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02/12/2025 ore 20.15
Cronaca

Assalto al portavalori a Bagnara, la pista delle armi da guerra usate dalla banda. Rubata a Vibo una delle auto del blitz

Rilievi degli investigatori sui colpi esplosi nella galleria teatro del colpo: l’ipotesi dell’utilizzo dei kalashnikov e di fucili a canne mozze. Si indaga anche sui luoghi in cui sono stati trafugati i mezzi dati alle fiamme

di Redazione Cronaca

Questione di calibro: tutto può aiutare gli investigatori a indirizzare le indagini nella giusta direzione dopo l’assalto al portavalori che ieri ha trasformato in un teatro di guerra la galleria dell’A2 tra Scilla e Bagnara. I fatti sono noti: all’alba un gruppo di banditi (tra 8 e 10 persone, secondo le prime ipotesi filtrate nella giornata di ieri) ha prima isolato l’area grazie all’incendio di due auto messe di traverso sulla carreggiata e poi assaltato un furgone della Sicurtransport. Bottino da due milioni di euro e fuga attraverso lo svincolo di Bagnara, forse diretti verso le strade provinciali che conducono in Aspromonte.

Il commando di 10 persone, l’esplosivo e le ipotesi sulla fuga: la regia della ’ndrangheta sulla rapina da 2 milioni al portavalori

Rapina al portavalori, l’ipotesi dei kalashnikov

Una trappola del tunnel, vigilanti aggrediti (ma nessuno ha riportato gravi ferite) e colpi sparati in aria per chiarire che sarebbe stato meglio arrendersi. Secondo quanto appreso alcune cartucce sarebbero state calibro 12: classico fucile a canne mozze. Il commando avrebbe utilizzato anche armi da guerra: dall’analisi dei colpi esplosi si capirà di che tipo. L’ipotesi è che si sia trattato di kalashinov. Un fatto ancora da riscontrare, sarà il calibro a chiarirlo: un 7,62 non lascerebbe dubbi sul tipo di mitragliatore utilizzato. Sembrano (e sono) dettagli tecnici: nulla però può essere lasciato al caso. Il tipo di arma utilizzata è il primo step investigativo, necessario per definire l’avvio dell’inchiesta che, naturalmente, passerà anche dalle testimonianze dei tre vigilantes aggrediti.

«Ci siamo trovati davanti due auto in fiamme, pensavamo a un incidente»: la testimonianza dopo l’assalto al portavalori sull’A2 

Rapina al portavalori, una delle auto rubata a Vibo

E dall’analisi delle videocamere di sorveglianza: quelle piazzate nelle vicinanze dello svincolo, sicuramente. E anche i sistemi nei pressi di Vibo Center, il centro commerciale di Vibo Valentia in cui è stata rubata una delle auto – una Fiat Panda – utilizzate per l’azione e poi data alle fiamme.

Anche la ricostruzione di quello che poteva apparire come un banale furto può offrire un tassello utile a ricostruire un puzzle complesso nel quale la criminalità organizzata non può non aver giocato un ruolo.

Una joint venture criminale per il bottino da 2 milioni 

Molto difficile che un blitz così organizzato sia avvenuto all’insaputa delle cosche di quell’area del Reggino, anche se – lo insegnano i casi più recente – è probabile che l’azione sia stata strutturata su più livelli: banditi specializzati nelle rapine ai portavalori, ’ndrangheta, criminali comuni. Una joint venture ingolosita dal bottino: 2 milioni di euro. Solo in parte andati in fumo nell’esplosione che ha scardinato il portellone del mezzo blindato. Il resto ha lasciato la galleria e preso strade, per ora, sconosciute. Per ricostruire il tragitto ogni informazione può essere decisiva: anche il calibro di un proiettile.