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18/07/2025 ore 17.53
Cronaca

Corruzione e falso, assolto il magistrato cosentino Eugenio Facciolla

La Procura di Salerno aveva chiesto per lui tre anni di carcere, verdetto di non colpevolezza anche per altri due imputati e un anno di condanna per il maresciallo dei carabinieri forestale Carmine Greco 

di Marco Cribari

Il magistrato cosentino Eugenio Facciolla, l’agente di polizia stradale Vito Tignanelli e sua moglie Marisa Aquino sono stati assolti dall’accusa di corruzione al termine del processo di primo grado che li vedeva imputati davanti al Tribunale di Salerno. A giudizio, c’erano anche il maresciallo dei carabinieri forestale Carmine Greco e un appuntato dell’Arma, Alessandro Nota, che rispondevano di falso insieme a Facciolla e, a differenza di quest’ultimo, sono stati condannati, rispettivamente, a un anno e a otto mesi di pena.

I fatti si riferivano a quando Facciolla rivestiva il ruolo di procuratore di Castrovillari. Il sospetto della Procura era che in quelle vesti, tra il 2016 e il 2018, avesse assegnato una serie di incarichi per svolgere intercettazioni telefoniche e ambientali alla “Stm srl”, una ditta del settore di proprietà del duo Tignanelli-Aquino. Si tratta dell’azienda che, in seguito, finirà nella bufera per l’affaire Exodus, il software spia commercializzato proprio dalla “Stm” che, oltre a violare in modo abusivo i telefoni di centinaia di persone, pareva avesse messo a rischio anche i segreti di numerose Procure italiane che lo avevano in uso.

Riguardo alla vicenda che coinvolgeva Facciolla, invece, l’ipotesi accusatoria era che, a fronte degli incarichi ricevuti dalla Procura di Castrovillari, la “Stm” gli avesse fornito una sim card e messo a disposizione un sistema di videosorveglianza sotto la sua abitazione cosentina. In origine, l’accusa mossa contro l’ex procuratore era di abuso d’ufficio, ma il capo d’imputazione gli era stato poi modificato a indagini in corso. Nei suoi confronti, la Procura di Salerno aveva chiesto la condanna a tre anni di carcere. Due anni, invece, era la pena invocata nei riguardi di Tignanelli e Aquino.

Le accuse di falso, invece, scaturivano dalle indagini della Procura di Catanzaro sui rapporti pericolosi tra la ‘ndrangheta e il maresciallo Carmine Greco, un tempo stretto collaboratore di Facciolla e finito poi sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, con una condanna annullata in Cassazione.

Nel 2018, gli accertamenti disposti sul conto del sottufficiale, avevano fatto emergere anche dubbi di irregolarità a carico dell’allora procuratore del Pollino – tra cui una serie di presunte falsificazioni di atti d’indagini, una delle quali contestate anche a Nota – circostanze che all’epoca avevano indotto l’ufficio guidato da Nicola Gratteri a inviare la documentazione del caso a Salerno, competente per indagini a carico di magistrati del distretto di Cosenza e Catanzaro.

Dall’inchiesta a carico di Facciolla erano emersi anche elementi che, a prescindere dai temi trattati nel processo di Salerno, lo hanno portato ad affrontare un procedimento in sede disciplinare conclusosi con la “censura” che gli ha inflitto dal Csm. Destituito dal ruolo di procuratore di Castrovillari, è stato poi assegnato al tribunale di Potenza dove ricopre il ruolo di giudice civile.