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17/12/2025 ore 17.13
Attualità

In Calabria il treno del futuro è in ritardo: convogli obsoleti e pochi investimenti ma si pensa al Ponte

Dalla ventesima edizione di Pendolaria emerge la fotografia di un trasporto pubblico italiano che continua a perdere pezzi: nella nostra regione più del 60% dei convogli ha più di 15 anni, una delle percentuali più alte del Paese

di Mariassunta Veneziano

Il cambiamento arriva ma è in ritardo. Viaggia lento, lentissimo, sui binari d’Italia, ogni tanto si ferma e qualche volta fa anche dietrofront. E in punta allo Stivale l’esercizio all’attesa, a cui ci si dedica da sempre, continua. L’ennesima fotografia con qualche fioca luce e le solite ombre emerge da Pendolaria, il report curato da Legambiente, alla ventesima edizione.

«Il trasporto pubblico italiano continua a perdere “pezzi”. Il Fondo Nazionale Trasporti varrà nel 2026 il 38% in meno rispetto al 2009 se si considera l’inflazione, mentre la legge di Bilancio 2026 toglie risorse decisive alla metro C di Roma, alla M4 di Milano e al collegamento Afragola–Napoli. Nel 2024 hanno circolato inoltre 185 treni regionali in meno rispetto al 2023 a causa delle dismissioni dei rotabili più vecchi non compensate da acquisti sufficienti di nuovi convogli». Questo il quadro d’insieme dato dall’associazione, che sottolinea come «nel frattempo, il Ponte sullo Stretto assorbe 15 miliardi di euro per poco più di 3 chilometri, mentre con un terzo di quella cifra – 5,4 miliardi – si stanno realizzando 250 chilometri di tranvie in 11 città».

Risorse che si volatilizzano, come evidenzia Legambiente, per le vere priorità: «Ad esempio il Piano complementare al Pnrr finanzia con 10 miliardi di euro solamente una tratta limitata della Salerno-Reggio Calabria ferroviaria, che sarà probabilmente completata ben oltre il 2030 e che sta assistendo a una rivisitazione del tracciato di progetto e un conseguente allungamento nei tempi di realizzazione».

Il report è stato presentato a Roma in un luogo simbolo del pendolarismo, la Stazione Termini. Tra le 62 pagine del documento Legambiente rileva «scelte politiche sbilanciate, sottofinanziamento cronico e ricadute sempre più pesanti su famiglie, lavoratori e studenti». Un faro che si accende, ogni anno, su una viabilità che arranca e un diritto alla mobilità costantemente mortificato anche nella speranza di un futuro migliore che, da certe parti, pare non arrivare mai. E intanto le grandi opere come il Ponte sullo Stretto monopolizzano il dibattito pubblico e fungono – scientemente o meno – da armi di distrazione di massa mentre, rimarca l’associazione, «il servizio ferroviario quotidiano si deteriora: crescono gli impatti degli eventi meteo estremi sui trasporti (26 solo nel 2025) e aumenta il numero di persone che non può permettersi di muoversi».

Qualche dato

Qualcosa si muove, dicevamo. Secondo quanto emerge dal report, l’età media dei treni regionali in Italia continua a diminuire, scendendo a 14,7 anni, mentre cala la quota di convogli con oltre quindici anni di servizio. L’età media dei treni scende anche in Calabria, ma resta più alta rispetto al dato nazionale: 17,7 anni per i 90 mezzi della flotta ferroviaria regionale. Ancora più significativo è il fatto che oltre il 62% dei convogli in servizio abbia più di 15 anni, una delle percentuali più alte d’Italia. Questo si traduce in maggiore probabilità di guasti, minore affidabilità del servizio e una qualità del viaggio spesso lontana dagli standard minimi di un sistema di trasporto moderno.

Certo, qualche piccolo segnale di cambiamento c’è. Come l’ordine di 12 nuovi treni per Ferrovie della Calabria, destinati in particolare alla tratta Cosenza-Catanzaro, per i quali però è prevista l’entrata in servizio solo a partire dal 2027. Un passaggio sicuramente positivo, ma che non risolve i problemi della mobilità nell’immediato: i benefici del rinnovo, infatti, restano ancora proiettati nel futuro.

La domanda di trasporto riflette queste difficoltà. Il numero di viaggiatori giornalieri in Calabria rimane basso e cresce molto lentamente, soprattutto se confrontato con le regioni del Centro-Nord. Secondo il rapporto, questa stagnazione non dipende da una mancanza di bisogno, ma da un’offerta di servizio che, in molti casi, è rimasta ferma ai livelli di oltre quindici anni fa. Frequenze ridotte, tempi di percorrenza poco competitivi e scarsa integrazione con altri sistemi di mobilità continuano a scoraggiare l’uso del treno.

A pesare sono anche le criticità infrastrutturali. La rete calabrese è caratterizzata da una forte presenza di linee a binario unico, da un’insufficiente elettrificazione e da un numero limitato di punti di incrocio, elementi che impediscono di aumentare le corse e rendono il servizio fragile. Fragilità che diventa ancora più evidente alla luce dell’aumento degli eventi climatici estremi: Reggio Calabria rientra infatti tra le città monitorate per interruzioni ferroviarie causate da fenomeni meteo intensi, un aspetto che pone con forza il tema dell’adattamento e della sicurezza delle infrastrutture.

Nel quadro nazionale, la Calabria si colloca in una posizione di svantaggio anche rispetto al resto del Mezzogiorno. Se l’età media dei treni nel Sud Italia è di 16,6 anni, la regione supera questa soglia, confermando un divario che non è solo geografico, ma anche politico e amministrativo. Il rinnovo del materiale rotabile avviato rappresenta un passo nella direzione giusta, ma da solo non basta: senza un potenziamento dell’offerta, una modernizzazione della rete e una visione di lungo periodo, il rischio è quello di continuare a inseguire l’emergenza senza mai colmarla davvero.

Servono investimenti utili

«Seppure con ingiustificabile lentezza in Calabria cominciano finalmente ad essere visibili i segni di un cambiamento nel trasporto ferroviario a partire dal rinnovo del parco rotabile la cui età media scende sia per i convogli Trenitalia sia, anche in prospettiva, per la flotta gestita da Ferrovie della Calabria» commenta Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria.

«Serve una decisa accelerazione sulle infrastrutture della mobilità sostenibile con una rete ferroviaria moderna che garantisca collegamenti comodi, veloci ed efficienti all’interno della regione e verso il resto d’Italia, migliorando la vita dei calabresi, favorendo l’economia ed il turismo e contribuendo agli obiettivi di decarbonizzazione. La direzione giusta verso cui indirizzare le risorse – conclude Parretta – è questione di necessità e di buon senso: occorre abbandonare definitivamente progetti ambientalmente insostenibili, costosissimi ed inutili come quello del Ponte sullo Stretto di Messina e concentrare competenze e stanziamenti economici su una reale transizione ecologica nel settore dei trasporti».

«Investire nel ferro nelle città è una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale – sottolinea Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –. Metropolitane, tranvie e ferrovie urbane migliorano la qualità della vita, riducono traffico, inquinamento e costi sanitari e garantiscono un accesso più equo alla mobilità. Continuare a rinviare o definanziare questi interventi, come sta avvenendo con le scelte più recenti sulla legge di bilancio, significa scaricare i costi della mobilità sulle persone, non solo quelli economici ma anche ambientali e sanitari. È una questione di scelte, non di risorse disponibili, visto che si continua, intanto, a investire sul Ponte sullo Stretto di Messina, nonostante le criticità che abbiamo più volte evidenziato non solo noi associazioni ma anche la Corte dei Conti. Chiediamo al Governo di cambiare rotta: investire nel trasporto pubblico locale, a partire da quello su ferro e rafforzare il Fondo Nazionale Trasporti per una mobilità urbana pubblica più inclusiva e sostenibile, fatta di nuovi binari, interconnessioni tra le reti e integrazione con la mobilità dolce».

Il quadro che emerge dal Rapporto Pendolaria è quello di una Calabria ancora sospesa tra passato e futuro. Da un lato, un sistema ferroviario segnato da anni di investimenti mancati o insufficienti. Dall’altro, i primi segnali di un cambiamento che, se accompagnato da scelte coerenti, potrebbe finalmente restituire al trasporto pubblico su ferro un ruolo centrale nello sviluppo e nella qualità della vita della regione.