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14/05/2025 ore 20.02
Attualità

“Nessun dorma”: Mattarella e Draghi suonano la sveglia all’Europa

Dal vertice Cotec a Coimbra il Presidente della Repubblica e l’ex premier lanciano un appello urgente: serve un’Unione più forte su energia, difesa e tecnologia. Draghi avverte: «Siamo al punto di rottura, l’Europa rischia di sparire dalla storia»

di L.F.

“Nessun dorma”. La celebre invocazione dalla Turandot di Puccini, risuonata a Coimbra davanti al Presidente della Repubblica italiana, non è rimasta confinata alla platea del teatro. Sergio Mattarella l’ha fatta sua, trasformandola in una dichiarazione politica: “Potrebbe applicarsi alla nostra Unione”. L’Europa dorme, o peggio, sonnecchia mentre il mondo brucia. E il Presidente della Repubblica, affiancato da Mario Draghi, prova a scuoterla.

Non è la prima volta che Mattarella richiama l’Europa al senso di responsabilità. Ma stavolta le sue parole si saldano con quelle di Draghi, che a Coimbra parla per oltre mezz’ora, tracciando una rotta precisa, una terapia d’urto: o l’Europa cambia ora, o verrà spazzata via dalla storia.

La voce di Draghi è quella di chi ha già salvato l’euro una volta, ma ora avverte: la vera sfida è salvare l’Europa stessa. Le sue parole sono chirurgiche, impietose: siamo al “punto di rottura”. L’illusione che il commercio globale torni al passato, che con gli Stati Uniti si possa ripristinare la “normalità”, è un’ingenuità che l’Europa non può più permettersi. Il multilateralismo, quello che per decenni ha garantito stabilità e sviluppo, è stato minato “in modo difficilmente reversibile”. Il WTO è stato esautorato. Gli Stati Uniti – prima con Trump, ma non solo con lui – hanno mostrato che la forza può sostituire la regola.

In questo scenario, Draghi non si limita a un’analisi impietosa. Indica una via d’uscita. Tre le direttrici fondamentali: energia, difesa, tecnologia. Senza un’industria energetica autonoma, senza una difesa comune credibile, senza una politica tecnologica che investa in grande scala, l’Europa resterà un gigante di carta. E i dazi, già oggi arma di pressione politica, diventeranno solo l’inizio di una guerra commerciale di lungo periodo.

C’è in queste parole il richiamo alla grande politica europea del dopoguerra, quella di Schuman, di Adenauer, di De Gasperi: leader che sapevano che l’unità si costruisce non sull’attesa, ma sull’iniziativa. Oggi, quella visione sembra smarrita tra burocrazie paralizzanti, egoismi nazionali e illusioni post-globaliste.

Draghi è chiaro: se l’Europa vuole sopravvivere, dovrà produrre da sé la propria crescita, cambiare il quadro della politica macroeconomica, slegarsi dalla dipendenza strutturale dalla domanda americana. In gioco non c’è solo la competitività, ma la libertà stessa del continente. Un’Europa che dipende dalla tecnologia cinese, dalla sicurezza americana, dall’energia altrui, è un’Europa che ha già rinunciato a decidere.

Mattarella e Draghi, dal vertice Cotec, parlano da statisti. Offrono una diagnosi, ma anche una cura. Tocca ora ai governi, ai parlamenti, alla nuova leadership europea che emergerà dalle urne, decidere se raccogliere questo grido: “Nessun dorma”. Perché il futuro dell’Europa non aspetta.