Sezioni
Edizioni locali
18/08/2025 ore 10.50
Attualità

Pippo Baudo, il maestro che ha insegnato all’Italia a specchiarsi nello schermo

Non un semplice conduttore, ma un padrone di casa che ha saputo accogliere e mostrare che la tv può avere un’anima etica, un compito civile

di Raffaele Piccolo

Con la morte di Pippo Baudo non scompare soltanto il più grande presentatore della televisione italiana: si spegne un testimone di un’Italia che ha saputo riconoscersi nello spettacolo, ma soprattutto nella parola e nel gesto di chi dava senso al racconto collettivo. Baudo non era un conduttore nel senso banale del termine, un semplice regista della diretta. Era, piuttosto, un mediatore tra il pubblico e il palcoscenico, un uomo capace di mettere ordine nella confusione del varietà, di fare del disordine delle emozioni una narrazione chiara e condivisa.

Italia in lutto per Pippo Baudo, l’uomo che ha cambiato la televisione italiana

La sua forza non risiedeva nelle battute, nel glamour o nel tecnicismo televisivo, ma nell’autorevolezza naturale con cui sapeva dire: “Guardate, questo è importante”. Ogni suo gesto, dai Festival di Sanremo alle maratone benefiche, era un atto di fiducia nell’intelligenza del pubblico. Pippo non accorciava le distanze tra artista e spettatore con la complicità finta del sorriso, ma con il rispetto: rispetto per il lavoro, per il talento, per la dignità di chi saliva su un palco e per quella di chi restava a casa, davanti a un televisore.

Per decenni la televisione italiana è stata anche scuola: di lingua, di gusto, di apertura al nuovo. Baudo è stato uno dei maestri di questa scuola. Il suo talento era quello del “padrone di casa” che non soffoca, ma accoglie. Non si è mai limitato a introdurre un cantante o un attore: li ha sempre “presentati” nel senso più profondo del termine, cioè resi presenti, consegnati alla memoria di milioni di italiani.

Tutti gli amori di Pippo Baudo, tra passioni proibite, matrimoni da star e rimpianti mai sopiti

La sua lezione è che la televisione può essere alta senza essere elitista, popolare senza scadere nella volgarità. Che cosa ci resta di Pippo Baudo? Non tanto il ricordo di serate televisive o di gag celebri. Resta la convinzione che un mezzo potente come la tv possa avere un’anima etica, un compito civile. In un’epoca di intrattenimento usa e getta, lui ci ha insegnato la pazienza della costruzione, il rispetto dei tempi, l’arte del racconto lungo. Ci ha insegnato che il conduttore non deve essere più grande dello spettacolo, ma nemmeno ridursi a un semplice megafono: deve diventare garante, custode, interprete.

Morte Pippo Baudo, mercoledì i funerali in Sicilia. Camera ardente domani a Roma

Ricordare Baudo, oggi, significa domandarsi se abbiamo ancora bisogno di figure capaci di unire, di dare coerenza a un racconto collettivo. La sua eredità non sta solo nei format o nelle edizioni record di Sanremo, ma nell’idea che la televisione, come ogni forma di cultura, può e deve servire a costruire comunità. Pippo ci lascia con un compito: non ridurre la tv a rumore, ma restituirle la sua funzione di specchio, di incontro, di civiltà.