Petilia Policastro, il sindaco Saporito e la lotta contro lo spopolamento: «Serve l’aiuto di tutte le istituzioni»
Il primo cittadino del comune del Crotonese evidenzia il ruolo dell’Anci e propone la sua ricetta contro l’agonia dei piccoli centri: servizi, digitalizzazione, politiche sociali e incentivi all’imprenditoria locale
«C’è un Italia che sta morendo nel silenzio più assordante». È con questa affermazione che il nostro direttore Franco Laratta ha cercato, tramite il suo ultimo editoriale, di richiamare l’attenzione sul tema silente dello spopolamento dei comuni. Questo mette ancor più in crisi la nostra Regione e ne ridisegna equilibri di forza e strategie su un futuro a questo punto incerto.
Eutanasia di Stato per mille borghi: il Governo condanna a morte il Sud e la CalabriaAbbiamo chiesto a Simone Saporito, sindaco di Petilia Policastro, comune dell’entroterra crotonese, quale sia la situazione nel suo comprensorio e come vede il futuro di questo tema.
Sindaco, c’è un’Italia che sta morendo nel silenzio più assordante. Nel nuovo “Piano strategico per le aree interne” il Governo parla chiaramente di «spopolamento irreversibile». È come se avesse chiaramente detto abbandoniamo centinaia di comuni al loro destino. È d’accordo?
«Lo spopolamento delle aree interne è un fenomeno che da anni imperversa ed il trend è, purtroppo, in continua crescita. È un fenomeno, tra l’altro, di carattere nazionale, tanto che l’Anci, nel direttivo dell’ottobre 2024 sul tema, ha fornito dati preoccupanti. In Italia le aree interne sono pari al 53% del totale dei Comuni italiani, con il 23% della popolazione residente, equivalente ad oltre 13 milioni di abitanti che occupano oltre il 60% della superficie nazionale. Dati e numeri superiori sono quelli delle realtà calabresi e del Crotonese. Nonostante le difficoltà, evidenti, però, non credo che il percorso sia irreversibile. Sarà, però, una delle maggiori sfide che noi Comuni dovremmo affrontare per il futuro e, forse, per la nostra stessa sopravvivenza. E lo dovremmo fare insieme, con l’aiuto della nostra associazione, l’Anci, che sul tema sta muovendo già passi significativi».
I comuni andrebbero rilanciati, sostenuti, non lasciati andare. È un’eutanasia di Stato che colpirà tantissimi comuni del sud e della Calabria. Nel silenzio delle Regioni, compresa la nostra. Il suo punto di vista?
«Ribadisco che una battaglia di tale portata, contro lo spopolamento delle aree interne ma non solo, non può essere affrontata in solitaria o all’insegna dell’essere contro qualcosa o qualcuno; serve, piuttosto, l’aiuto di tutte le istituzioni, sia quelle a livello nazionale che regionali e provinciali. L’Anci, in tal senso, sta sollecitando interventi proprio delle istituzioni per sostenere i Comuni in questa difficile congiuntura, che rischia di rendere la loro situazione ancor più difficile di quello che è. E serve anche una maggiore collaborazione tra i Comuni stessi, soprattutto quelli vicini e con caratteristiche e storie simili, per affrontare questo difficile percorso e cercare di arrivare fuori dal tunnel».
Voi come state vivendo questo momento? Com’è la situazione nel vostro comune?
«Petilia Policastro, come accennato, non sfugge certo a questo fenomeno, che è già iniziato in tempi non recenti e che mostra chiaramente i suoi effetti non solo in termini di calo della popolazione residente. Il vero nodo è quello della perdita dei servizi, che sono soggetti, nelle nostre comunità, ad una continua espoliazione. Noi amministratori locali dobbiamo, di volta in volta, combattere contro i tentativi di privare le realtà locali di servizi in ogni campo. Si pensi alle guardie mediche ritenute troppe; ma anche la lotta per conservare gli uffici del giudice di pace e le continue lotte per mantenere le autonomie scolastiche a rischio ad ogni nuovo Piano di dimensionamento. Ma ciò accade anche sul fronte privato, come, ad esempio, a Petilia Policastro, con Banca Intesa che intende, ad ottobre, togliere l’unico sportello bancario esistente nel nostro comune. Senza servizi da offrire ai cittadini, difficilmente lo spopolamento si potrà arrestare».
Lo smart working, la gestione dell’immigrazione legale, ci potrebbero essere soluzioni, anche importanti. Ma il tema dello spopolamento non viene nemmeno affrontato, mai messo all’ordine del giorno. Da dove potrebbero arrivare le idee?
«Quelle da lei elencate sono buone soluzioni, a cui, secondo me, ne andrebbero aggiunte altre. Penso, ad esempio ad assicurare trasporti pubblici efficienti, soprattutto nelle aree interne, stante le difficoltà che si vivono sul fronte dei collegamenti. Così come aiuterebbe una maggiore connettività digitale, con l’accelerazione della diffusione della banda larga e del 5G per garantire a tutti l'accesso alle opportunità offerte dalla digitalizzazione. E non certo per ultimo, assicurare dei servizi, sul versante delle Politiche sociali, capaci di dare un aiuto concreto alle crescenti fasce deboli della popolazione. Tutte azioni, queste, che puntano decisamente a migliorare la qualità della vita. Sul fronte dell’economia occorrerebbe, inoltre, dare incentivi all'imprenditoria locale localizzate proprio nelle aree interne; così come sostenere le cooperative di comunità. Una ricetta, ad esempio, che noi come amministrazione stiamo portando avanti con un’azione di recupero del nostro centro storico, è quella del recupero degli immobili abbandonati con azioni di riqualificazione».
In realtà molti sospettano che sia un piano predefinito da molti anni. Infatti lo Stato si è ritirato dai paesi, dai borghi piccoli e grandi, chiudendo scuole, sopprimendo o accorpando uffici pubblici, di fatto creando un isolamento di Stato di questi comuni. Crede che sia così?
«Nei Comuni, specie quelli che sono lontani dalle grandi realtà e dai grossi centri, i presidi dello Stato sono essenziali. Sono avamposti che dimostrano ai cittadini che lo Stato c’è; sono punti di riferimento a cui ci si può rivolgere per vedere riconosciuti i propri diritti e le regole. Nonostante il venir meno di alcune postazioni, ciò che non deve mancare è proprio la fiducia nello Stato e nelle istituzioni, perché, non per far riemergere un’affermazione, talvolta, abusata, lo Stato siamo noi. E le articolazioni dello Stato, così come le istituzioni, non devono essere viste come una controparte. Serve, in questo senso, un maggior impegno da parte di tutti, dei Comuni in primis, per sopperire alle difficoltà che ci sono, e non sono poche. Serve l’impegno dei sindaci, da sempre in prima linea nell’affrontare i problemi; e, per quella che è stata la mia esperienza finora, i miei colleghi nel territorio crotonese, non si sono mai tirati indietro su questo fronte».
Intanto i sindaci sono disperati perché da anni sono rimasti senza risorse e senza personale. Come si può amministrare così?
«Anche in questo caso, la riduzione delle risorse è una situazione oggettiva che colpisce i Comuni, soprattutto quelli più piccoli, sempre alle prese con l’obiettivo, ogni anno, di garantire almeno quelli che sono i servizi essenziali offerti dall’ente. Gli enti, in questo senso, devono pensare sempre più ad attingere ad altre fonti di finanziamento, presentando progetti competitivi capaci di attrarre fondi anche a livello europeo. Prova ne è stata, ad esempio, il Pnrr che ci ha consentito di dare risposte concrete in termini di opere pubbliche (ne abbiamo diverse in itinere ed alcune in fase di ultimazione) ma anche di servizi offerti. Così come un lavoro di razionalizzazione delle spese, per evitare, così come ci siamo trovati noi come amministrazione, di essere alle prese con quasi due milioni di debiti fuori bilanci ereditati dalle precedenti amministrazioni a cui abbiamo dovuto far fronte, sottraendoli, appunto, ad opere e servizi».
E poi c’è la grande idea di accorpare i comuni, di fare le unioni dei comuni, favorendo le fusioni. Che possono funzionare fino a un certo punto, anzi sono poche quelle che veramente funzionano, ma comunque tolgono l’identità, la storia e la cultura secolari di tanti paesi. Come percepisce il tema?
«Più che accorpamento dei Comuni, credo che per il futuro un percorso che ci potrà essere è quello di condivisioni, con realtà vicine ed omogenee, dei servizi degli enti, per creare economie di scala e conseguenti risparmi di risorse. Già da tempo, in questo senso, c’è il fenomeno dei segretari comunali a scavalco. C’è, poi, recentemente, l’esempio, che tra l’altro ha già dato buoni frutti, dei già citati fondi del Pnrr, con progetti spesso presentati da vari Comuni insieme con un capofila. E, non per ultimo, la felice esperienza dell’Ambito territoriale del distretto di Mesoraca, per gli interventi di Politiche sociali. I Comuni, invece, non credono possano rinunciare alle proprie peculiarità in termini di storia, cultura usi e tradizioni che sono un patrimonio immateriale che arriva a definire l’identità di una comunità, ed a tenerla unita. Ciò, però, non deve poi trascendere in beceri campanilismi che non porterebbero a nulla di buono».