Separazione della carriere, Nico D’Ascola: «Non un attacco alla magistratura ma il completamento di un processo avviato già nel 1987»
Il professore avvocato penalista ed ex membro della giunta dell’Unione delle Camere Penali ribadisce il suo “sì” alla riforma promossa dal Governo Meloni
«Si attendeva l’introduzione del nuovo codice di procedura penale e la questione si pose già allora in termini che potrei dire attuali nel 1987 al congresso dell’Unione delle Camere Penali a Bari, si avvertiva l’esigenza di rivedere l’assetto della magistratura: a distanza di tanti anni non è cambiato nulla.
Dinanzi all’affermazione che l’unico metodo di formazione della prova fosse il contraddittorio tra le parti, ci si interrogò su come tale principio potesse essere rispettato se, da un lato, vi era il pubblico ministero e, dall’altro, il difensore, entrambi davanti a un giudice che rischiava di vedere offuscata la propria imparzialità da stretti rapporti di carriera. Giudicare e indagare sono ruoli diversi. Ed è tempo di riconoscerlo con chiarezza».
È con questa convinzione che Nico D’Ascola, professore ordinario di diritto penale e avvocato penalista, aveva commentato i termini della riforma, che oggi arriva al terzo via libera, in particolare alla separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, proposta dal governo Meloni. Lo fa da Reggio Calabria, dove ha ripercorso le tappe di una battaglia che dura da oltre trent’anni.
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