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25/11/2025 ore 13.02
Attualità

Violenza sulle donne, la lezione di Matilde Lanzino: «Dopo 37 anni il femminicidio resta un cancro culturale»

La madre di Roberta, uccisa nel 1988, ospite di Buongiorno in Calabria. Antonella Veltri analizza il fenomeno della “vittimizzazione” secondaria: «Il rapporto con la giustizia va ripensato perché non si trasformino le vittime in carnefici»

di Redazione

Una vita dedicata al tema della violenza sulle donne. Un impegno che nasce da un profondo dolore privato. A Matilde Lanzino, ospite della trasmissione “Buongiorno in Calabria” condotto da Massimo Clausi ed Emilia Canonaco abbiamo chiesto una riflessione sul 25 novembre

«Per me rappresenta il compendio di 37 anni di lavoro - ha detto - sempre sullo stesso tema purtroppo con risultati individualmente buoni perché sicuramente seguiamo tante donne, sensibilizziamo tanti ragazzi nelle scuole… ma purtroppo la violenza continua ad essere presente in maniera virulenta anche nella nostra regione». Le statistiche dicono che in Italia nel 2024 ci sono stati 77 femminicidi in calo del 20% rispetto l’anno precedente. Ma i numeri restano alti. «Ogni volta - dice la Lanzino - questi numeri ci prostrano e ci interroghiamo che cosa possiamo fare di più. Quando mia figlia Roberta fu massacrata, il 26 luglio 1988, il termine femminicidio non era stato ancora coniato è un termine che sottolinea il carattere anche dal punto di vista sessuale di questo cancro».

Eppure la Fondazione intitolata alla memoria di Roberta fa molto. «Facciamo molto ovviamente per cercare di curare le ferite delle donne che si rivolgono a noi, abbiamo anche la possibilità di ospitarle quando questo è necessario. Da 25 anni quando ancora nessuno riteneva che andare nelle scuole fosse un atto importantissimo, noi abbiamo iniziato proprio con un progetto strutturato, non facciamo degli incontri sporadici ma abbiamo un progetto costante nel tempo. Noi andiamo a Reggio Calabria, a Polistena, a Vibo, a Pizzo, a Fagnano, a San Giovanni raggiungiamo tutta la Calabria, con un progetto che ci vede presenti per tutto l'anno con i ragazzi che licenziamo con un attestato di parità».

La violenza non passa solo dall’aggressione fisica. Ma anche economica con troppe donne che sono troppo dipendenti dai mariti. «Una donna che magari è stata impedita anche a cercare lavoro per l'invadenza del partner - ricorda la Lanzino - allora si trova con dei figli, perché la donna non lascia mai i figli, e quindi certamente è difficile. Noi stiamo lavorando anche su questo, stiamo organizzando dei corsi in cui facciamo incontrare le donne con il mondo del lavoro, con le organizzazioni sindacali, con le organizzazioni di categoria in modo che le donne vengano informate anche delle possibilità che molte volte non ci conoscono.

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Lo psicologo Chizzoniti: «Dati inquietanti»

La questione della violenza di genere, ha spiegato Rocco Chizzoniti dell’ordine regionale degli psicologi calabresi, ha radici culturali «È una questione assolutamente culturale ed educativa quindi è qualcosa che nasce abbastanza presto. Ho letto proprio in questi giorni, un dato abbastanza inquietante e cioè che si è alzata la soglia della violenza nelle fasce più basse d'età delle donne quindi le più giovanissime adesso sono ancora più vittime rispetto a quelle più grandicelle di età. Analizzando anche i dati Istat del servizio nazionale di violenza di genere e del Viminale sembra che ci sia maggiore consapevolezza su questo fenomeno nelle persone più grandi però sono molto più scoperte per quanto riguarda la tutela e quindi l'aiuto le fasce più giovani di età. Quindi ci stiamo perdendo questa fetta di società. Lo leggiamo anche nelle cronache dei giornali di come ci siano giovanissimi al centro di questi fenomeni. Per cui la sensibilizzazione nelle scuole è importantissima, anche perché non sempre i ragazzi parlano della sfera affettiva o sessuale con le famiglie. Spesso i genitori sono inconsapevoli di come i figli vivono una relazione. Siamo anche intervenuti su questo tema, sia l'ordine regionale che quello nazionale, nel dibattito sull’educazione affettiva nelle scuole che riteniamo fondamentale perché è così che si fa la prevenzione, se non lo facciamo appunto a partire dalle scuole supportando le famiglie come possiamo pensare di invertire il trend?».

Antonella Veltri: «Vittimizzazione secondaria rischio da non sottovalutare»

Nel corso della trasmissione è intervenuta anche Antonella Veltri, ex presidente di Dire (rete delle donne contro la violenza). La Veltri ha esordito esortando a non limitare questa data ad una pura ricorrenza o celebrazione retorica, sostenendo che il 25 novembre va di fatto praticato ogni giorno. Poi l’attivista ha confermato che un abbassamento dell'età anagrafica delle donne e ragazze che si rivolgono ai centri anti violenza. Un dato che va analizzato per capire se c’è una maggiore sensibilizzazione nelle giovani generazioni sul tema mentre le altre sono restie a chiedere aiuto o se, in termini assoluti, sia più presenti nei ragazzi la violenza di genere.

Ma il punto centrale dell’intervento della Veltri è stato quello della denuncia. «I percorsi con la giustizia - ha detto - non sono assolutamente  facilitati in questo Paese perché abbiamo dati veramente inquietanti in cui la donna che si rivolge a un centro anti violenza e dal centro anti violenza decide poi di intraprendere il percorso con la giustizia molte volte, nel 60% dei casi sono dati anche numericamente pesanti, subisce il fenomeno della vittimizzazione secondaria cioè diventa da vittima carnefice: perché l'hai fatto, perché sei uscita a quell'ora, perché ti sei vestita in quel modo, perché hai percorso quella strada… insomma diciamo che il rapporto con la giustizia è un rapporto che va valutato e ripensato, con un'adeguata formazione degli operatori di giustizia sia a livello di forze dell'ordine, con le quali già finalmente da qualche tempo a questa parte sia a livello territoriale calabrese sia a livello nazionale stiamo interloquendo, cercando di costruire una rete che porta anche alla formazione, al riconoscimento della violenza da parte delle forze dell’ordine ma soprattutto nelle aule dei tribunali laddove persistono ancora stereotipi e luoghi comuni che rafforzano quello che è il privilegio maschile del patriarcato. Quindi prima di colpevolizzare la donna e dire perché non hai denunciato, perché non ne hai parlato prima facciamoci due domande e cerchiamo di dare delle risposte adeguate».