Sigillo d’oro del Comune di Cosenza al giurista argentino Eugenio Raul Zaffaroni
Professore emerito di diritto penale all’Università di Buenos Aires, è stato ospite a Palazzo dei Bruzi per iniziativa congiunta dell’amministrazione con l’Accademia Cosentina e l’Istituto Interdipartimentale Alimena dell’Università della Calabria
Una lectio magistralis sul significato della pena e sulla sua funzione. Ed anche una riflessione sul senso della pena al giorno d’oggi. Interrogativi ai quali, dall'alto della sua esperienza di insigne giurista ed accademico di chiara fama, ha tentato di dare una risposta Eugenio Raul Zaffaroni, professore emerito di diritto penale e criminologia all’Università di Buenos Aires, già giudice presso la Corte Suprema argentina e la Corte Interamericana dei Diritti Umani. A propiziare questa importante occasione di confronto con quello che può essere considerato il più illustre rappresentante delle discipline penalistiche in America Latina, è stata una felice combinazione sinergica tra l'Amministrazione comunale di Cosenza, guidata dal sindaco Franz Caruso, l’Accademia Cosentina, con il suo presidente Antonio D'Elia e l’Università della Calabria con l’Istituto interdipartimentale di Studi Penalistici Alimena, diretto da Mario Caterini.
Tema significativo e attuale
All'incontro ospitato nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, presente un pubblico attento, numeroso e molto interessato alla lectio magistralis dell'insigne giurista, hanno preso parte anche il prorettore dell’Unical, Francesco Scarcello ed il segretario perpetuo dell'Accademia Cosentina Mario Iazzolino. L’incontro è stato introdotto dal primo cittadino, nella sua duplice veste di rappresentante istituzionale ed anche di avvocato. «Sappiamo qual è il nostro dettato costituzionale, in particolare l'articolo 27 fissa alcuni principi cardine del nostro sistema giudiziario. La pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Tutti gli interventi che ci sono stati nel corso di questi anni vanno in questa direzione. Noi dobbiamo ritornare ai valori della Costituzione e tra questi c'è appunto l'articolo 27 che racchiude tre fondamentali valori: la responsabilità penale che è personale, la presunzione di innocenza e la rieducazione del condannato. Nella mia duplice funzione di Sindaco della città di Cosenza e di operatore del diritto che pratica ancora, per via della professione, da più di quarant'anni le aule di giustizia – ha aggiunto Franz Caruso nel suo intervento - ritengo che la presenza qui di Eugenio Raul Zaffaroni, sia un'occasione unica per sentire dalla voce di un protagonista, ma soprattutto di uno studioso di questa materia, quello che è il significato della pena».
Il sigillo della città
Al termine della lectio magistralis Franz Caruso ha consegnato al professore emerito dell'Università di Buenos Aires il sigillo della città. «Un riconoscimento – ha concluso il sindaco - che offriamo come segno di riconoscenza dell'attenzione che si è avuta per Cosenza, l'Atene della Calabria e, nel suo piccolo, una culla del diritto, che ha avuto nomi di rilievo nazionale ed un foro e un tribunale sempre punti di riferimento significativi per la giustizia calabrese e non solo». Zaffaroni ha inoltre ricevuto la pergamena di membro onorario dell’Accademia Cosentina dal presidente Antonio D’Elia e dal segretario perpetuo della storica istituzione Mario Iazzolino. «Sono emozionato – ha detto - perché questo va oltre i miei meriti. Lo apprezzo ancora di più perché questa cerimonia si svolge in un Comune ed io penso che i comuni siano la base della democrazia. La pena? È sempre un dolore. Quello che dobbiamo fare è mantenere la razionalità della pena. La pena deve rispondere ad un principio di proporzionalità secondo la gravità del danno inferto» ha sottolineato ancora Zaffaroni.
La carcerazione preventiva
Il giurista poi, ha parlato anche della spinosa questione delle misure cautelari: «Più della metà dei detenuti dell'America Latina sono in prigione per provvedimenti di carcerazione preventiva. Secondo alcuni tale carcerazione non può essere considerata una pena. Invece è proprio una pena, una pena pagata con anticipo, è una pena prima della sentenza». Zaffaroni ha pure richiamato le teorie del brasiliano Tobias Barreto che nel tratteggiare la funzione reale della pena «ha detto una cosa veramente stupefacente, ma l'ha detta prima del diritto internazionale umanitario: non giustificate la pena, ma se volete giustificarla, dovete giustificare la guerra, perché la pena e la guerra non sono fatti giuridici, ma fatti politici. Oggi il diritto internazionale – ha proseguito Zaffaroni - non si interroga se una guerra è giusta o ingiusta. Gli internazionalisti hanno avuto un momento di umiltà che i penalisti non hanno ancora avuto. Bisogna dare una limitazione razionale a un fatto che razionale non è. E' arrivato il momento di farlo. Immaginare la funzione della pena non è il nostro mestiere. Dobbiamo riconoscere la realtà del potere politico. Il problema del nostro tempo non è progettare Stati, è ottenere l'efficacia delle norme costituzionali e delle norme internazionali. Dobbiamo continuare ad interpretare la legge penale, non a sognare, dobbiamo progettare un esercizio di potere della giurisdizione che porti ad un controllo più o meno razionale, ma almeno ragionevole dell'esercizio del potere punitivo. Se non limitiamo l'esercizio del potere punitivo con la proporzionalità al grado di colpevolezza del soggetto, tenendo conto della sua vulnerabilità, se non facciamo questo, il potere punitivo diventa genocidio».