«Dietro la curva dell’Inter c’era la ’ndrangheta, ultrà protetti dal clan Bellocco»: le motivazioni del gup su Doppia Curva
Per il gup la Curva Sud milanista faceva 100mila euro all’anno e «puntava al monopolio della gestione e dei profitti ricorrendo anche a intimidazioni e violenze», mentre la Nord operava sotto l’influenza della cosca calabrese
La scelta della Curva Sud milanista di non condividere con altri né la gestione né i proventi avrebbe costituito, secondo gli inquirenti, il principale movente delle intimidazioni e delle violenze messe in atto. Un controllo esclusivo che avrebbe garantito flussi di guadagno illecito – dalla rivendita dei biglietti ad altre attività parallele – stimati in oltre 100mila euro l’anno. Sul versante opposto, la Curva Nord interista viene descritta come un semplice contenitore operativo, funzionale alla copertura di affari illegali, inserita in un sistema di protezione di stampo mafioso e sorretta dall’avallo del clan di ’ndrangheta dei Bellocco.
Antonio Bellocco, un anno fa l’omicidio che ha aperto la voragine dei rapporti tra ’ndrangheta e tifo criminaleLo scrive la gup di Milano Rossana Mongiardo nelle motivazioni della sentenza con cui, il 17 giugno, ha inflitto pene per quasi 90 anni di carcere a carico di 16 imputati nel processo abbreviato scaturito dalle indagini dei pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra e che avevano portato al maxi blitz Doppia curva del settembre 2024 di Polizia e Gdf.
Le pene più alte per i capi delle due curve di San Siro, l'interista Andrea Beretta, ora collaboratore di giustizia, e il milanista Luca Lucci: 10 anni a testa. Gup che ha riconosciuto tutte le imputazioni, da un omicidio recente, quello del 2024 di Antonio Bellocco rampollo dell'omonima cosca, ad un tentato omicidio di sei anni fa, fino alle due associazioni per delinquere tra cui ci sarebbe stato un “patto” per gli affari, tra la Curva Sud milanista e la Nord interista, quest'ultima pure con l'aggravante mafiosa per rapporti con la 'ndrangheta.
Il profilo di Andrea Beretta e il ruolo di Luca Lucci
Beretta, ormai ex leader della Nord e dalla fine dello scorso anno collaboratore di giustizia, era imputato per diversi reati: era al vertice dell'associazione per delinquere aggravata e finalizzata a pestaggi ed estorsioni nei vari business e ha ucciso a settembre 2024 Antonio Bellocco, pure lui nel direttivo ultrà nerazzurro e rampollo del clan di 'ndrangheta.
La giudice fa presente che a lui sono state riconosciute, "oltre all'attenuante speciale della collaborazione", anche quelle generiche per il "contributo significativo" dato alle indagini. Prima della sua "scelta di 'redenzione'", infatti, alcuni aspetti erano "terreno ignoto per gli inquirenti". E' stato lui, infatti, ad autoaccusarsi e a portare ad arresti per l'omicidio dello storico leader ultrà nerazzurro Vittorio Boiocchi del 2022, per il quale un altro processo è in corso. E si è detto "estremamente pentito", raccontando che era "mosso dall'egida del denaro" e del "potere".
Contro la condanna a 10 anni, anche per l'omicidio, avevano protestato i legali e i familiari di Bellocco. La giudice chiarisce, invece, che Lucci ha fatto quasi "da contrappeso" a Beretta, perché "più di tutti, nel corso del processo si è difeso, rendendosi quasi il protagonista".
E' "apparso scaltro, dotato di una mentalità quasi sopraffina" e allo stesso tempo di una "intelligenza 'spietata'", che lo ha portato a difendersi "in maniera opportunistica, negando con pervicacia tutte le accuse". Tutto smentito, spiega la gup, dalle prove. E se per Beretta, si legge ancora, erano più importanti gli interessi economici "del tifo", Lucci "si è sempre proclamato un vero tifoso", parlando anche di "errori" di vita, come sul fronte dei traffici di droga. Su questo è sembrato "sincero ed onesto", ma non ha portato elementi utili nel procedimento, a parte la sua difesa negli interrogatori, e da qui la mancata concessione per lui delle attenuanti.