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14/03/2025 ore 16.19
Cronaca

Autostazione di Cosenza trasformata in piazza di spaccio, prime quattro condanne – NOMI

Il processo in abbreviato dimostra in via giudiziaria l’esistenza di un’associazione a delinquere composta da nigeriani che, fino al luglio del 2023 e con il placet dei clan locali, aveva inondato di marijuana il centro della città

di Marco Cribari

Un’associazione a delinquere finalizzata al narcotrfaccio e composta quasi esclusivamente da stranieri non si vede spesso in Calabria; se non è la prima volta, poco ci manca. Proprio questo, però, è il primato poco lusinghiero ascrivibile, da oggi, ai quattro ragazzi nigeriani riconosciuti colpevoli di aver trasformato l’autostazione di Cosenza e zone limitrofe in una piazza di spaccio.

Un’accusa che è valsa cinque anni di carcere più un mese a Michael Emeca Okere e che ha determinato anche la condanna di Mattia Namik Sposato (cinque anni e undici mesi), di Benedict Amadi (quattro anni e nove mesi) e di Ibrehim Yakubu (sei anni e tre mesi). Pene al ribasso, considerato che le richieste del pm erano più gravose per almeno tre di loro (Okere rischiava otto anni); alla fine, però, il giudice dell’udienza preliminare ha inteso calcare un po’ la mano solo con Yakubu: tre mesi di condanna in più rispetto ai desiderata della Procura e nonostante lo stesso giovane, durante le indagini, avesse scelto di collaborare con la giustizia, accusando sé stesso e i propri complici.

Un epilogo, quello registrato ieri a Catanzaro, che vale solo da assaggio, considerato che a fronte di quattro condanne conseguite in abbreviato, altri venti imputati stanno affrontando il dibattimento nel Tribunale di Cosenza. Fra questi figura Kingsley Nwigwe, meglio noto come “Obinna”, il vertice dell’organizzazione che aveva in Amadi e Okere i fornitori “rosarnesi” dello stupefacente.

Parliamo di marijuana, sostanza che la batteria nigeriana vendeva ai giovani della città, una vasta clientela in cui figuravano anche molte ragazzine e altrettanti minorenni. Dalle indagini è venuto fuori come il gruppo godesse anche di una sorta di autorizzazione da parte dei clan locali di ‘ndrangheta, ma che ciò nonostante, i rapporti tra le due entità criminali non fossero del tutto idilliaci.

Tali fatti e tante altre circostanze sono stati documentati in modo puntuale dall’inchiesta dei carabinieri di Cosenza che, con l’ausilio di intercettazioni, pedinamenti e testimonianze dei consumatori, hanno messo in piedi un quadro probatorio a dir poco schiacciante che ha trovato poi compimento nel blitz del 31 luglio 2023. Si è trattato, peraltro, dell’ultima indagine condotta sul campo dal luogotenente Francesco Parisi e dai militari della stazione di Cosenza Principale prima del pensionamento del loro comandante.