Fermato a Cosenza un presunto affiliato all’Isis: avrebbe avuto in progetto un attacco in Italia
Era ricercato in Tunisia. Le indagini hanno consentito di delineare l’esistenza e l’operatività di una struttura criminale idonea a compiere attentati e favorire l’immigrazione clandestina
QUesta mattina la sezione Antiterrorismo della Digos della Questura di Catanzaro, unitamente a personale della Digos di Cosenza e della Direzione Centrale Polizia di Prevenzione – Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Esterno, ha dato esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura di Catanzaro, a carico di un cittadino tunisino, residente a Cosenza, sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine al delitto di associazione di natura transnazionale, con finalità di terrorismo, denominata “Isis”, con il ruolo di organizzatore.
Halmi Ben Mahmoud Mselmi, 28 anni, si professava Salafita – Takfira ed era peraltro ricercato nel paese di origine per essere stato coinvolto in attività terroristiche; si era determinato al compimento nel prossimo futuro di un atto terroristico in Italia.
La complessa attività investigativa (che si è estrinsecata in attività tecnica, intercettazione telefonica ed ambientale), coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, ha consentito di delineare – nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa – l’esistenza ed operatività di una struttura criminale idonea a mettere in opera atti terroristici, che svolgeva attività di proselitismo ed indottrinamento finalizzata ad inculcare una visione positiva del martirio per la causa islamica nonché attività di addestramento militare ed il cui obiettivo era quello di sovvertire gli ordinamenti statuali, soprattutto quelli relativi a Stati ove la popolazione è a maggioranza musulmana, tendendo a creare strutture teocratiche, dove i vertici dispongono che le leggi siano di derivazione divina e che le stesse debbano essere rigidamente osservate.
Oltre alla promozione di ideali di radicalismo religioso e all’avversione verso la popolazione ebraica, l’ambiente di vita in Italia e l’attività svolta dagli immigrati di fede islamica (documentate attraverso l’acquisizione di files inneggianti alla Jihad, di filmati su attentati e scene di guerra, rivendicate dall’organizzazione terroristica, attraverso documenti illustrativi della preparazione di armi ed esplosivi, nonché attraverso la divulgazione di informazioni sulle modalità con cui raggiungere luoghi di combattimento e su come trasmettere in rete messaggi criptati), tra le attività criminali del sodalizio è emersa quella relativa all’immigrazione clandestina.
Le indagini hanno consentito di delineare la capacità dell’organizzazione di gestire il flusso migratorio clandestino dalla Tunisia all’Italia, sia per ciò che atteneva al materiale trasferimento degli immigrati clandestini sia perché la stessa disponeva di documenti falsi destinati a consentire la loro permanenza illegale in Italia, ancorché il viaggio clandestino di un “fratello”, ricercato dalle Autorità di quel paese, non si sia concretizzato per altri motivi. Il procedimento attualmente pende nella fase delle indagini preliminari.