«I narcos della ’ndrangheta potrebbero fuggire in Sudamerica e sparire»: ecco perché è scattato il blitz nella Locride - NOMI
Il gip motiva la decisione di mandare in carcere 14 presunti trafficanti. L’operazione della Dda di Reggio Calabria sottolinea la potenza economica dei clan e i contatti con i cartelli colombiani
Per il gip distrettuale di Reggio Calabria gli indagati nell’inchiesta sul narcotraffico che ha portato all’arresto di 21 persone nella Locride avrebbero potuto darsi alla fuga se avessero saputo delle indagini. Una considerazione che si lega all’attività transnazionale dei clan coinvolti nel blitz. Qualche dettaglio in più: i gruppi criminali sarebbero stati capaci di fornire appoggi logistici ai propri componenti «grazie alla disponibilità di ramificati contatti criminali». Alcuni degli arrestati (Federico Starnone, Tonino Montalto, Giuseppe Palermo e Giuseppe Trimboli detto Zuca) si sarebbero rivelati «soggetti capaci di recarsi in Sudamerica e di soggiornarvi per lungo tempo, avvantaggiati da collegamenti esteri e da capacità finanziarie del gruppo di appartenenza che, in caso di necessità, potrebbe garantire loro l’allontanamento dallo Stato italiano e una latitanza anche prolungata all’estero».
«È la ’Ndrangheta la chiave del traffico internazionale di cocaina»: Lombardo spiega il sistema criminale dei narcosGli arrestati, poi, se lasciati in libertà potrebbero commettere altri «gravi delitti». Tutti, secondo la valutazione del giudice per le indagini preliminari, avrebbero assunto «una spavalderia criminale» dovuta «al livello elevato di organizzazione di cui erano capaci».
L’inchiesta ha permesso di ribadire come la ’ndrangheta sia un player di centrale importanza nello schema del narcotraffico globale anche e soprattutto per «la sussistenza di collegamenti stretti con i narcos colombiani che assicurava alle associazioni il flusso di droga all’estero, di canali di smercio e, in generale, di possidenze finanziarie che permettevano le importazioni di ingenti carichi di cocaina e a loro membri di recarsi in Sudamerica e di restarvi per tutto il tempo occorrente a portare avanti le lunghe trattative». Motivi sufficienti per decidere che l’unica opzione, almeno per 14 degli indagati, è la custodia cautelare in carcere.
Nei container o tra i chicchi di caffè, così tentavano di far arrivare in Calabria la cocaina dalla Colombia: i dettagli dell’inchiestaIn carcere
Damiano Abbate, nato il 2 ottobre 1963;
Franco Barbaro detto Ciccio o Joker, nato il 16 febbraio 1976;
Natale Barbato detto Natalino, nato il 14 novembre 1972;
Nicodemo Deciso, nato il 30 giugno 1969;
Tonino Montalto, nato il 21 agosto 1972;
Giuseppe Palermo detto Peppe, nato il 14 aprile 1978;
Federico Starnone, nato il 26 novembre 1978;
Cosimo Francesco Trimboli, nato il 14 maggio 1989;
Domenico Trimboli, nato il 13 settembre 1981;
Giuseppe Trimboli detto Zuca, nato il 25 ottobre 1991;
Giuseppe Trimboli detto Papararo, nato il 25 novembre 1977;
Francesco Trimboli, nato il 27 novembre 1977;
Natale Trimboli, nato il 25 dicembre 1968;
Rocco Trimboli detto Persichello, nato il 3 aprile 1973.
Arresti domiciliari
Giuseppe Multari, nato il 6 gennaio 1959;
Raffaele Multari, nato il 5 agosto 1973;
Bruno Arcangelo Romeo detto Gancio, nato il 27 giugno 1973;
Manuel Delfino, nato il 20 gennaio 1988;
Francesco Papalia detto Ciccio, nato il 15 marzo 1990;
Mirella Rodà, nata l’8 giugno 1969;
Antonio Trimboli detto Pigiamino, nato l’1 settembre 1973.