Manovra di bilancio 2026: il giudizio della Svimez tra opportunità e rischi per il Mezzogiorno
Accolta positivamente l’introduzione di un finanziamento strutturale per la Zes unica ma i tagli strutturali alle risorse, la debolezza degli strumenti di gestione e controllo e la scarsità di fondi per i servizi essenziali costituiscono un serio freno
La manovra di bilancio 2026 si presenta come una sfida cruciale per il Mezzogiorno, sospesa tra alcune opportunità e rischi concreti. La Svimez, nell’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, accoglie positivamente l’introduzione di un finanziamento strutturale per la ZES Unica, con risorse certe per il triennio 2026-2028 (2,3 miliardi nel 2026 con riduzioni negli anni successivi). Questa misura offre stabilità e riduce l’incertezza per le imprese, consentendo una pianificazione più efficace degli investimenti.
Tuttavia, la manovra si muove su un terreno prudente, con l’obiettivo di ridurre deficit e debito in coerenza con Bruxelles, rinunciando a stimoli espansivi.
Questo approccio, neutrale rispetto alla crescita, rischia di rallentare lo sviluppo del Sud, che aveva tratto maggiori vantaggi dalle fasi espansive precedenti.
Manovra di bilancio: dalla riorganizzazione della Zes ai tagli che mettono a rischio crescita economica e coesione socialeUn capitolo critico riguarda i tagli complessivi agli investimenti: la spesa in conto capitale subirà un decremento di 4,7 miliardi nel 2026, per effetto soprattutto della rimodulazione del PNRR, mentre il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) vedrà riduzioni per 300 milioni nel periodo 2026-2028, con una diminuzione complessiva di 2,4 miliardi. Per mitigare l’effetto negativo, è stata introdotta una “clausola del 40%”, che obbliga le amministrazioni centrali a destinare almeno il 40% delle risorse ordinarie in conto capitale al Mezzogiorno. Tuttavia, questa clausola non è accompagnata da sanzioni o efficaci meccanismi di controllo, il che rende la sua efficacia incerta.
Sul fronte del welfare, la situazione risulta allarmante: i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) sono finanziati con risorse modeste e parziali. Nel 2026 sono stanziati 700 milioni, con incrementi modesti nei due anni successivi, ma la gran parte dei nuovi LEP, soprattutto quelli per équipe multidisciplinari, dovrà essere finanziata da regioni ed enti locali, fatta eccezione per i servizi domiciliari. Inoltre, la ripartizione dei fondi rimane ancorata alla logica della “spesa storica”, penalizzando le aree più svantaggiate e consolidando i divari territoriali.
In sintesi, se da un lato la ZES Unica rappresenta un punto di forza per la ripresa economica del Sud, dall’altro i tagli strutturali alle risorse, la debolezza degli strumenti di gestione e controllo e la scarsità di fondi per i servizi essenziali costituiscono un serio freno. Per evitare che il Mezzogiorno resti intrappolato in un divario “cristallizzato”, è necessaria una politica di coesione più decisa e investimenti certi e mirati, capaci di sostenere la crescita e garantire equità territoriale.