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21/07/2025 ore 10.03
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Verso i cinquanta gradi al Sud, siccità, alluvioni: l’Italia sotto attacco climatico, in un anno oltre 350 eventi estremi

I fenomeni meteorologici mettono le città sotto assedio e mandano le infrastrutture in crisi. Il riscaldamento globale colpisce e il paese non è pronto a reggere l’urto. Serve un piano nazionale strutturato per affrontare l’emergenza permanente

di Redazione Attualità

L’Italia è nel pieno della crisi climatica. Non è una minaccia o una semplice previsione: il 2024 è stato l’anno che ha definitivamente portato il paese nel cuore infuocato del clima ormai impazzito.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, nel 2024 si sono registrati 351 eventi meteorologici estremi, un aumento del 485% rispetto al 2015, quando se ne contavano appena 60. È il terzo anno consecutivo in cui si supera la soglia dei 300 fenomeni. È la conferma che non ci troviamo più davanti a eventi occasionali, ma siamo nel cuore di un cambiamento strutturale e sistemico.

A colpire è l’asimmetria: al Nord troppa acqua, al Sud troppa sete. Le regioni settentrionali sono state flagellate da piogge torrenziali, esondazioni e frane. Da sole, hanno concentrato 198 eventi estremi, oltre la metà del totale nazionale. L’Emilia-Romagna è in cima alla lista nera con 52 episodi, seguita da Lombardia (49), Veneto (41) e Piemonte (22).

Roma è ancora una volta la città più colpita, seguita da Genova e Milano. Sul fronte delle province, i numeri più alti si registrano a Bologna (17 eventi), Ravenna e ancora Roma (13).

Al contrario, il Sud soffre una siccità prolungata tra le peggiori degli ultimi decenni. Particolarmente grave è la situazione in Sicilia, ma anche Puglia e Calabria sono in grave crisi. In totale, si contano 34 episodi di siccità segnalati, in crescita del 54,5% rispetto al 2023.

In più c’è da sottolineare un dato devastante: è praticamente scomparsa la neve sulle montagne meridionali. Il parco nazionale della Sila è tra i più colpiti. E questo avrà conseguenze gravi per l’ambiente, l’economia, lo sviluppo agricolo.

L’estate 2025 fa temere il peggio. Alcuni modelli previsionali indicano che le temperature nel Sud Italia potrebbero sfiorare o superare i 50°C, in particolare in Sicilia e Sardegna. Non sarebbe una prima volta assoluta: nel 2021, Siracusa raggiunse i 48,8°C, un record europeo. Ma l’attuale contesto è ancora più pericoloso: il Mediterraneo si sta scaldando al doppio della media globale, amplificando il rischio di ondate di calore letali.

Le conseguenze? Salute pubblica a rischio, in particolare per anziani e bambini, agricoltura sotto stress, crisi idrica, interruzioni elettriche e danni irreversibili agli ecosistemi.

Ormai è più che certo: il clima si sta estremizzando perché il pianeta si sta riscaldando. E l’Italia è uno dei Paesi europei più esposti. Nel biennio 2023-2024, le temperature globali hanno superato di oltre 1,5°C i livelli preindustriali; in Europa, lo scarto è stato di oltre 2°C. Questo surplus energetico nell’atmosfera trasforma ogni perturbazione in un potenziale disastro.

Non è un processo naturale: è un cambiamento provocato dall’uomo. La combustione di carbone, gas e petrolio, la deforestazione, l’urbanizzazione incontrollata e le emissioni crescenti di CO₂ e metano sono le vere cause. L’atmosfera è dopata da gas serra, e questo produce tempeste più violente, grandinate distruttive, venti e frane improvvisi. Le infrastrutture non tengono il passo: solo nel 2024 si sono registrate almeno 22 interruzioni nei trasporti a causa del maltempo.

Legambiente chiede un cambio di passo. Non servono più analisi, ma decisioni e investimenti concreti. E più precisamente:

Continuare a inseguire le emergenze è suicida. E costa moltissimo al bilancio dello Stato. Serve un piano strutturato per prevederle, mitigarle, convivere con il nuovo clima. È una questione di sicurezza nazionale, economica e sociale, ma anche di giustizia tra generazioni.

Ma ovviamente sono in azione negazionisti del clima, ora più forti con il ritorno di Trump: un pericolo globale.

In questo scenario, l’atteggiamento negazionista di molti leader politici è irresponsabile e pericoloso. C’è chi ancora parla di “bufala climatica”, chi minimizza i dati, chi invoca il “ciclo naturale del clima”. Ma i numeri, i satelliti, gli agricoltori, i cittadini, le frane, le ondate di calore dicono il contrario. È un’ideologia che nega l’evidenza, spesso spinta da interessi economici legati ai combustibili fossili.

E non basta. Con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, la lotta globale contro il cambiamento climatico subisce un duro colpo. Trump aveva già ritirato gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi durante il suo primo mandato, e oggi si appresta a smantellare gli impegni ambientali assunti da Biden, promuovendo di nuovo carbone e petrolio. Una scelta che rischia di trascinare altri Paesi fuori dalla cooperazione internazionale e di bloccare i pochi progressi fatti.

Trump non nega il cambiamento climatico: semplicemente non se ne cura, mettendo l’economia fossile al primo posto. Ma in un mondo interconnesso, anche le scelte di un solo Paese possono avere effetti globali. Rallentare la transizione ecologica oggi significa pagare un prezzo triplo domani.

Il 2024 ci ha lanciato un messaggio inequivocabile. Il 2025 potrebbe fare anche peggio.

Se non invertiamo la rotta, il futuro sarà un inferno climatico, fatto di estati roventi, raccolti distrutti, coste erose e città in affanno.

Serve coraggio, serve una visione, servono investimenti.