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27/06/2025 ore 16.07
Cronaca

Aeroporto di Lamezia, inferno low cost: diario di una giornata assurda firmata Ryanair

Scene da incubo allo scalo calabrese: voli cancellati, ritardi a raffica e la polizia costretta a intervenire per placare i passeggeri. E la compagnia offre buoni pasto da 4 euro per "dimenticare” i disagi

di Luca Arnaù

L’avevano detto, no? Volare è sicuro. Comodo magari no visto i sedili mini e lo spazio per le ginocchia adatto solo ai bambini di tre anni, piacevole nemmeno, ma sicuro sì. E invece ieri, all’aeroporto di Lamezia Terme, sembrava di essere finiti in un film distopico, di quelli girati con pochi soldi e molte urla. Io c’ero, tra i passeggeri, a vivere una delle giornate più folli mai viste in uno scalo italiano. E no, non stiamo parlando di un attacco terroristico o di un’alluvione improvvisa. Solo del solito, miserabile, disastroso caos firmato Ryanair.

Tutto è cominciato di buonora – ma sarebbe più onesto dire che non è mai iniziato. I voli erano schedulati, il tabellone lampeggiava orari rassicuranti, ma già prima di mezzogiorno l’andirivieni di passeggeri confusi lasciava intuire che qualcosa non tornava. E qualcosa, in effetti, non tornava per niente. Il volo per Venezia? Previsto alle 12.15, partito dopo le 19. Colpa di Bezos e del suo matrimonio in laguna? Colpa dei jet privati degli invitati alle nozze? Può darsi, ma allora perché un ritardo di cinque ore anche per Bolzano, e di sei per Milano e così via? Era solo l’inizio, Ma sarebbe stato ancora peggio.

Io ero tra quelli diretti a Milano Malpensa, partenza fissata per le 18.50. Un orario che diventerà leggenda: slittato prima di due ore, poi di quattro, poi aggiornato a mezzanotte e mezza, con una puntualità che manco l’ultimo treno regionale della domenica sera. Ma almeno, direte voi, ci avranno spiegato cosa stava succedendo. Certo. Come no. Proprio per niente.

La prima (e unica) spiegazione ufficiale è arrivata dall’unica povera, impanicata, esausta assistente di terra Ryanair presente ai desk. Una donna gentile, che ha provato a difendere l’indifendibile: “Tutto è iniziato con un guasto al volo per Venezia. Abbiamo dovuto ritardarlo per garantire la sicurezza dei passeggeri”. Nobile intento, se non fosse che, da lì, ogni volo è diventato un domino impazzito: Bologna, Genova, Torino, Brno, Bergamo… tutti in ritardo, tutti con “guasti tecnici”, tutti in attesa di “aeromobili sostitutivi” in arrivo da chissà dove. “Il volo per Milano? Hanno riscontrato una piccola avaria sull’aeromobile. Ora ne arriva un’altra da Roma”. Quello per Bologna? “Un inconveniente tecnico”. E per Bergamo? “Anche lì, ma ora arriva un altro aereo”.

Tre guasti su tre tratte diverse? In un pomeriggio? Più che una compagnia aerea, un’officina. O forse, più realisticamente, una compagnia che mente ai propri passeggeri per evitare rimborsi, compensazioni e – dio non voglia – hotel gratuiti per chi resta a terra. E il risultato? Gente accampata per ore nel terminal, bambini che urlavano, famiglie disperate sedute per terra, un solo bagno per oltre mille persone e un bar trasformato in Fort Apache.

Ma il momento più assurdo, il vero punto di non ritorno, è arrivato attorno alle 21. Dopo ore di attesa, ai passeggeri del volo per Malpensa viene finalmente annunciato l’imbarco. Sospiro di sollievo, trolley alla mano, si passa il controllo, si varca la soglia del paradiso: l’area imbarchi, refrigerata, dotata di sedie libere, dove l’umanità sfinita si illude di avercela fatta. Ma l’illusione dura poco. Pochissimo.

Dopo circa mezz’ora di attesa in boarding, senza che nessun volo appaia all’orizzonte, senza annunci, senza nemmeno un addetto visibile, arriva la beffa: il volo è nuovamente annullato, i passeggeri vengono rispediti indietro. In massa. Un esodo alla rovescia, con gli sguardi persi nel vuoto e i denti stretti per non esplodere. Qualcuno, però, esplode lo stesso.

A quel punto succede l’impensabile: alcune persone, stremate, esasperate, si rifiutano di lasciare l’area d’imbarco. Si sono guadagnate a gomitate una sedia, un po’ d’aria condizionata, un’illusione di normalità, e non vogliono tornare nella bolgia dantesca del terminal, dove la folla è da stadio, le sedute scarse e le informazioni nulle. E così, tra urla, insulti e occhi gonfi di rabbia, deve intervenire la polizia.

Due agenti entrano per sedare gli animi e riportare l’ordine. Parlano, calmano, quasi implorano. In fondo, lo sanno anche loro: il vero disordine non lo stanno facendo i passeggeri, lo ha creato una compagnia che tratta i suoi clienti come zavorra. Alla fine, anche gli ultimi irriducibili vengono convinti a uscire. Ma è una resa amara, che puzza di ingiustizia.

Intanto, Ryanair distribuisce – non si capisce con quale logica - buoni pasto da quattro euro. Sì, quattro. Che in aeroporto non bastano nemmeno per un panino moscio. La fila al bar è chilometrica, il personale sfiora la crisi nervosa, mentre la barista – unica vera eroina della giornata – cerca di gestire la situazione con un coraggio che nemmeno nei film di guerra. I buoni vengono prima dati solo a quelli di Bologna, con il resto d’Italia a rosicare. Poi, allo scader di mezzanotte, mentre Cenerentola perde la scarpetta di cristallo e i passeggeri la pazienza, viene offerto anche a quelli che aspettano da quasi sei ore il volo di Milano, peccato che sia in contemporanea con il tanto agognato imbarco. E quindi sono ben pochi quelli che accettano la lauta somma per barattare un pasto luculliano al bancone del bar con l’ingresso in zona riservata.

Nel frattempo, nel vuoto cosmico lasciato dall’informazione ufficiale, prendono piede le teorie più disparate: carburante avariato, allarmi bomba, avvistamenti UFO qualcuno tira fuori persino Soros. Francamente, tra tutte, quella del carburante taroccato sembrerebbe la meno assurda. Perché una compagnia che registra guasti a tre aerei su dieci dovrebbe perdere immediatamente la licenza di volo. E invece no. A Lamezia, ieri, Ryanair ha continuato imperterrita a imbarcare e sbarcare passeggeri come se nulla fosse, a trattare centinaia di utenti come fastidiosi pacchi da gestire, a ignorare ogni forma di rispetto, decenza o semplice umanità.

Il giorno dopo, nessuna scusa ufficiale. Nessuna nota stampa. Nessuna spiegazione. Solo centinaia di passeggeri stremati, delusi, infuriati. Alcuni hanno perso coincidenze, appuntamenti, giornate di lavoro. O come me sono stati costretti a affrontare lunghi tragitti in macchina con 24 ore di viaggio sulla schiena. Molti hanno perso la voglia di andare in ferie, altri semplicemente la pazienza.

Io ho perso la fiducia. E so che non sono il solo.