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02/10/2025 ore 06.15
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Spopolamento inarrestabile, al Sud entro il 2035 la scuola primaria perderà 200mila alunni: il Pnrr può (ancora) fare la differenza

Nel Piano sono previste infatti risorse importanti: oltre 4 miliardi per gli istituti scolastici. I dati snocciolati nel corso di una iniziativa a Roma su impulso della Fondazione Giacomo Brodolini e Svimez con il supporto di Save the Children e la partecipazione del W20

di Redazione Attualità

È diventato un termine ormai molto conosciuto: “spopolamento”, che in realtà significa molte cose, tutte gravi: scuole che chiudono, interi paesi che si svuotano, giovani che a migliaia hanno ripreso di emigrare.

Di “Spopolamento, migrazioni e genere”, si è discusso a Roma per iniziativa della Fondazione Giacomo Brodolini e da Svimez con il supporto di Save the Children e la partecipazione del W20.

Lo spopolamento ormai investito in pieno il sud. I numeri parlano chiaro: dal 2014 al 2024 l’Italia ha perso 1,4 milioni di abitanti, di cui ben 918 mila solo nel Mezzogiorno. A partire sono soprattutto i giovani, spesso laureati, che cercano altrove quello che non trovano in patria.

Tra il 2019 e il 2023, 88mila italiani tra i 25 e i 34 anni con una laurea sono emigrati, mentre nello stesso periodo 77 mila laureati stranieri hanno scelto l’Italia. Un ricambio che però non basta a bilanciare le perdite, soprattutto nelle aree interne del Sud.

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«Bisogna ribaltare la narrazione – ha detto Serenella Caravella, ricercatrice Svimez – perché inclusione e accoglienza possono ridurre l’emigrazione, attrarre nuove famiglie e spezzare il circolo vizioso tra spopolamento e rarefazione dei servizi».

Chi può dirci molto di più è il mondo della scuola: entro il 2035 la primaria perderà oltre 500mila alunni, quasi 200mila solo nel Sud. In circa 3.000 comuni sta per chiudere la scuola elementare per mancanza di bambini. Quando muore la scuola, vengono meno gli insegnanti, i servizi, la vita sociale. È la desertificazione di tanti piccoli comuni.

Se i giovani lasciano il Mezzogiorno è anche perché il mercato del lavoro offre poco. Contratti precari, stipendi bassi, poche prospettive di carriera. Vittime di questa situazione sono soprattutto le donne, quasi completamente escluse dal mondo del lavoro. Un doppio freno allo sviluppo. «Investire su lavoro e servizi di cura per le donne – è stato ricordato – non è solo giustizia sociale, ma una scelta che può cambiare la traiettoria dei territori».

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Il Pnrr come occasione (da non perdere)

Intanto l’Italia rischia di perdere la sfida del Pnrr, il Piano ha messo risorse importanti, oltre 4 miliardi solo per asili nido e scuole dell’infanzia. Progetti che possono rendere i territori più attrattivi e ridurre i divari. Ma i tempi attuazione sono molto stretti: senza capacità amministrativa, i fondi rischiano di restare sulla carta. E tanti miliardi resteranno non utilizzati.

Tra i tanti numeri negativi c’è un dato interessante: i giovani laureati stranieri che arrivano in Italia sono più di quelli italiani che se ne vanno. Ma questo non basta, perché per trasformare questo in sviluppo servono politiche di integrazione: lavoro, casa, servizi e, soprattutto, percorsi di cittadinanza che favoriscano il radicamento.

Lo spopolamento non si combatte solo contando il numero dei residenti, ma ricostruendo comunità vive e attive. Che garantiscano servizi e diritti per tutti: scuola, salute, lavoro, trasporti.

In gioco non c’è solo il futuro del Mezzogiorno, ma dell’intero Paese. Perché senza giovani, senza famiglie e senza cittadinanza attiva, non c’è crescita possibile.

Mettere la cittadinanza al centro: che cosa significa, concretamente.

Nel corso del workshop sono emerse alcune linee operative da tradurre in politiche concrete: