvero personaggi generati digitalmente che iniziano ad attirare l’attenzione dei brand.
Nel frattempo, gli utenti diventano più attenti. Sempre più persone distinguono tra contenuti autentici e scenari costruiti, tra storytelling efficace e finzione ostentata. L’epoca delle vacanze perfette, delle relazioni da copertina e dei gesti di beneficenza mostrati come trofei sembra in crisi. E proprio il caso Ferragni ha lasciato una scia duratura: ha alzato l’asticella della trasparenza, ha innescato un’ondata di scetticismo verso i profili troppo “glitterati” e ha spinto le community a pretendere maggiore sincerità, non solo dalle celebrity, ma anche dai microinfluencer.
Il futuro? Secondo gli esperti, sarà sempre più orientato all’autenticità e alla credibilità, con contenuti di valore, relazioni più strette tra influencer e pubblico, e brand più attenti a ciò che i creator fanno anche fuori dai social. Un mondo più complesso, certo. Ma forse anche più maturo.