Prestiti personali, 894mila italiani truffati: come funzionano le trappole (non solo online) e a cosa stare attenti
Un’indagine condotta per Facile.it fotografa un fenomeno in crescita: call center fantasma, email sospette e finti siti web le armi più usate dai truffatori
Nel 2024 ben 894.000 italiani sono finiti nel mirino dei truffatori mentre cercavano un prestito personale. Lo rivela un’indagine condotta da mUp Research per Facile.it, che mette nero su bianco un dato allarmante: il danno medio subito è stato di 740 euro a persona, ma con una fetta consistente di vittime – il 15,4% – che ha visto sparire dai conti oltre 900 euro. La somma complessiva sottratta ai cittadini si stima in 630 milioni di euro.
Il dato più inquietante è che oltre la metà delle vittime (56,4%) ha scelto di non denunciare quanto accaduto. Un silenzio dettato spesso dalla vergogna, dal timore di essere considerati ingenui (35,3%) o dalla paura di far sapere a familiari e amici di essere caduti in una trappola (29,4%). Un terreno fertile per i criminali, che contano proprio sull’imbarazzo per continuare indisturbati.
I canali preferiti dei truffatori sono i più disparati. L’indagine mostra come il 49% dei raggiri sia avvenuto attraverso finti call center, che si presentano come istituti di credito regolari e chiedono dati sensibili o pagamenti preliminari. Seguono le email fraudolente (36%) e i siti web contraffatti (28%), che simulano in tutto e per tutto le pagine ufficiali di banche e finanziarie. Ma non finisce qui: il 13% delle frodi corre lungo i canali di messaggistica istantanea, con SMS o WhatsApp usati per ingannare le vittime, e addirittura il 10% avviene ancora porta a porta, con malintenzionati che bussano alle porte fingendosi incaricati di istituti di credito.
Per cercare di arginare il fenomeno, Facile.it ha diffuso un vademecum con cinque regole d’oro. La prima riguarda la verifica dell’affidabilità dell’ente: bisogna rivolgersi esclusivamente a soggetti legittimati dalla Banca d’Italia e iscritti negli elenchi OAM (Organismo degli Agenti e dei Mediatori). Tutti i mediatori creditizi devono infatti risultare registrati, ed è possibile verificarlo facilmente.
Un altro campanello d’allarme, spiegano gli esperti, è la richiesta di commissioni anticipate. Se la presunta banca chiede spese amministrative o quote di interessi prima dell’erogazione, è molto probabile che si tratti di una frode. In un prestito reale le spese vengono trattenute a finanziamento avvenuto, non prima.
Altro fronte delicato è quello del furto di identità. Molti truffatori richiedono solo i documenti più generici, come carta d’identità e codice fiscale, senza le informazioni necessarie per valutare davvero la posizione del richiedente. Una pratica sospetta che dovrebbe accendere subito l’allarme: le finanziarie serie, infatti, chiedono buste paga, CUD o 730, documentazione indispensabile per una corretta valutazione.
Il vademecum richiama anche l’attenzione sulla sicurezza dei siti internet. Prima di fornire dati sensibili è fondamentale verificare che l’indirizzo inizi con “https://”, garanzia che le informazioni trasmesse non possano essere intercettate. Importante anche la presenza di una sede fisica in Italia, una partita IVA regolare e un indirizzo PEC. Sono dettagli che spesso i siti-trappola non riescono a contraffare.
Un ulteriore strumento di tutela è il Modulo Secci, documento che le banche sono obbligate a consegnare al cliente e che contiene tutte le informazioni principali sull’offerta di finanziamento. Consultarlo con attenzione consente di confrontare le condizioni e scoprire eventuali clausole sospette. Firmare senza leggerlo, come purtroppo accade spesso, espone al rischio di ritrovarsi legati a tassi più alti o a costi nascosti.
Il quadro che emerge è quello di un’Italia vulnerabile, dove quasi un milione di persone in un solo anno ha incrociato truffatori esperti, pronti a sfruttare ansie e urgenze economiche. La ricerca di un prestito, soprattutto online, resta dunque un terreno insidioso, dove prudenza e verifiche diventano fondamentali.
Le autorità invitano a denunciare sempre: non farlo significa lasciare campo libero alle bande, che agiscono spesso a livello internazionale e si spostano con rapidità da una piattaforma all’altra. L’appello, insomma, è a non vergognarsi. Perché cadere in trappola può capitare a chiunque, ma solo rompendo il silenzio si può arginare un fenomeno che brucia ogni anno centinaia di milioni e mina la fiducia dei cittadini nel sistema finanziario.