Quell'imbarazzante silenzio su Angelica Causil rotto solo dalle Fem.In.: «Farà notizia solo in un caso?»
Il collettivo femminista: «Non parlarne non è casuale, né neutro: è una scelta politica. È il riflesso di una gerarchia delle vite che decide quali scomparse meritano attenzione e quali possono essere lasciate nell’ombra»
Una lavoratrice sex worker trans scomparsa a Rende. Diecimila euro svaniti nel nulla. Una denuncia presso una Caserma dei Carabinieri di Napoli. Altre internazionali partite dalla Colombia, di cui una trasmessa da Bogotà a Cosenza. Un’indagine in corso in Procura. Eppure su Angelica Causil nemmeno una parola da parte della politica e delle associazioni per i diritti civili. Perché? Una domanda a cui, forse, nei prossimi giorni qualcuno risponderà rompendo un imbarazzante silenzio.
L’unica voce ascoltata è, ancora una volta, quella delle Fem.In, il collettivo femminista dell’area urbana cosentina che ha squarciato il velo dell’ipocrisia esponendosi pubblicamente sulla vicenda e sollevando dubbi. «Perché - dicono - il silenzio non è mai neutro. E perché ogni vita conta, anche quando il sistema fa finta di no». Mostrano stupore e disappunto per chi «ha scelto di non vedere, di non raccontare, di relegare il caso ai margini dell’informazione o di ignorarlo del tutto». Per le Fem.In. «questo silenzio non è casuale, né neutro: è una scelta politica. È il riflesso di una gerarchia delle vite che decide quali scomparse meritano attenzione e quali possono essere lasciate nell’ombra».
Il nocciolo della questione arriva sotto forma di riflessione, ma a prescindere da cosa emergerà dalla preoccupante vicenda di Angelica Causil, non girano intorno al problema. «Quando a scomparire è una persona trans, migrante, precaria, la macchina dell’informazione rallenta, si inceppa, tace - aggiungono -. La notizia perde “appeal”, non fa titolo, non genera indignazione. Solo quando la violenza esplode nella sua forma più estrema (quando arriva la morte) allora, forse, diventa degna di spazio. Questo meccanismo è parte della violenza stessa: una violenza strutturale che passa attraverso l’invisibilizzazione, la rimozione, la normalizzazione dell’assenza».
Il collettivo Fem.In. intravede una chiara «lesione dei diritti, perché sottrae attenzione pubblica, rallenta la pressione collettiva, indebolisce la richiesta di verità e giustizia. È una forma di complicità con un sistema che tollera che alcune vite possano sparire senza lasciare traccia, senza interrogare la coscienza pubblica». «Denunciamo un ordine sociale in cui la violenza viene riconosciuta solo quando è irreversibile, quando è troppo tardi» urlano via social.
«Pretendiamo - concludono - che la scomparsa di Angelica Causil venga trattata per ciò che è: un fatto grave, urgente, politico, che riguarda chiunque. Pretendiamo visibilità, attenzione, continuità informativa. Pretendiamo che l’informazione faccia il suo dovere: rompere il silenzio, rendere pubbliche le ingiustizie, stare dalla parte dei diritti e non del loro occultamento». E il nostro network lo sta facendo dal momento in cui ha portato alla luce una vicenda che non ha dato finora alcun punto di riferimento, ma alimentato interrogativi e cattivi pensieri.