Caccia a “Putin”, “Trump” e “Berlusconi”: i nickname creativi dei narcos della ’ndrangheta nelle chat criptate
Nomi altisonanti per gli intermediati dei traffici di cocaina tra l’Italia e il Sudamerica. L’indagine sul gruppo di Platì che muoveva tonnellate di droga fa tappa anche nella Chinatown milanese, capitale del riciclaggio per i clan calabresi e campani
“Putin” comunica a “Trump” che la consegna del denaro, divisa in due tranche, avverrà nella Chinatown di Milano: basterà presentare due codici di sicurezza, uno per avere 300mila euro, l’altro per ottenere i restanti 500mila. Non c’entra la geopolitica e non si tratta ovviamente dei veri Trump e Putin: sono i nickname dei narcotrafficanti sui quali ha indagato per anni la Dda di Milano. Capi di Stato e premier sono le scelte preferite dei broker italiani e di quelli che stanno dall’altra parte dell’Oceano Atlantico: un pizzico di megalomania per chi sposta centinaia di chili di cocaina e milioni di euro nei container di mezzo mondo. Così gli investigatori si imbattono in “Silvio Berlusconi”, “Andreotti” e “Bolsonaro”, nick con dietro gli uomini intenti a chiudere accordi e fissare contropartite a sei zeri per la polvere bianca.
L’inchiesta che ha portato all’emissione di 15 misure cautelari cristallizza i ruoli delle cellule della Locride impiantate da anni in Lombardia e i loro rapporti con un pezzo del clan camorrista Lauro. Una joint venture – non è la sola emersa nell’hinterland di Milano – buona per ingrossare i forzieri delle cosche utilizzando per il pagamento – anche in questo caso non è la prima volta – i metodi messi a disposizione dalla malavita cinese. È “Trump” (più spesso “Tramp”) a indicare a “Putin” le modalità di trasferimento del denaro: «Amico, puoi portare 500 in Milano e i 300 li faccio venire a prendere che sono due token diversi».
Il metodo cinese per il riciclaggio del denaro
Il metodo serve per blindare la transazione con una procedura rapida: i prelevatori dei contanti forniscono un “token” di riconoscimento. Si tratta del numero seriale di una banconota che viene comunicato ai corrieri che consegnano per conto delle cosche. È un modo per riconoscersi: a quel punto, effettuato il carico (il “pick up”) il “banchiere” cinese appone la firma sulla banconota token insieme a data e importo ritirato: la foto di questa viene inviata a chi aveva commissionato il lavoro. Il resto del sistema è una centrifuga cinese che permette ai soldi di tornare immacolati alla ’ndrangheta (o alla camorra) a parte una detrazione per la commissione.
Nel caso degli scambi dei narcos della Locride i token erano i numeri seriali di banconote da 5 euro, scambiati attraverso foto nelle chat criptate. Il lavoro dei narcotrafficanti calabresi e campani è delicato: su e giù per l’Italia a recuperare contanti. Li incastrano ancora le comunicazioni riservatissime poi “bucate” dalle polizie europee. Nei server di SkyEcc ci sono quelle che gli inquirenti considerano prove schiaccianti: foto delle mazzette di banconote accatastate e pronte per viaggiare con il sistema del “denaro volante”.
L’incipit dell’inchiesta: dalle chat spunta “Putin”
L’incipit dell’inchiesta è proprio nelle chat hackerate che aprono agli inquirenti una prateria di informazioni sulle attività del «gruppo satellite dei Barbaro di Platì» coordinato, per l’accusa, da Antonio Rosario Trimboli, considerato un elemento di collegamento con gli esponenti delle famiglie calabresi della Jonica presenti tra le province di Milano e Pavia. Da questa ipotesi, e dall’analisi dei movimenti di Trimboli, emerge l’intervento dell’uomo «a favore di una formazione calabrese interessata all’acquisto di grandi quantitativi di cocaina da immettere sulle piazze del Nord Italia». Dai dispositivi SkyEcc di Trimboli “Malverde” e “Santa Cruz” partono i primi incroci: è lì che spunta “Putin”. Dalle chat si capisce che è il referente del gruppo calabrese: viene indentificato in Giuseppe Grillo, 51enne di Locri residente in provincia di Pavia e arrestato nei giorni scorsi (anche se era già in carcere sugli sviluppi dell’inchiesta Eureka della Dda di Reggio Calabria). A “Putin”, l’organizzazione guidata da Trimboli avrebbe venduto 100 chili di cocaina nel gennaio 2021. Tra le parentele di Grillo si trovano cognomi pesanti di Platì: Barbaro, Papalia, Perre, Trimboli. Per la polizia giudiziaria sarebbe «vicino alla ’ndrina dei “Papalia Carciuto”» di Platì e non solo, visto che tra le sue aderenze vengono citate anche le ’ndrine Barbaro-Castanu e Trimboli-Marando. Una sorta di collante tra clan di Platì da sempre in prima linea nel narcotraffico internazionale. “Putin” sul versante italiano del business, “Trump” e “Berlusconi” sul lato dei grossisti. Questi nomi restano ancora soltanto dei nick da individuare: la lotta al narcotraffico va da un continente all’altro. Nel caso dei clan calabro-lombardi è (anche) una caccia a fantasmi che si nascondono dietro utenze criptate con nomi altisonanti.