Votare o non votare? Questo è il dilemma. C'è chi spera nel meteo avverso...
Mentre in alcuni Paesi assolvere al voto è obbligatorio e in altri un rito più coreografico che democratico, qui in Italia il cittadino può serenamente astenersi, anche con delle scusa esilaranti. Esploriamo il labirinto del voto, tra dovere civico, referendum balneari e possibili incentivi alla Lauro
In Australia e Belgio, se non voti ti vedi recapitare una multa a casa. Altro che libertà di coscienza: lì la coscienza la paghi a rate. In Corea del Nord, invece, si vota per forza, ma solo per chi decide Kim. Insomma, più che elezioni, sono sedute medianiche dove l’unico spirito evocato è quello del regime. E in Italia? Il massimo della punizione è una zia che ti guarda male a pranzo se dici che non vai a votare. Libertà piena, insomma. Ma sarà davvero un vanto?
Referendum e quorum: il sabato del silenzio (e delle creme solari)
In Italia il referendum funziona come una festa sorpresa: se nessuno si presenta, non si fa. Ecco allora che i partiti contrari non si affannano a convincere il popolo, no. Preferiscono suggerire un’astensione tattica, tipo: "Fai il tuo dovere civico... sul lettino, sotto l’ombrellone". Indimenticabile fu Bettino Craxi che nel 1991 lanciò lo slogan più italiano di sempre: “Meglio il mare che le urne”. Il risultato? Politicamente fu come scivolare su un pedalò, visto che finì travolto da un sentimento di contestazione che, poco dopo, sfociò in Tangentopoli.
Tajani, De Bortoli & Co: il dibattito tra scelta politica e dovere civico
Antonio Tajani, con la calma olimpica che solo Forza Italia sa garantire, afferma che non votare è comunque una scelta politica. Un po’ come dire che saltare la cena è un modo per apprezzare il menù in maniera alternativa. Ferruccio de Bortoli invece tira fuori la Costituzione come se fosse una sacra Bibbia laica, sottolineando che votare è un “dovere civico”. Una definizione che nasce da una storica lite da bar tra i padri costituenti: monarchici e democristiani volevano l’obbligo, comunisti e socialisti temevano che finisse come in Corea del Nord (senza K-pop, purtroppo).
Sovranità popolare: se il popolo è sovrano ma si comporta da turista
L’articolo 1 della Costituzione recita che la sovranità appartiene al popolo. Peccato che spesso l'uomo comune decida di esercitarla su Booking.com piuttosto che in cabina elettorale. E allora viene da chiedersi: se un popolo non vota, resta sovrano o diventa semplicemente... in smart working dalla democrazia? Emma Bonino e Sergio Mattarella, due che alla partecipazione ci tengono in modo particolare, lo dicono chiaro: l’astensione è legittima... ma non è proprio un atto da premio Nobel per la civiltà.
Voto obbligatorio? Forse no. Ma il “reddito di voto” sì!
Imporre il voto oggi sarebbe come chiedere a un influencer di pagare le tasse: teoricamente possibile ma praticamente fantascienza pura. Allora ecco un’idea geniale (forse un filo disperata): paghiamo chi vota! Non con una scarpa come faceva Achille Lauro (quello con la giacca, non il glitterato cantante sanremese)... ma magari con un buono Amazon o un cashback costituzionale. Votare per un benefit? Chissà che l’italiano medio non trovi finalmente la motivazione giusta: “Democrazia? Chissenefrega. Sconto sul frullatore? Dove si firma?!”
Votare è sexy, più del brunch domenicale
In un’epoca in cui partecipare è spesso confuso con commentare un post su Facebook, andare a votare è il gesto più ribelle che ci possa essere. Un piccolo atto rivoluzionario con la potenza di cambiare davvero le cose. E anche se la scheda elettorale non ha filtri Instagram, possiede un valore che nessun selfie può raccontare.