Da Facebook a Telegram, il viaggio social del presunto terrorista fermato a Cosenza: era a caccia di “infedeli” e “apostati”
L’indagato gestiva due profili, identificati con i nomi Jàs Sém e Hel Mi, tramite i quali pubblicava regolarmente contenuti del predicatore saudita Khaled Al Rashed, considerato un punto di riferimento ideologico per i simpatizzanti del Daesh e già segnalato dal Ministero dell’Interno
La rete, ancora una volta, come terreno fertile per l’estremismo. Nel caso di Halmi Ben Mahmoud Mselmi, cittadino tunisino residente a Cosenza e accusato di appartenenza a una cellula dell'Isis, è attraverso il web che si costruisce il profilo di un soggetto radicalizzato: immagini di morte, inni al martirio e strumenti per la guerra santa.
Due account Facebook per il proselitismo: la scia di Khaled Al Rashed
Le indagini della polizia giudiziaria, supportate da captatori informatici, hanno permesso di ricostruire la fitta rete di contenuti e riferimenti condivisi o scaricati da Mselmi. L’indagato gestiva due account Facebook, identificati come "Jàs Sém" e "Hel Mi", attraverso i quali condivideva regolarmente post del predicatore saudita Khaled Al Rashed, ritenuto una figura di riferimento per i sostenitori del Daesh e già segnalato dal Ministero dell’Interno. Al Rashed è oggi detenuto, ma la sua influenza è viva tra le frange jihadiste online.
Il canale Telegram come archivio del terrore
Ma è soprattutto su Telegram che si concentrano i contenuti più espliciti. L’app è diventata una vera e propria cassaforte per la propaganda jihadista: Mselmi ne faceva largo uso, scaricando sistematicamente file multimediali che celebrano l’ideologia dello Stato Islamico. Si va da fotografie che illustrano la costruzione di ordigni artigianali, alle istruzioni per colpire i veicoli corazzati degli "infedeli sciiti", fino a vere e proprie esecuzioni pubbliche, come quella del video del Crocus City Hall di Mosca, dove vengono sgozzate vittime già agonizzanti.
In uno dei file più inquietanti viene mostrata la tortura e la decapitazione di un uomo appeso per le gambe e poi dato alle fiamme. La narrazione è supportata da sottotitoli inneggianti alla gloria dell'Isis. In un altro video, un uomo si scaglia contro fiori deposti in onore di caduti russi, gridando “Death to Russians! Glory to ISIS!” ("Morte ai russi, Gloria all'Isis").
Il presunto jihadista di Cosenza, così le parole d’odio dell’Isis sono arrivate in Calabria dalla TunisiaL’ideologia del martirio: tra inni, giuramenti e immagini propagandistiche
Il martirio è il leitmotiv che attraversa tutta la raccolta digitale dell’indagato. In numerosi video, militanti giurano fedeltà al califfo Abu Hassan Al Qorayshi, proclamando la loro obbedienza fino alla morte. Un esempio emblematico è quello di un attacco a Belgrado del 29 giugno 2024: l’attentatore, armato di balestra, annuncia di essere diretto verso l’ambasciata israeliana per compiere un atto di martirio. Poco prima dell’agguato dichiara: «Questo autobus mi porterà in paradiso».
Non mancano le citazioni religiose, i versetti del Corano reinterpretati in chiave jihadista, e le canzoni di guerra che esaltano la gloria di Bagdad, la rinascita del Califfato e il sacrificio estremo per la “strada di Allah”. Il lessico è costante: jihad, martirio, infedeli, crociati, gloria, sangue.
Materiale shock: la violenza come strumento pedagogico
I contenuti scaricati da Mselmi non si fermano alla pura propaganda, ma invadono anche l’immaginario educativo. In una foto, ambientata in un’aula scolastica, giovani studenti col volto coperto dichiarano: «Il mio sogno è una cintura esplosiva», «Professoressa, questi spazi vuoti li facciamo esplodere?». Frasi surreali, ma realmente inserite in contenuti destinati a veicolare l’ideologia jihadista anche tra i giovanissimi.
La glorificazione dei kamikaze: Baalouch e l’attentato in Israele
Tra i materiali più significativi, emerge la figura di Izdin Baalouch, ritenuto autore di un attentato suicida presso un checkpoint israeliano. Il video che ne celebra le gesta, scaricato da Mselmi, lo descrive come “fulmine verso la vita”, mentre una voce narrante lo eleva al rango di martire glorioso.
In un altro documento audiovisivo si sente una voce recitare: «Hai avuto la gloria e la shafaa. Hai dato poco valore alla tua anima... Per Dio che ragazzo che sei». È la retorica jihadista nella sua forma più pura, che trasforma il suicidio violento in trionfo spirituale.
Conversazioni private: l’indottrinamento in chat
A rafforzare il quadro probatorio, ci sono anche numerose conversazioni tra Mselmi e altri soggetti, tra cui Houssem Ben Brahim e un individuo identificato come Mahmoud. In queste chat, l’indagato sostiene che il martirio sia il destino di ogni vero credente, lodando la forza spirituale che porta ad accettare con entusiasmo la morte per Allah. «Ti giuro che la vedi con i tuoi occhi», dice.
In una delle frasi più emblematiche, Mselmi afferma: «La cosa più facile è morire sulla strada di Allah». Una fede, dunque, distorta al punto da rendere auspicabile il sacrificio estremo.
Il nemico interno e l’apostasia: il “murtadd” da eliminare
Infine, l’indagato affronta anche il tema dell’apostasia: per Mselmi, chi abbandona l’Islam, il “murtadd”, merita la morte, come stabilito dagli “Ulema”, i dotti religiosi. Il concetto è rafforzato da fonti religiose e dottrinali, e trova spazio in discussioni che mirano chiaramente all’indottrinamento.
Mselmi distingue tra “infedeli” e “apostati”, spiegando che chi paga la jizya può essere risparmiato, ma il "murtadd" no. In altri termini, la tolleranza è concessa solo a chi resta sottomesso, mentre chi si emancipa dalla religione è un bersaglio.
Il web come campo di battaglia
Mselmi non si limitava a condividere materiale, ma lo collezionava, lo analizzava, lo trasmetteva. Il suo archivio digitale sembra essere uno specchio fedele dell’ideologia takfirista: totalizzante, violenta, missionaria.