«Non è un Natale felice»: tra povertà, solitudine e fragilità Anteas pensa alla Calabria dei senza diritti
Romolo Piscioneri, presidente regionale dell’associazione di solidarietà, lancia un appello a istituzioni e comunità: «Invochiamo maggiore responsabilità e tutele per le famiglie in difficoltà, i disagiati, gli esclusi da circuiti culturali, sociali, economici»
Sempre più difficile: il Natale dei poveri ha poco a che vedere con i lustrini degli aperitivi in centro. Lo sa bene Romolo Piscioneri, presidente di Anteas, associazione che si occupa di solidarietà e che ogni giorno si confronta con i problemi dei meno abbienti.
La domanda che tutti si pongono, in un contesto economico e sociale complesso come quello calabrese, è racchiusa in tre parole: "Che Natale è" per le fasce più deboli?
«Un Natale poco felice vissuto nel quotidiano sacrificio e stenti per migliaia di persone, viste le condizioni sociali di una regione, che nonostante gli sforzi fatti, continua ad occupare uno degli ultimi posti sulla scena nazionale. Molte misure adottate non hanno prodotto gli effetti sperati. Aumentano le richieste di aiuto alle mense della Caritas, segno di un malessere che va guardato in profondità, parlare del pudore dei sentimenti con chi vive ai margini di una comunità senza il necessario ascolto, le giuste considerazioni e buone prospettive di futuro. Non è solo un problema di nutrito carrello della spesa, ma investe i tanti diritti negati, l’accesso alle cure, agli studi, ai servizi alla persona. Un continuo allontanarsi dalle altre realtà del paese, un eterno rimanere indietro che travolge il lento progredire delle fasce più esposte e deboli. È tempo di valutare con grande oculatezza i risultati e l’efficacia dei provvedimenti adottati, affinché si giunga a mirate e opportune iniziative di contrasto alla povertà, senza trascurare l’indifferenza verso la povertà, insulto che si fa largo, amplifica il dolore, segna chi non ha niente, proprio in questi giorni di festività. Non basta quanto è stato fatto, bisogna organizzarsi e attrezzarsi per poter fare di più. Contro la povertà, tutti dobbiamo fare e dare di più, poiché anche nella povertà c’è vita».
Entriamo nel dettaglio delle diverse fragilità. Partiamo dagli anziani, spesso soli, che rappresentano una fetta importante della popolazione calabrese. Quali sono le loro principali preoccupazioni in vista delle festività?
«Le festività natalizie sono sorrette dalla fede, amicizia, speranza, ma il cuore degli anziani si spezza quando nessuno li cerca.È il momento più triste. La solitudine rischia di essere il vero male di questo secolo, soprattutto quando si è anziani e esclusi o messi ai margini della società. Risuona in ciascuno quel senso di abbandono, nessuno che ti guarda negli occhi, tende la mano per una carezza, si prende cura della persona. Uno smarrimento in quel senso di inutilità che brucia dentro, consuma lentamente, spegne la fiducia verso il futuro. Rimanere da soli porta dolore e delusione della vita, in una situazione che rischia di peggiorare a seguito del crescente invecchiamento della popolazione, con i disagi gestionali, propri, di chi tende verso la non autosufficienza. È il momento di costruire una rete di valorizzazione e protezione degli anziani, interagendo con le comunità per scongiurare ogni forma di esclusione sociale e stimolando al dialogo e confronto tutti quelle persone che ancora, nonostante l’età, hanno tanto da trasmettere, da comunicare alle giovani generazioni, in forza di un vissuto ricco di esperienze e sapere che non possono disperdersi per mancanza di dialogo intergenerazionale. Il dialogo intergenerazionale è un valido strumento contro la dilagante solitudine e eccesso di stazionamento nelle case di riposo per anziani».
E per quanto riguarda i nuclei familiari in difficoltà e i disagiati?
«Vanno sostenuti mediante la creazione di nuove linee di programmazione e strategia dedicata, confidando sulla possibilità di avvalersi di un organizzato terzo settore, che mai potrà supplire a ciò che le istituzioni pubbliche e la politica devono necessariamente fare, ma può aiutare a mitigare le complessità di molte famiglie disagiate e in difficoltà. Deve maturare la cultura di aiutare chi vive il disagio, la volontà di darsi un orientamento su presupposti concreti di vera vicinanza e cura. Un sistema di aiuto studiato per alleviare il disadattamento sociale di nuclei familiari in difficoltà che lottano ogni giorno contro momenti di miseria e stenti. Un agire comune per ridurre le difficoltà e riconoscere il bisogno di organizzare risposte adeguate, dedicando una congrua dotazione finanziaria, utilizzata per sollevare dal rischio povertà quei nuclei familiari a basso reddito. La vicinanza come strumento per garantire appropriati servizi in una lungimirante costruzione di utile rete solidale. Le famiglie in difficoltà non possono essere mai lasciate da sole, vista la preziosità e ciò che rappresentano in un ambito dove diventa doverosa la tutela. Un dovere per qualsiasi società evoluta, migliore e giusta».
La Calabria è tristemente nota per l'emigrazione giovanile. I giovani rimasti, o quelli che tentano di resistere, che prospettive hanno?
«La narrazione per come prospera l’emigrazione giovanile desta preoccupazioni e semina sgomento in una Calabria che non può continuare a privarsi delle energie migliori. Si intravede una labile speranza in ciò che le università calabresi stanno promuovendo in alcuni campi scientifici e della ricerca. Si deve poter generare nuovo sviluppo e crescita economica, funzionale ad una evoluta occupazione, attraverso quel prezioso protagonismo di tutti quei giovani calabresi che desiderano restare. Bisogna fare di tutto, affinché altre generazioni di giovani calabresi non perdano l’opportunità di realizzarsi nella propria terra. Vanno create le giuste condizioni per una fase creativa ed evoluta, utile a radicare nuova imprenditoria giovanile, volta ad uno sviluppo sostenibile che sappia valorizzare le potenzialità di una regione che può farcela. I giovani devono constatare che in Calabria cambiare si può. È il tema principale del cambiamento è il lavoro, perché attiene alla loro dignità, alla dignità della persona. La strada è quella di trovare il modo di cooperare, non tanto per fare cose diverse, sia pure attuali, ma cercare di farle in modo diverso, proprio per radicare opportunità di lavoro. Serve creare tanto lavoro dignitoso, guardando al futuro in modo alternativo in tutti quei settori dove si possono ideare investimenti in maniera sostenibile e produttivi, raccogliendo e custodendo quei germogli preziosi di entusiasmo ed energia giovanile. Questo è possibile se i giovani coraggiosi, talentuosi e intraprendenti restano».
Cosa sta facendo Anteas Calabria concretamente per arginare queste situazioni di disagio?
«Lo sforzo è quello di lavorare ad un progetto condiviso con tutte le istituzioni, che sappia agire concretamente sulla presa in carica di famiglie o persone in situazione di disagio. Una costruzione degli interventi di sostegno e aiuto, dopo appropriati momenti di valutazione e confronto da portare durante la discussione dei piani sociali, dopo averli rapportati alle reali esigenze che riguardano gli anziani, i disabili e il disagio giovanile. Stiamo cercando di animare le comunità, ascoltando e proponendo possibili soluzioni nei tanti campi della società. Stiamo definendo e presentando dei progetti per incrementare l’azione di volontariato su tutto il territorio regionale in aiuto a tutte quelle persone che non hanno il necessario per vivere dignitosamente o portatori di particolari patologie. Teniamo alta la tensione sull’emergenza sanitaria, che crea disparità territoriale e mette a rischio il diritto alla salute dopo mesi e anni di attesa prima di avere accesso alla visita richiesta. Operiamo ogni giorno a fianco dei più deboli e bisognosi di sostegno, svolgendo servizi di trasporto sociale a persone con difficoltà motoria, animazione nelle case di riposo, confronto culturale per migliori stili di vita, servizio di assistenza e orientamento negli ospedali, raccolta ed utilizzo del pane del giorno dopo, corsi di alfabetizzazione digitale tra giovani ed anziani, segretariato sociale, orti solidali, banco alimentare, farmaceutico, scolastico. Portare parole di sostegno, idee, suggerimenti in tutti quei luoghi dove insistono fragilità, solitudine, povertà, cercando di aprire conseguenti momenti di confronto con la politica, le istituzioni, il terzo settore, affinché si possa concretizzare una linea efficace di sicura utilità. È di questi giorni, l’ennesima buona pratica concretizzatasi nella donazione delle arance di natale alle mense della Caritas Calabria. Dobbiamo aumentare lo sforzo per fare di più e meglio, mettendoci massimo impegno e cuore».
Alla luce di questo quadro a tinte fosche, qual è l'appello che lancia alle istituzioni regionali e alla comunità?
«Invochiamo una maggiore responsabilità e speranza collettiva sul destino di molte comunità toccate dal calo demografico e dalla crescente solitudine. Invochiamo chiarezza nei provvedimenti di più tutele per le famiglie in difficoltà, i disagiati, gli esclusi da circuiti culturali, sociali, economici. Maggiore risorse economiche da destinare al mondo delle debolezze e fragilità economiche di molte famiglie, che hanno rinunciato a curarsi e relazionarsi con le persone in una società della partecipazione, rapportandosi negativamente con la qualità dei legami sociali, speranza futura, qualità di vita. Bisogna imparare ad andare incontro ai bisogni e la solitudine delle persone fragili per cercare di trovare la strada giusta da seguire. Non limitare la possibilità di potersi curare in strutture sanitarie e ospedaliere adeguate, senza barriere per i disabili e con gli strumenti tecnologici di ultima generazione. Accorciare i tempi nelle liste di attesa e garantire i livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni sociali, in linea con quelle che sono gli intendimenti costituzionali. Garantire a tutti i cittadini calabresi la possibilità di accesso ai servizi pubblici essenziali, in maniera funzionale, organizzata e con tempi certi e ravvicinati».
Cosa auspicate per il 2026?
«Un anno di serenità, dove i poveri e le famiglie disagiate possano trovare la via della speranza e del riscatto da una condizione sociale che esclude e umilia. Una Calabria normale, con ambiti sociali normali, dove può maturare un nuovo orizzonte culturale e metodo per un invecchiamento attivo, contrasto alla solitudine e al vizio del gioco patologico, che alimenta le ansie quotidiane di molte famiglie. Una società attenta, con giusti tempi di vita e di lavoro, inclusiva e capace di aiutare chi si trova in difficoltà. Una società dove ogni giorno non diventi una sofferenza, che piega la dignità di migliaia di persone, ma dia loro la possibilità di potersi realizzare e vivere in maniera decorosa, ricercando equilibrio e giusto entusiasmo per ciò che si fa, scongiurando che gli attuali tempi frenetici continuano a disgregare la società, le comunità, le famiglie. Noi continueremo a fornire aiuto e servizi alle persone in difficoltà dopo un’attenta lettura dei bisogni individuali e collettivi. Siamo tutti impegnati per una Calabria migliore».