Ho lasciato Milano per la Calabria: altro che spopolamento, cominciamo a valorizzare i nostri borghi
Ci stiamo abituando all'idea che si possa essere felici solo nelle grandi città, che la vita vera sia solo lì, dove tutto corre, dove tutto consuma. Ma la verità è un’altra
Ginevra Dell’Orso da qualche anno ha lasciato Milano lasciando una vita frenetica e caotica. Si è trasferita con la famiglia a Isca sullo Ionio, nel Catanzarese, dopo essersene innamorata nel corso di una vacanza. Con questo testo inizia una serie di suoi interventi su LaC.
Ho letto il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, e devo dire che c’è un punto che lascia davvero senza parole.
Nel documento ufficiale, con tanto di logo della Presidenza del Consiglio, campeggia un obiettivo ben evidenziato: “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.
Non un piano per rilanciare, non una strategia per invertire la tendenza, ma un accompagnamento dignitoso verso il lento declino e l’invecchiamento di interi territori.
Praticamente la politica ha deciso che alcuni paesi sono destinati a morire lentamente, e il massimo che si può fare è “tenere loro la mano” mentre si compie il loro destino. Siamo malati terminali e quindi non serve cercare una cura.
Lo hanno scritto. Nero su bianco.
E la cosa più assurda è che ormai ci stiamo abituando all'idea che si possa essere felici solo nelle grandi città, che la vita vera sia solo lì, dove tutto corre, dove tutto consuma. Ma la verità è un’altra.
Lascia Milano per vivere in Calabria, la scelta di Ginevra: «Qui una ricchezza che nessuna multinazionale può comprare»Sono stata nei dintorni di Lorica, un paesino minuscolo nel cuore della Calabria, provincia di Cosenza. Ufficialmente ci abitano circa 30 persone, “non c'è niente” dicono i ragazzi. Un po’ li capisco, eppure…
Mi sono svegliata in uno chalet incantato tra i boschi, affacciato sul lago. Intorno solo il suono dei campanacci delle mucche, gli uccellini, gli scoiattoli neri sugli alberi che giocano, l'aria fresca, le fragoline di bosco ai bordi delle strade, i funghi, e quella magia che ti entra nelle ossa e nell’anima.
Le stelle scintillanti nel cielo e un cibo sopraffino!
Ho dormito con la trapunta anche se era estate. Ho respirato quella pace che non si compra, non si costruisce, non si finge. Quanta bellezza che ci ha accompagnato per millenni e sta per sparire sotto i nostri occhi.
Non serve un piano per accompagnare la morte di questi luoghi, serve un’idea per farli rinascere, per far capire che la felicità non è un vestito firmato, le labbra rifatte o il locale alla moda, ma la qualità della vita, le emozioni autentiche, la forza delle radici.
Forse è ora di guardare questi territori con occhi nuovi, di smettere di considerarli “perdenti” e iniziare a valorizzarli per quello che sono davvero: luoghi pazzeschi da riscoprire.
Ma per farlo dobbiamo prima smettere di scrivere i necrologi e cominciare con nuovi inizi. Il come... sta a noi, alla nostra creatività e all’amore per queste terre, affinché non muoiano mai!